Questo ho sentito. Una volta il Sublime dimorava presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel parco di Anâthapindiko. Quella volta circa cinquecento brâhmani erano convenuti da diverse parti a Sâvatthî per un certo affare. A quei brâhmani venne questo pensiero: ‘Dunque questo asceta Gotamo dichiara la purezza di tutt’e quattro le caste. Chi è ora in grado di discutere con lui questo argomento?’ In quel tempo si trovava a Sâvatthî un giovane brâhmano di nome Assalâyano, proprio allora tonsurato, giunto a sedici anni d’età, un conoscitore dei tre Veda, con le parole ed i riti, con la scienza dei suoni e delle forme, e con le quintuplici leggende: un commentatore e discettatore, fornito, secondo il giudizio del mondo, di tutti gli attributi di un grande uomo. Quindi, sapendolo, i brâhmani pensarono: ‘Assalâyano è certo in grado di discutere su quest’argomento con l’asceta Gotamo’. Essi si recarono là dove il giovane Assalâyano si trovava, e gli dissero: “Questo asceta Gotamo dichiara la purezza di tutt’e quattro le caste. Venga il signore a discutere su questo argomento con l’asceta Gotamo!”
Così invocato, il giovane rispose: “Veramente l’asceta signore Gotamo dice la verità; ed è difficile opporsi a chi dice la verità. Io non posso discutere su questo argomento con lui!”
E una seconda volta i brâhmani dissero: “Al signore Assalâyano è certo nota la vita dell’asceta mendicante !”
E il giovane diede la stessa risposta.
E una terza volta i brâhmani aggiunsero: “Non si dichiari vinto il signore Assalâyano, senza aver combattuto!”
Così invocato per la terza volta il giovane rispose: “Evidentemente, signori, io non trovo ascolto. Io non posso discutere questo argomento con l’asceta Gotamo: quindi andrò in vostro nome!”
Allora egli, insieme ad un grande numero di brâhmani, si recò dal Sublime, scambiò i rituali convenevoli, si sedette accanto e disse: “I brâhmani, Gotamo, dicono: ‘I sacerdoti solo sono casta superiore, inferiore è ogni altra casta; solo essi sono casta bianca, nera è ogni altra casta; solo essi sono puri, non i non sacerdoti; essi solo sono i figli di Brahmâ, formati da lui, discendenti da lui’. Che dice il signore Gotamo di ciò?” “Eppure si vedono, Assalâyano, donne brâhmane mestruanti, pregnanti, partorienti ed allattanti; ma essi, pur essendo nati da matrice, dicono: ‘I sacerdoti sono di casta superiore, sono di casta bianca, sono puri, sono figli di Brahmâ, legittimi, nati dalla sua bocca, prodotti, formati e discendenti da Brahmâ’!”
“Anche se il signore Gotamo dice così, i brâhmani continuano a pensarla nello stesso modo!”
“Tu che pensi, Assalâyano: hai sentito che tra gli Ioni ed i Kabuli ed in altri paesi stranieri vi sono due sole caste, signori e servi; e che il signore può divenire servo, ed il servo signore?”
“Sì. signore, l’ho sentito.”
“Allora, Assalâyano, che forza e che potere hanno i brâhmani per dire ciò che dicono?”
“Anche se il signore Gotamo dice così, i brâhmani continuano a pensarla nello stesso modo!”
“Tu che pensi, Assalâyano: un guerriero che fosse assassino, ladro, lussurioso, menzognero, calunniatore, litigioso, ciarliero, avido, astioso, mal pensante, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, perverrebbe giù in perdizione, all’inferno? Ed anche un borghese ed un servo con gli stessi difetti perverrebbero giù in perdizione, all’inferno; ma non così un sacerdote?”
“No di certo, Gotamo! Ognuno delle quattro caste con gli stessi difetti con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, perverrebbe giù in perdizione, all’inferno.”
“Allora, Assalâyano, che forza e che potere hanno i brâhmani per dire che essi solo sono una casta superiore, e che ogni altra casta è inferiore?”
“Anche se il signore Gotamo dice così, i brâhmani continuano a pensarla nello stesso modo!”
“Tu che pensi, Assalâyano: un sacerdote che si astenesse dall’uccidere, dal rubare, dall’indulgere alla lussuria, dal mentire, calunniare, litigare, ciarlare, che fosse non avido, non astioso, ben pensante, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, perverrebbe in un mondo celeste; ma non così un guerriero, né un borghese, né un servo?”
“No di certo, Gotamo! Ognuno delle quattro caste che si astenesse da tutti quei difetti, che fosse non avido, non astioso, ben pensante, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, perverrebbe in un mondo celeste.”
“Allora, Assalâyano, che forza e che potere hanno i brâhmani per dire che essi solo sono una casta superiore, e che ogni altra casta è inferiore?”
“Anche se il signore Gotamo dice così, i brâhmani continuano a pensarla nello stesso modo!”
“Tu che pensi, Assalâyano: solo un sacerdote può per questa via sviluppare un animo non odiante, non astioso, pietoso; ma non così un guerriero, né un borghese, né un servo?”
“No di certo, Gotamo! Ognuno delle quattro caste può farlo.”
“Solo un sacerdote può, prendendo un bagno o andando al fiume, tergersi di polvere e sudore; ma non così un guerriero, né un borghese, né un servo?”
“No di certo, Gotamo! Ognuno può farlo.”
“Tu che pensi, Assalâyano: se un re, di stirpe guerriera, consacrato, convocasse un centinaio di persone di diversa nascita: ‘Vengano i signori che sono qui sorti in esistenza da famiglie di guerrieri, di sacerdoti, di principi, e, prendendo legno di sâla o di pino o di sandalo o di loto, accendano il fuoco! Vengano poi i signori che sono qui sorti in esistenza da famiglie di reietti, di cacciatori, di cestai, di carrozzieri, di giardinieri, e, prendendo legno di un truogolo di cani o di porci, o di un truogolo di lavandaie o di una pianta di ricino, accendano il fuoco!’ Cosa pensi: quel fuoco acceso e quella fiamma prodotta, con legno di sâla o di pino o di sandalo o di loto, da guerrieri, sacerdoti e principi è caloroso, lucente e splendente, e si può usare? E quell’altro fuoco acceso coi truogoli e con pianta di ricino da reietti, cacciatori, cestai, carrozzieri, giardinieri, non è cocente, né lucente, né si può usare?”
“No di certo, Gotamo! Ogni fuoco è caloroso, lucente e lo si può utilizzare.”
“Ecco un giovane guerriero che conviva con una fanciulla brâmana, e dal loro connubio nasca un figlio; questo figlio che è simile alla madre ed al padre, dev’essere chiamato guerriero o sacerdote?”
“Può essere chiamato guerriero o sacerdote.”
“Ecco un giovane brâhmano che conviva con una fanciulla figlia di un guerriero, e dal loro connubio nasca un figlio simile alla madre ed al padre, egli dev’essere chiamato guerriero o sacerdote?”
“Può essere chiamato guerriero o sacerdote.”
“Ecco una cavalla che si accoppi con un asino, e dal loro accoppiamento nasca un puledro, esso che è simile alla madre e al padre dev’essere chiamato cavallo o asino?”
“Quello che nasce da tale unione, Gotamo, è un mulo. In questi io vedo la differenza; ma in quelli non vedo alcuna differenza.”
“Ecco che vi siano due giovani brâhmani fratelli uterini, gemelli; uno istruito e promosso, l’altro no: quale dei due i brâhmani sostenterebbero per primo col riso cotto nel latte o altra appropriata elemosina?”
“Quello istruito e promosso, Gotamo, verrebbe dai brâhmani sostentato: che frutto ne verrebbe dal donare a uno non istruito e non promosso?”
“Ecco che vi siano due giovani brâhmani fratelli uterini, gemelli; uno istruito e promosso, ma indisciplinato e di cattivo carattere, l’altro non istruito né promosso, ma disciplinato e di buon carattere: quale dei due i brâhmani sostenterebbero per primo col riso cotto nel latte o altra appropriata elemosina?”
“Quello non istruito né promosso, ma disciplinato e di buon carattere: che frutto, Gotamo, ne verrebbe dal donare a uno indisciplinato e di cattivo carattere?”
“Prima dunque tu, Assalâyano, sei venuto sulla nascita; poi, abbandonando la nascita, sei passato all’istruzione; infine, abbandonando l’istruzione, sei ora giunto a quella purezza delle quattro caste, che io proclamo.”
A queste parole il giovane Assalâyano, divenuto silenzioso e turbato, rimase a sedere col tronco curvo, il capo basso, rosso in viso ed abbattuto. Quando il Sublime lo vide così, gli disse: “In tempi antichi, Assalâyano, tra i sette vati brâhmani, seduti a consiglio in capanne di foglie nella
solitudine della selva, sorse tale cattiva, falsa veduta: ‘I sacerdoti sono solo casta superiore, inferiore ogni altra casta; essi solo sono casta bianca, nera ogni altra casta; essi solo sono puri, non i non sacerdoti; i sacerdoti sono figli di Brahmâ, legittimi, nati dalla sua bocca, prodotti, formati e discendenti da Brahmâ’. Sentì ora, Assalâyano, il vate Asito Devalo, che tra i sette vati brâhmani era sorta tale falsa veduta; ed allora il vate, avendo aggiustati capelli e barba, indossato gli abiti rossi, calzato i sandali forti, prese la verga d’oro ed apparve nell’eremitaggio dei sette vati brâhmani. Il vate Asito Devalo, camminando su e giù per l’eremitaggio, disse: ‘Orsù, dicano questi signori vati brâhmani: chi ha la precedenza; chi?’
Allora i sette vati dissero: ‘Chi è dunque costui che, girando come un bove sull’aia, cammina su e giù e chiede chi ha la precedenza? Orsù, malediciamolo!’
E i sette vati maledissero il vate Asito Devalo: ‘Cenere sii, miserabile!’ Quanto più essi lo maledicevano, tanto più il vate diveniva più prestante, più vistoso e più imponente. Allora esclamarono: ‘Vana, veramente, è la nostra penitenza; senza frutto il nostro ascetismo! Chiunque noi maledicevamo, subito era fatto cenere. Questo però diviene più prestante, più vistoso e più imponente!’
‘Non è vana la penitenza di lor signori; non è senza frutto il loro ascetismo! Suvvia, signori, il pensiero di collera contro di me, abbandonatelo!’
‘Lo facciamo! Ma chi è il signore?’
‘Avete sentito nominare il vate Asito Devalo?’
‘Sì, signore!’
‘Quello sono io!’
Allora i sette vati brâhmani gli andarono incontro per riverirlo. Ed il vate disse d’aver sentito la falsa veduta che proclamavano.
‘E’ così, signore!’
‘Sanno però i signori, se la loro ava avvicinò proprio un brâhmano, o no?’
‘Questo certo no, signore!’
‘E sanno se la madre della loro ava e la madre di lei, fino alla settima generazione ascendente, avvicinò proprio un brâhmano, o no?’
‘Certo che no, signore!’
‘Sanno però i signori, se il loro avo avvicinò proprio una brâhmana, o no?’
‘No, signore!’
‘E sanno se il padre del loro avo ed il padre di lui, fino alla settima generazione ascendente, avvicinò proprio una brâhmana, o no?’
‘Veramente no, signore!’
‘Sanno però i signori come avviene la concezione d’un feto?’
‘Lo sappiamo. Se padre e madre si uniscono, e la madre è mestruante, ed il genio è pronto: ecco che per l’unione dei tre avviene la concezione del feto.’
‘Sanno però i signori, se il genio è un guerriero, un sacerdote, un borghese, o un servo?’
‘No, signore, non lo sappiamo!’
‘Stando così le cose, signori, sapete voi chi siete?’
‘Stando così le cose, non lo sappiamo!’
“Persino quei sette vati brâhmani, interrogati, esaminati, contrastati dal vate Asito Devalo, sul discorso della nascita, non potettero venirne a capo. Come potrai venirne a capo tu ora, interrogato, esaminato e contrastato da me su questo discorso della nascita: tu che del loro insegnamento non ne hai ancora pieno un cucchiaio?”
Dopo questo discorso, Assalâyano il giovane brâhmano disse al Sublime: “Benissimo, Gotamo, benissimo! Quale seguace voglia il signore Gotamo considerarmi, da oggi per la vita fedele!”.