Come un nobile cavallo, toccato dalla frusta, procede controllato dall’auriga,
così il devoto, dotato di virtù morali, concentrato, conoscitore della certezza del Dharma,
padrone dei sensi, dotato della forza della pazienza, abbandona completamente tutto questo divenire.
Come un nobile cavallo, colpito dalla frusta, procede controllato dall’auriga,
così il devoto, dotato di virtù morali, concentrato, conoscitore della certezza del Dharma,
perfetto in conoscenza e condotta, mentalmente presente, abbandona tutta la sofferenza.
Colui i cui sensi sono giunti all’equilibrio, come un cavallo ben domato dall’auriga,
per colui che ha abbandonato gli influssi impuri, che è senza impurità (āsrava), anche i deva lo venerano.
Il non negligente tra i negligenti, il vigilante tra coloro che dormono,
procede come un cavallo nobile, lasciandosi alle spalle un ronzino, il saggio.
In verità, l’uomo saggio, ben concentrato, che coltiva la vergogna (morale),
abbandona ogni male, come un cavallo nobile (abbandona) la frusta.
Il domato partecipa all’assemblea, il domato sale sul carro reale.
Il domato è il migliore tra gli uomini, colui che sopporta le parole offensive.
Sebbene si domi un cavallo da soma, o un purosangue di razza Sindhu,
o un grande elefante, domare sé stessi è superiore. [i]
Sebbene si domi un mulo, o un purosangue di razza Sindhu,
o un grande elefante, domare sé stessi è superiore. [ii]
Non è certo con quel veicolo (animale domato) che si raggiunge quella terra (della liberazione)
che si raggiunge rapidamente con un sé ben domato. [i]
Non è con quel veicolo che si può raggiungere quella terra
che il domato raggiunge con un sé ben domato. [ii]
Sebbene si domi un mulo, o un purosangue di razza Sindhu,
o un grande elefante, domare sé stessi è superiore.
Non è con quel veicolo che si può raggiungere quella terra (oltre la sofferenza)
dove, con un sé ben domato, si diventa colui che ha raggiunto l’altra riva della sofferenza.
Sebbene si domi un mulo, o un purosangue di razza Sindhu,
o un grande elefante, domare sé stessi è superiore.
Non è certo con quel veicolo che si raggiunge quella terra
dove, con un sé ben domato, si abbandonano tutte le cattive rinascite.[i]
Non è con quel veicolo che si può raggiungere quella terra
dove, con un sé ben domato, si abbandonano tutte le cattive rinascite. [ii]
Sebbene si domi un mulo, o un purosangue di razza Sindhu,
o un grande elefante, domare sé stessi è superiore.
Non è certo con quel veicolo che si raggiunge quella terra
dove, con un sé ben domato, si recidono tutti i legami. [i]
Non è con quel veicolo che si può raggiungere quella terra
dove, con un sé ben domato, si recidono tutti i legami. [ii]
Sebbene si domi un mulo, o un purosangue di razza Sindhu,
o un grande elefante, domare sé stessi è superiore.
Non è certo con quel veicolo che si raggiunge quella terra
dove, con un sé ben domato, ci si libera da tutta la sofferenza. [i]
Non è con quel veicolo che si può raggiungere quella terra
dove, con un sé ben domato, ci si libera da tutta la sofferenza. [ii]
Sebbene si domi un mulo, o un purosangue di razza Sindhu,
o un grande elefante, domare sé stessi è superiore.
Non è con quel veicolo che si può raggiungere quella terra
dove, con un sé ben domato, si abbandona ogni prosperità (mondana).
Sebbene si domi un mulo, o un purosangue di razza Sindhu,
o un grande elefante, domare sé stessi è superiore.
Non è certo con quel veicolo che si raggiunge quella terra
dove, con un sé ben domato, ci si avvicina al Nirvāṇa. [i]
Non è con quel veicolo che si può raggiungere quella terra
dove, con un sé ben domato, ci si avvicina al Nirvāṇa. [ii]
Si domi sé stessi, come un auriga doma un nobile cavallo.
Con un sé ben domato, infatti, chi è consapevole raggiunge l’altra riva della sofferenza.
In verità, sé stessi è il signore di sé stessi; sé stessi è il rifugio di sé stessi.
Perciò si controlli sé stessi, come un auriga (controlla) un nobile cavallo.
(Fine del capitolo sul cavallo, Aśvavargaḥ 19)
Udānavarga, Franz Bernhard (1965). © Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License. Tradotto dal sanscrito con l’IA.
Testo: Udānavarga