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Incontrare la paura con saggezza

Inverno 2016

Il Buddha stesso e altri antichi maestri della foresta parlavano spesso della pratica in ossari o in aree selvagge remote, dove c’era la possibilità di essere assaliti da fantasmi terrificanti o attaccati da tigri o altri animali pericolosi. Incoraggiavano i loro discepoli a cercare questi luoghi e a contemplare la paura e il terrore che vi si sarebbero generati.
Anche nella nostra vita ci possono essere momenti in cui ci troviamo in pericolo di vita. Purtroppo, nel mondo ci sono molte persone che vivono in situazioni di conflitto in cui questa è una realtà costante. Tuttavia, esiste un altro tipo di paura, più pervasiva e insidiosa, che può colpire tutti noi. Potremmo anche non riconoscerla come paura o notare come la ignoriamo o la ignoriamo abitualmente. Questa paura è legata a un altro tipo di sopravvivenza: la conservazione del Sé. 
Mi sono interessata a questo aspetto alcuni anni fa quando, in uno dei nostri monasteri, qualcuno mi ha detto qualcosa che sembrava minacciare sia la mia posizione, sia la posizione dell’intera comunità di monache di cui avevo fatto parte per più di trent’anni. Si trattava di un piccolo incidente. Ciò che mi sorprese fu la forza e l’irrazionalità della mia reazione, che sembrava del tutto sproporzionata rispetto all’incidente stesso. Era come se una bambina di tre anni, infuriata e addormentata da decenni, si fosse svegliata all’improvviso e stesse scatenando la sua furia, nell’unico modo che conosceva, nel tentativo di annientare l’aggressore. La mia prima reazione è stata di vergogna (anche se in realtà non avevo detto o fatto nulla che potesse essere considerato fuori dall’ordinario). Poi, quando ho guardato più a fondo, ho riconosciuto la paura e ho visto che quella furia faceva parte di una lotta primitiva per la sopravvivenza. Data la mia percezione di ciò che stava accadendo, la reazione era, in un certo senso, del tutto appropriata. Sono stata contenta di vederlo così chiaramente e ho iniziato ad apprezzare il fatto che si tratta di qualcosa che accade in varia misura tra le persone, in continuazione. 
Vediamo o sentiamo qualcosa, lo interpretiamo in un certo modo e c’è una risposta interiore ed esteriore a quella percezione. È una risposta fisiologica: un senso di addolcimento e facilità quando riceviamo gentilezza, o un senso di irrigidimento ed eccitazione quando siamo minacciati. Finché ci identifichiamo con i nostri corpi vulnerabili e con l’ancor più effimero senso del Sé, pensandoli come “Io”, quel “Io” può essere distrutto – o, almeno, danneggiato in qualche modo. Non è quindi un caso che gli insegnamenti del Buddha incoraggino costantemente a mettere in discussione questa identità: il corpo, le sensazioni, le percezioni, le formazioni mentali e la coscienza sensoriale sono davvero un Sé? Sono davvero “Io”?…
Questo interrogarsi può portarci a un luogo di conoscenza più profonda, un luogo di vero Rifugio e di pace. In questi tempi in cui i media ci espongono quotidianamente alle atrocità che accadono sia nelle vicinanze che lontano, è più importante che mai scoprire questo Rifugio – dove la mente può trovare stabilità e chiarezza per consentire una risposta appropriata. Invece di alimentare il terrore, l’odio e la confusione, possiamo riflettere con calma:

Questa reazione sarà per il mio benessere?
Sarà per il benessere degli altri?
Sarà per il benessere mio e degli altri? (MN 61)

In questo modo diventiamo un veicolo per la pace e per la cura di tutti gli esseri.

Times and the timelessAjhan Candasiri. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoTimes and the Timeless