Estate 2018
La fede dà forza, dà energia. Se non c’è fede nel fatto che un particolare progetto sarà utile, è difficile iniziarlo o portarlo a termine. Tuttavia, dal punto di vista della nostra pratica buddhista, è importante che la nostra fede sia collegata a un’intenzione sana e saggia. Per esempio, possiamo avere fede che investire in una particolare azienda porterà il massimo rendimento finanziario. Tuttavia, se la nostra intenzione è semplicemente quella di accumulare ricchezza con i privilegi che ne derivano, è probabile che ogni apparente successo ci porti semplicemente a desiderare di più. Ci terrà legati al tapis roulant dell’accumulo. Può esserci una soddisfazione momentanea, ma tale piacere tende a essere fugace e viene rapidamente sostituito da un rinnovato vigore e sforzo per accumulare di più, e meglio! Questo può accadere a chiunque: a chi è super-ricco, a chi ha poco e a chiunque si trovi nel mezzo.
Una volta riconosciuta questa tendenza all’acquisizione in noi stessi, può essere utile contemplare la nostra vita notando attentamente i risultati dei nostri discorsi e delle nostre azioni. In questo modo, iniziamo a discernere che cosa può consentire un appagamento del cuore, invece di alimentare semplicemente il desiderio di avere di più. C’è un versetto nel Dhammapada che parla della contentezza (santuṭṭhi) come della più grande ricchezza. Non è una cosa che si vede scritta sugli autobus o sulle facciate degli edifici! Il consumismo richiede che non ci accontentiamo; ci porta a perdere il nostro intrinseco senso di discernimento, che sa: “Ho abbastanza”. Il venerabile Heng Sure, un discepolo americano del Maestro Hua, ha scritto una piccola e allegra benedizione che a volte canticchio tra me e me:
Ho abbastanza.
Sono contento.
Condividi le benedizioni,
Alleluia!
Certo, purtroppo è vero che per molte, moltissime persone semplicemente non hanno abbastanza – di qualsiasi cosa: cibo, vestiti, riparo, amore, nutrimento – qualsiasi cosa. Molte persone vivono in condizioni spaventose… ma la nostra rabbia, la nostra paura, la nostra confusione o la nostra disperazione contribuiranno in qualche modo utile allo stato generale delle cose? Io credo di no. È meglio generare ciò che è positivo, ciò che porta benessere. Possiamo contribuire materialmente o praticamente, se siamo in grado di farlo. Come minimo, possiamo generare gentilezza, compassione, gioia e serenità; queste Brahmavihārā sono qualità del cuore descritte come “abbondanti, esaltate e incommensurabili”. Anche se il nostro contributo può sembrare insignificante di fronte a un tale bisogno, la sola intenzione di far emergere queste qualità alleggerisce il cuore. Può anche essere un potente antidoto all’attrazione del desiderio di avere di più e alla paura profondamente radicata di perdere qualcosa che ci sembra importante. Inoltre, ci mettono in contatto con ciò che ha veramente valore e che non potrà mai esserci tolto: il nostro senso di integrità e di bontà e la fede che ci permette di continuare a percorrere la strada che abbiamo scelto per raggiungere la perfezione.
Times and the timeless, Ajhan Candasiri. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Times and the Timeless