Estate 2013
Uno degli aspetti di questo stile di vita che trovo più difficile – e più gratificante – è essere una mendicante dell’elemosina. Per coloro che sono cresciuti in una cultura in cui l’indipendenza è molto apprezzata – dove lo status è misurato, in larga misura, in base alla ricchezza materiale e al potere – mettersi in una posizione di totale dipendenza dagli altri non è facile.
Eppure l’interdipendenza è la realtà per tutti noi che condividiamo questa esistenza umana. Nessuno vive nel vuoto. La Regola per le monache e i monaci di questa tradizione lo rende esplicito. Ci è vietato sia l’uso del denaro sia la conservazione del cibo durante la notte; ciò che mangiamo ogni giorno deve esserci offerto tra l’alba e mezzogiorno. L’Eremo di Milntuim è una residenza per monache buddhiste da quasi due anni, ed è stato estremamente incoraggiante che la generosità, sotto forma di sostegno sia materiale che pratico, sia stata dimostrata in tale misura da amici locali e da altri provenienti da lontano. Le persone sembrano desiderose di aiutare: “Sorella, per favore, ci dica di cosa ha bisogno!”, a volte con una certa preoccupazione, ma sempre con un senso di gioia. Anche per me è una gioia far parte di qualcosa che permette un tale splendore di cuore, una tale generosità: la luminosità della nostra umanità.
In passato, camminando per l’elemosina vicino ai nostri monasteri in Inghilterra, mi veniva in mente questo; è ciò che mi ha permesso di elevarmi al di sopra delle voci di condizionamento: “Che cosa pensi di fare? Ti rendi vulnerabile, dipendente dalla bontà degli altri, un peso per la società…”
Questi condizionamenti sono profondi, eppure, mentre sono lì in strada, a capo scoperto, con in mano la mia ciotola delle elemosine, mi è chiaro che l’intenzione del cuore è quella di benedire, non di chiedere. Che tutti gli esseri possano stare bene. Che tutti gli esseri siano liberi dalla sofferenza, sono i pensieri che mi vengono in mente, e solitamente qualcuno si avvicina con un’offerta. Può non essere molto, può non essere un “pasto equilibrato”, ma può riempire la pancia per la giornata e rallegrare il cuore sia di chi dà che di chi riceve.
Nel 1977, quando Ajahn Sumedho si stava preparando a venire in Gran Bretagna dalla Thailandia, anche lui era preoccupato di vivere di elemosina in un paese non buddhista. Tuttavia, quando espresse queste preoccupazioni al suo maestro, la risposta di Ajahn Chah fu immediata: “Non ci sono persone gentili lì?” Ajahn Chah gli ricordò anche che mantenere la pratica dell’elemosina era parte del suo dovere di monaco.
Un versetto del Dhammapada esprime magnificamente lo spirito di questa pratica in modo eccellente:
“Come un’ape raccogliendo il nettare
non nuoce né danneggia
il colore e il profumo del fiore
così il saggio si muove
nel mondo.” [Dhp 49]
In questo momento di preoccupazione globale per gli effetti catastrofici del cambiamento climatico (tanto più toccante per gli abitanti di Comrie, molti dei quali hanno subito danni ingenti alle loro case a causa delle recenti inondazioni) questa può essere considerata una riflessione tempestiva: Di cosa abbiamo bisogno? Ci sono modi per modificare il nostro modo di vivere, in modo da disturbare meno il delicato equilibrio della natura? Possiamo vivere con più leggerezza su questa preziosa terra?
Times and the timeless, Ajhan Candasiri. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Times and the Timeless