Quando la Guida del Mondo se ne andò,
la gente, con menti esaltate,
inebriata di gioia fece una pūjā
per il Sublime, il Maestro,
il Migliore del Mondo,
il Beato, Padumuttara.
Quando è nata la loro emozione religiosa,
è sorta in me una grande gioia.
Riunendo la mia famiglia e i miei amici,
ho pronunciato queste parole a tutti loro:
“Il Grande Eroe è morto;
sicuramente dovremmo fare una pūjā!”
Hanno concordato dicendo: “Eccellente!”,
il che mi ha fatto sorridere ancora di più.
“Faremo una pira meritevole
al Buddha, la Guida del Mondo.”
Abbiamo realizzato un festone ben fatto,
alto un centinaio di mani,
e abbiamo innalzato in cielo
un palazzo alto cinquanta mani.
Dopo aver fatto quel festone,
decorato con file di strisce,
recando piacere alla mia mente,
ho venerato quell’eccellente santuario.
Come una colonna di fuoco ardente,
come un regale albero di sal in fiore,
come il pilone di Indra nel cielo,
brillava nelle quattro direzioni.
Dopo essermi compiaciuto della mia mente
e aver fatto molte cose salutari,
ricordando il karma del passato
sono rinato fra i trenta deva.
Possedevo un carro divino
aggiogato a mille cavalli pregiati.
Quella mia dimora
era alta sette piani.
Aveva mille stanze,
tutte d’oro.
Sfavillava con la sua stessa forza
illuminando ogni direzione.
A quel tempo c’erano porte
tutte fatte di rubini.
Con la loro luce, anch’esse illuminavano
interamente le quattro direzioni.
Quelle stanze, ben costruite,
prodotte dal mio buon kamma passato
e tutte le porte di gemme brillavano
in dieci direzioni su tutti i lati.
Quando furono così tutte splendenti,
ci fu un’imponente effulgenza.
Ho superato tutti gli altri deva;
questo è il frutto del buon kamma.
Sessantamila eoni fa ero
il re di nome Ubbiddha.
Vittorioso su tutti e quattro i lati,
presi la terra come dimora.
In quell’eone di grande auspicio
per ben trenta volte sono stato
un re che gira la ruota con una grande forza
derivante dal mio stesso kamma.
Possessore dei sette gioielli,
sono il signore dei quattro continenti.
E in quel luogo la mia dimora
era alta come l’albero di Indra.
Era lunga ventiquattro leghe
e larga dodici.
La mia città si chiamava Rammaka;
aveva forti bastioni e porte.
Era lunga cinquecento leghe
e larga duecentocinquanta.
Era gremita di gente proprio
come la città dei trentatré deva.
Come aghi in una scatola di aghi,
c’erano venti diversi bazar
dove le persone si incontravano;
la città era molto affollata.
Di questo tipo era la mia città,
con elefanti, cavalli,
carri e piena di gente:
Rammaka, città eccellente.
Dopo aver vissuto lì,
sono rinato nel mondo dei deva.
In questa che è la mia ultima esistenza,
sono rinato in una stirpe di grande prestigio..
Nato in una famiglia di brahmani,
possedevo un immenso tesori di gemme.
Ottocento milioni d’oro ho abbandonato
e ho intrapreso la vita ascetica.
I miei influssi impuri sono ormai bruciati;
ogni nuova esistenza è distrutta.
Come gli elefanti con le catene spezzate,
vivo senza vincoli.
Essere alla presenza del miglior Buddha
è stato molto positivo per me.
Le tre conoscenze sono state raggiunte;
ho fatto ciò che il Buddha ha insegnato!
I quattro modi analitici
e queste otto liberazioni,
le sei conoscenze speciali padroneggiate,
ho fatto ciò che il Buddha ha insegnato!
Così il venerabile Mahākassapa Thera pronunciò questi versi.
La leggenda del Venerabile Mahākassapa è terminata.
Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Jonathan S. Walters. Whitman College, 2017, Legends of the Buddhist Saints (Apadāna).
Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Apadana