Un tempo il venerabile Ānanda soggiornava presso Rājagaha, nel boschetto di bambù, nella riserva degli scoiattoli. In quel periodo il capofamiglia Sirivaḍḍha era infermo, sofferente, gravemente malato. Allora si rivolse a un uomo: “Per favore, vai dal venerabile Ānanda e, in mio nome, salutalo con profondo rispetto, poi digli: ‘Signore, il capofamiglia Sirivaḍḍha è infermo, sofferente, gravemente malato’.
“Sì, signore.” – rispose quell’uomo, poi fece come gli aveva chiesto Sirivaḍḍha. Ānanda acconsentì in silenzio.
Allora il venerabile Ānanda si vestì al mattino e, dopo aver preso ciotola e mantello, si recò a casa del capofamiglia Sirivaḍḍha, si sedette al posto preparato e disse:
“Spero che tu stia bene, capofamiglia; spero che tu stia bene. E spero che il dolore si affievolisca e non cresca, che sia evidente il suo attenuarsi e non il suo crescere.”
“Signore, non sto bene, non sto affatto bene. Il dolore è terribile e cresce, non si attenua; la sua crescita è evidente, non il suo attenuarsi.”
“Quindi dovreste esercitarvi in questo modo: ‘Mediterò contemplando un aspetto del corpo – sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo. Mediterò contemplando un aspetto delle sensazioni … della mente … dei fenomeni mentali … sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo’. In questo modo dovreste esercitarvi.”
“Questi quattro tipi di meditazione di consapevolezza insegnati dal Buddha sono in me presenti e sono da me realizzati. Infatti, medito contemplando un aspetto del corpo – sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo. Medito contemplando un aspetto delle sensazioni … della mente … dei fenomeni mentali, sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo. E le cinque catene inferiori insegnate dal Buddha, le ho tutte abbandonate.”
“Sei fortunato, capofamiglia, molto fortunato! Hai dichiarato il frutto di ‘colui-che-non-ritorna’.”
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