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Pv 1.8: Goṇa Sutta – Il bue

Un figlio piange per la morte del suo bue. Il padre lo interroga:

Padre:
Sei pazzo, figlio? Perché cerchi di dare da mangiare erba a un bue morto dicendo: ‘Mangia, mangia!’? Il cibo e la bevanda non lo faranno tornare in vita. Sei un bambino, uno sciocco e un idiota.

Figlio:
Ma padre, ci sono queste gambe, questa testa, questo corpo con la coda, e gli occhi sono gli stessi: questo bue potrebbe tornare in vita. Ma le mani, le gambe, il corpo e la testa del nostro nonno morto non si vedono. Ma voi continuate a piangere per il mucchio di terra che è stato costruito sul suo corpo. Non siete voi ad essere stolti?

Padre:
Il mio cuore bruciava di tristezza per la morte di mio padre, come quando si versa del ghee sul fuoco. Ma ora tutta la mia tristezza si è spenta come se mi avessero spruzzato dell’acqua. Ero stato colpito da una freccia di dolore, ma tu l’hai rimossa da me, figlio mio. Dopo aver ascoltato il tuo consiglio, sono diventato tranquillo e fresco, con la freccia del dolore rimossa. Non sono più addolorato e non piango più. Se qualcuno prova compassione per gli altri, dovrebbe cercare di aiutarli a uscire dal dolore, come il figlio Sujāta con suo padre.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli del Ven. Kiribathgoda Gnanananda Thera.
Stories of Ghosts from the Petavatthu © 2018 Mahamegha Publications. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoPetavatthu