Questo ho sentito. Una volta il Sublime dimorava presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel giardino di Anâthapindiko. Esukârî il sacerdote si recò dal Sublime, scambiò con lui i saluti di rito, si sedette accanto e disse: “I brâhmani, Gotamo, proclamano quattro specie di doveri: quello del sacerdote, quello del guerriero, quello del borghese e quello del servo. Il dovere del sacerdote è quello di servire il sacerdote; il guerriero, il borghese ed il servo devono anch’essi servire il sacerdote. Il dovere del guerriero è quello di servire il guerriero; il borghese e il servo devono servire il guerriero. Il dovere del borghese è quello di servire il borghese; il servo deve servire il borghese. Il dovere del servo è quello di servire il servo; chi altri mai servirebbe il servo? Che ne dice il signore Gotamo?”
“Che è dunque, sacerdote: tutto il mondo riconosce il diritto ai brâhmani di proclamare queste quattro specie di doveri?”
“No di certo, Gotamo!”
“È come se vi fosse un uomo povero, misero, bisognoso, e lo costringessero contro voglia a consumare un pasto: ‘Questa carne, uomo, tu l’hai da mangiare, e hai da pagarne il prezzo’. Così appunto, sacerdote, i brâhmani, senza essersi intesi con gli altri asceti e sacerdoti, proclamano queste quattro specie di doveri. Io non dico che si debba servire ognuno: ma neppure che non si debba servire alcuno. Presso chi, servendo, si diventi per il servizio peggiore; quello, dico, non si deve servire. Presso chi, servendo, si diventi per il servizio migliore; quello, dico, si deve servire. Se si interrogasse un guerriero sarebbe anche lui d’accordo su ciò che ho detto. Lo stesso direbbero anche un sacerdote, un borghese e un servo: “Vorrei servire presso chi, servendo, divenissi per il servizio migliore, non peggiore. Io non dico che chi discende da nobile famiglia sia migliore, ma neppure dico che sia peggiore. Lo stesso dico di chi sia dotato di grande bellezza o di grande ricchezza. Anche discendendo da nobile famiglia, uno può essere o non essere uccisore, ladro, lussurioso, bugiardo, calunniatore, litigioso, chiacchierone, avido, malvolente e di false vedute. Lo stesso dico di chi sia dotato di grande bellezza o di grande ricchezza. Io non dico che si debba servire ognuno: ma neppure che non si debba servire alcuno. Presso chi, sacerdote, servendo, cresce col servizio la fiducia, la virtù, l’esperienza, l’abnegazione, la sapienza: quello, dico, si deve servire.”
E il sacerdote continuò: “I brâhmani, Gotamo, proclamano quattro specie di proprietà: quella propria del sacerdote, quella del guerriero, del borghese e del servo. Proprio del sacerdote è l’elemosina. Un sacerdote che disprezzi la proprietà dell’elemosina, fa quel che non deve, come un custode che rubi. Proprio del guerriero sono arco e faretra; proprio del borghese sono agricoltura e pastorizia; proprio del servo sono roncola e mazza. Chi disprezza quelle proprietà, fa quel che non deve, come un custode che rubi. Che ne dice il signore Gotamo?”
“Che è dunque, sacerdote: tutto il mondo riconosce il diritto ai brâhmani di proclamare queste quattro specie di proprietà?”
“No di certo, Gotamo!”
“È come se vi fosse un uomo povero, misero, bisognoso, e lo costringessero contro voglia a consumare un pasto: ‘Questa carne, uomo, tu l’hai da mangiare, e hai da pagarne il prezzo’. Così appunto, sacerdote, i brâhmani, senza essersi intesi con gli altri asceti e sacerdoti, proclamano queste quattro specie di proprietà. Io però, sacerdote, proclamo come proprietà dell’uomo un santo, superiore diritto. Comunque uno si ricordi della sua anteriore discendenza paterna e materna, quale personalmente rinato, tale appunto è chiamato: se rinato in una famiglia di guerrieri, è chiamato guerriero; se in una famiglia di sacerdoti, sacerdote; se in una famiglia di borghesi, borghese; e se in una famiglia di servi, è chiamato servo. Così come un fuoco è chiamato col materiale con cui viene acceso: fuoco di legna, fuoco di sarmenti, di paglia, di sterco di vacca; così pure io proclamo come proprietà dell’uomo un santo, superiore diritto: rinato in una famiglia di guerrieri, è chiamato guerriero, ma se si distacca da quella famiglia, e rinunzia alla casa per l’ascetica povertà e, accedendo alla dottrina e disciplina esposta dal Compiuto, si astiene dall’uccidere, dal rubare, dall’essere lussurioso, dal mentire, dal calunniare, dal litigare, dal chiacchierare, dal bramare e dall’odiare ed è di rette vedute: egli acquista retta condotta, salutare diritto. Lo stesso dico per chi è rinato in qualsiasi altra famiglia. Tu che pensi, sacerdote: può un sacerdote su questa terra sviluppare un cuore compassionevole, libero da odio e rancore; ma non un guerriero, un borghese o un servo?”
“No di certo, Gotamo! Tutt’e quattro le caste possono su questa terra sviluppare un cuore compassionevole, libero da odio e rancore.”
“Tu che pensi, sacerdote: un sacerdote può, prendendo un bagno, andando al fiume, tergersi di polvere e sudore, ma non un guerriero, un borghese o un servo?”
“No di certo, Gotamo!”
“Tu che pensi, sacerdote: ecco, se un re, di stirpe guerriera, consacrato, convocasse un centinaio di persone di diversa nascita: ‘Vengano i signori che sono qui sorti in esistenza da famiglie di guerrieri, di sacerdoti, di principi, e producano fiamma prendendo legno di sâla, di pino, di sandalo, o di loto. E quelli che sono qui sorti in esistenza da famiglie di reietti, di cacciatori, di cestai, di carrozzieri, di giardinieri, producano fiamma prendendo legno di un truogolo di cani, di porci, di un appoggio per lavandaie, o di una pianta di ricino. Tu che pensi, sacerdote: non è ogni fuoco, quale che sia il legno impiegato, caloroso, lucente, splendente e adatto ad ardere?”
“No di certo, Gotamo! Perché ogni fuoco è caloroso, lucente, splendente e adatto ad ardere.”
“Così appunto, sacerdote, chi si distacca da una famiglia di guerrieri, di sacerdoti, di borghesi o di servi, e rinunzia alla casa per l’ascetica povertà e, accedendo alla dottrina e disciplina esposta dal Compiuto, si astiene dall’uccidere, dal rubare, dall’essere lussurioso, dal mentire, dal calunniare, dal litigare, dal chiacchierare, dal bramare e dall’odiare ed è di rette vedute: egli acquista retta condotta, salutare diritto.”
Dopo queste parole Esukârî il sacerdote disse: “Benissimo, Gotamo, benissimo! Quale seguace voglia il signore Gotamo ritenermi, da oggi per la vita fedele”.
Riscrittura a partire dall’italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli ed Enrico Federici.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Testo: Majjhima Nikaya