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Kv 7.4: Dānakathā – Sul dono e sul donare

Punto controverso: Il Dāna non è il dono ma uno stato mentale.

Commentario: Dāna è di tre tipi: la volontà di donare [qualcosa], la privazione, il dono.

Theravāda: Se il dāna è uno stato mentale, è possibile donare uno stato mentale ad altri? Se negate, la vostra tesi decade. Se invece assentite, sostenete che è possibile donare ad altri qualsiasi proprietà mentale: contatto, sensazione, percezione, formazione mentale, fede, energia, consapevolezza, concentrazione, conoscenza.

Rājagirika, Siddhatthika: Se ci sbagliamo, vi chiediamo: il donare è accompagnato da effetti indesiderabili, sgradevoli, spiacevoli, sterili? Induce e provoca dolore? Non è forse vero il contrario? Sicuramente allora il dāna è uno stato mentale.

Theravāda: Ammesso che il dono, in base alle parole dall’Eccelso, produce effetti desiderabili, donare una veste, o il cibo dell’elemosina, o una dimora, o medicine è dāna? Ammettete che lo sono, ma non potete affermare che essi producano direttamente effetti mentali desiderabili, gradevoli, piacevoli, felici.

Rājagirika, Siddhatthika: Se ci sbagliamo, citiamo le parole dell’Eccelso:

“Fede, modestia e donazione meritoria:
Queste sono le cose che gli uomini degni perseguono;
questo, dicono, è il sentiero celeste,
con il quale si rinasce nel mondo dei deva.”

Inoltre:
“Monaci, questi cinque doni, i Grandi Dāna, sono supremi, secolari, ereditari; usanze antiche, mai uniti né ora né in passato; mai uniti l’uno con l’altro, né lo saranno, e non sono disprezzati dagli asceti o dai brahmani, o dai saggi. Quali cinque? Il primo è il discepolo ariano che, astenendosi dall’uccidere, si oppone ad esso. Tale discepolo dona a tutti gli esseri senza limiti sicurezza, amicizia, benevolenza. E avendo così donato senza limiti, egli stesso diventa partecipe di quella sicurezza, amicizia, benevolenza. In secondo luogo, il discepolo ariano, astenendosi dal rubare, dalla cattiva condotta nei desideri sensoriali, dal mentire e dalle occasioni per indulgere in bevande forti, si oppone a tutto ciò. Così rinunciando, monaci, egli dona a tutti gli esseri senza limiti sicurezza, amicizia, benevolenza. E così donando, egli stesso diventa partecipe di quella sicurezza, amicizia e benevolenza illimitate. Questi, monaci, sono i cinque Grandi Dāna… .”
Se il Sutta così dice, allora il donare è uno stato mentale.

Theravāda: Secondo voi, dunque, il dāna non appartiene al donare. Ma non è stato detto dall’Eccelso che: “Prendiamo il caso di chi dona cibo, bevande, vesti, veicoli, una corona, un profumo, un unguento, un letto, una dimora, un mezzo di illuminazione”?
Sicuramente allora dāna appartiene al donare.

Rājagirika, Siddhatthika: Dite dunque che il dono appartiene al donare. Ora non ammettete che la cosa da donare abbia come effetto diretto qualcosa di desiderabile, gradevole, piacevole, felice, una capacità e una conseguenza felice. D’altra parte, l’Eccelso ha detto che dāna ha un tale effetto. Ora voi dite che la veste, il cibo dell’elemosina e gli altri oggetti richiesti sono dāna. Ne consegue che una veste e così via hanno un tale effetto, il che non può essere. Quindi è sbagliato dire che dāna appartiene al donare.

The Points of Controversy, traduzione in inglese dalla versione pâli del Kathāvatthu dell’Abhidhamma di Shwe Zan Aung e C.A.F. Rhys Davids. Pubblicata per la prima volta dalla Pali Text Society, 1915. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoKathavatthu