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Kv 15.11: Kammūpacayakathā – Sul karma e sul suo accumulo

Punto controverso: Il karma è una cosa, il suo accumulo è un’altra.

Commentario: Coloro che sostengono questo punto di vista, per esempio gli Andhaka e i Sammitiya, ritengono che l’accumulo del karma avvenga automaticamente, indipendentemente dall’azione morale e dall’azione mentale. 

Theravāda: Siete quindi disposti ad ammettere che ogni fase mentale – reazione mentale, sensazione, percezione, formazione mentale, cognizione, anche la fede, l’energia, la consapevolezza, la concentrazione, la conoscenza, anche le dieci corruzioni (kilesa) – è una cosa diversa dal suo accumulo? Certo che no. Allora non potete nemmeno affermare la vostra tesi.
Inoltre, intendete dire che l’accumulo karmico è coesistente con il karma? Lo negate? Ma pensate! Voi assentite. Allora a maggior ragione il karma meritevole (o buono) è coesistente con l’accumulo karmico buono? No? No, dovete ammettere che è così. Allora ne consegue che il karma, essendo inseparabilmente congiunto con la sensazione, è sia coesistente con la sua accumulazione, sia inseparabilmente congiunto con la sensazione corrispondente. Lo stesso vale per il karma immeritevole (o cattivo).
Inoltre, ammettete ovviamente che il karma è coesistente con la coscienza e ha un oggetto mentale, ma non ammettete altrettanto della sua accumulazione. Cioè, siete d’accordo che il karma, essendo coesistente con la coscienza, si interrompe come processo mentale quando la coscienza si interrompe. Ma, in base alla vostra visione della diversa natura dell’accumulo karmico, ritenete che quando la coscienza cessa, l’accumulo karmico non cessa necessariamente. In questo modo si può avere una cessazione del karma come processo cosciente e una continuazione dell’accumulo karmico come risultato!
Ammettete, inoltre, che l’accumulo karmico è dove si trova il karma. Sicuramente questo implica che un atto (kamma) e la sua (accumulazione o) conservazione sono la stessa cosa… E che, essendo la conservazione dell’energia karmica dove si trova il karma, il risultato è prodotto da quella conservazione; e che si deve concludere che non c’è differenza di genere tra il karma, la sua conservazione e il suo risultato. Eppure questo lo negate.
Avete ammesso che il karma ha un oggetto mentale e ammettete anche che il risultato, prodotto dalla conservazione del karma, ha un oggetto mentale. Ma negate che la conservazione sia di questa natura, pur ammettendo che dove c’è il karma, lì c’è anche la sua conservazione, che produce il risultato… .Infine, non è forse stato detto dall’Eccelso che: “In questo caso, Puṇṇa, è colui che pianifica attività nei fatti, nelle parole e nei pensieri, sia malevoli che benevoli. Di conseguenza, egli rinasce in un mondo di malevolenza o di benevolenza; e quando la sua reazione mentale al bene e al male si instaura, le sue sensazioni sono in accordo con ciò e le sue sensazioni sono un misto di piacere e dolore, come accade agli esseri umani, ad alcuni deva e ad alcuni angeli caduti. Così, Puṇṇa, la rinascita delle creature è evidente e oscura: con ciò che fa rinasce, e la rinascita è influenzata dalle reazioni mentali. E quindi dico, Puṇṇa, che gli esseri sono eredi delle proprie azioni (karma)”?
Quindi non è corretto dire che la conservazione del karma è una cosa a parte rispetto al karma stesso.

The Points of Controversy, traduzione in inglese dalla versione pâli del Kathāvatthu dell’Abhidhamma di Shwe Zan Aung e C.A.F. Rhys Davids. Pubblicato per la prima volta dalla Pali Text Society, 1915. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoKathavatthu