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Kv 1.5: Jahatikathā – Sulla rinuncia

Punto controverso: L’uomo ordinario rinuncia alle passioni sensuali e alla cattiva volontà.

Commentario: Questa domanda è posta per smontare l’opinione sostenuta, ad esempio, attualmente dai Sammitiya, secondo cui un uomo ordinario che raggiunge i Jhana, che comprende le Verità e diventa un anagami, ha rinunciato alle passioni sensuali e alla cattiva volontà mentre era ancora solo un uomo ordinario mondano.

Theravāda: Lei sostiene che, come uomo ordinario, egli rinuncia a loro. Ora, con “rinuncia” intendo che egli rinuncia per sempre, ininterrottamente, a ogni legame con loro, alle loro radici, a ogni desiderio per loro e a ogni pregiudizio latente verso di loro; vi rinuncia con la visione profonda ariana, con il sentiero ariano; vi rinuncia mentre sperimenta l’immutabile; vi rinuncia mentre realizza il non-ritorno (anagami). Questo lo negate. E se al posto di “rinuncia” sostituite “arresto”, io sostengo le stesse implicazioni e voi le negate.
La persona che opera per la realizzazione del Frutto del non-ritorno: rinuncia, arresta in questo modo completo, su questo siamo d’accordo. Ma l’uomo ordinario? Lei lo nega non meno di me.
Ma se applicate queste parole “rinunciare”, “arrestare” nel vostro significato limitato all’uomo ordinario, dovete anche applicarle, come se significassero tanto e niente di più, al candidato al frutto del non-ritorno. Per quale sentiero (o mezzo) l’uomo ordinario rinuncia alle passioni sensuali e alla cattiva volontà?

Sammitiya: Attraverso il sentiero che appartiene alla sfera di rūpa (forma, materia).

Theravāda: Ora, questo sentiero conduce gli uomini fuori dal ciclo delle rinascite? Conduce all’estinzione della sofferenza, all’illuminazione, al nibbana? È forse libero da influssi impuri, catene, legami, flussi, vincoli, ostacoli, puro, privo di ciò che crea l’attaccamento e la corruzione? Non è forse vero, invece, che questo sentiero non è nessuna di queste cose? Come potete dire, allora, che con esso un uomo ordinario rinuncia alle passioni sensuali e alla cattiva volontà?
Siete d’accordo che il sentiero praticato da chi opera per la realizzazione del frutto del non-ritorno possiede tutte queste qualità. Ma dovreste essere d’accordo sul fatto che il sentiero appartenente alla sfera di rūpa possiede le stesse qualità, dal momento che sostenete che con esso l’uomo ordinario rinuncia anche a ciò che rinuncia l’anagami (colui-che-non-ritorna). Ma ammettete che ha qualità opposte? Allora, a parità di ragionamento, dovreste trovare quelle qualità opposte nel sentiero praticato dall’anagami, dal momento che sostenete che quest’ultimo arriva alla stessa rinuncia dell’uomo ordinario.
Voi dite che un uomo ordinario, che ha smesso di desiderare i piaceri sensuali, non appena ha compreso la verità, si stabilisce immediatamente nella fruizione del non-ritorno: perché non aggiungere la condizione di arahant? Perché fermarsi a questo?
Dovete anche ammettere che ha praticato contemporaneamente il Primo, il Secondo e il Terzo Sentiero, realizzando contemporaneamente i rispettivi Frutti e sperimentando una combinazione dei rispettivi contatti, sensazioni, percezioni, formazioni mentali, cognizioni, convinzioni, sforzi, riflessioni e concentrazioni, tutti in diversi stadi evolutivi che caratterizzano ogni gradino ascendente.
Oppure, se non arriva al Terzo Frutto in questo modo, per quale sentiero ci arriva? “Per il sentiero del non-ritorno”, dite voi? Eppure negate che la rinuncia alle tre catene – la teoria dell’anima, il dubbio e il contagio della mera regola e del rituale – appartenga al lavoro del sentiero del non-ritorno. Anzi, dovete ammetterlo, dal momento che non lasciate all’uomo ordinario nessun altro sentiero, sebbene sia stato detto, non è vero, dall’Eccelso che il frutto del Primo Sentiero si ottiene rinunciando a quelle tre catene?
Inoltre, negate che con il Terzo Sentiero si rinunci ai desideri grossolani e sensuali e alle forme più grossolane di cattiva volontà. No, ma siete obbligato ad ammetterlo, perché non è stato detto dall’Eccelso che il frutto del Secondo Sentiero si ottiene riducendo al minimo le passioni sensuali e la cattiva volontà?
Infine, in base alla vostra precedente affermazione sulla conoscenza della verità da parte dell’uomo ordinario, siete obbligato ad ammettere, sebbene lo negate, che tutti coloro che comprendono la verità, la Dottrina, sono stabiliti nel Frutto del non-ritorno non appena tale conoscenza si verifica.

Sammitiya: Ma se alla domanda controversa si deve rispondere “No”, non è forse stato detto dall’Eccelso che: “Nei tempi antichi sulla terra vivevano sei maestri che gli uomini accorrevano ad ascoltare. Non mangiavano carne per pietà, liberi dai legami dei desideri dei sensi. Non avevano piacere per i desideri carnali. Nel regno di Brahma trovarono la rinascita.
C’erano anche dei discepoli, un centinaio di anime e non pochi. Non mangiavano carne per pietà, liberati dai legami dei desideri dei sensi. Non avevano piacere per le brame carnali. Nel regno di Brahma trovarono la rinascita”? È così il Sutta?

Theravāda: Sì. Ma non è stato detto dall’Eccelso che: “In verità, monaci, vi dico che questo maestro, Sunetta, sebbene abbia vissuto a lungo in questo mondo, non ha ottenuto la liberazione dalla nascita, dalla vecchiaia, dalla morte, dal dolore, dal lamento, dalla sofferenza, dal dispiacere e dalla disperazione”. Non ha ottenuto la liberazione dalla sofferenza perché non aveva l’illuminazione né la visione profonda riguardo a quattro cose. Quali? La virtù, la concentrazione, la conoscenza e la liberazione dell’ariano. Una volta che, monaci, queste quattro cose sono state comprese e penetrate, allora la sete del divenire viene eliminata, allora la brama del divenire si estingue, allora non c’è più rinascita… .
La pratica virtuosa e l’intento della mente, la visione profonda e la massima liberazione: Tutto questo è noto a Gotama. Il Buddha ha insegnato il Dhamma ai monaci, il nostro maestro, il veggente, colui che ha eliminato ogni sofferenza, il Perfettto il Tathagata”?
È così il Sutta? Quindi non è corretto dire “l’uomo ordinario, in quanto tale, rinuncia alle passioni sensuali e alla cattiva volontà”.

The Points of Controversy, traduzione in inglese dalla versione pâli del Kathāvatthu dell’Abhidhamma di Shwe Zan Aung e C.A.F. Rhys Davids. Pubblicato per la prima volta dalla Pali Text Society, 1915.Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoKathavatthu