In quest’ultima parte della mia conferenza vorrei discutere, molto brevemente, la rilevanza degli insegnamenti del Buddha per la nostra epoca, mentre ci troviamo sulla soglia di un nuovo secolo e di un nuovo millennio. Ciò che trovo particolarmente interessante da notare è che il Buddhismo può fornire intuizioni e pratiche utili in un ampio spettro di discipline – dalla filosofia e dalla psicologia alle cure mediche e all’ecologia – senza richiedere a coloro che utilizzano le sue risorse di adottare il Buddhismo come una religione a pieno titolo. Qui voglio concentrarmi solo sulle implicazioni dei principi buddhisti per la formazione delle scelte pubbliche.
Nonostante gli enormi progressi che l’umanità ha fatto nella scienza e nella tecnologia, progressi che hanno notevolmente migliorato le condizioni di vita in molti modi, ci troviamo ancora di fronte a problemi globali che deridono i nostri più determinati tentativi di risolverli all’interno di strutture stabilite. Questi problemi includono: violente tensioni regionali di carattere etnico e religioso; la continua diffusione di armi nucleari; il disprezzo dei diritti umani; il crescente divario tra ricchi e poveri; il traffico internazionale di droga, donne e bambini; l’esaurimento delle risorse naturali della terra e la distruzione dell’ambiente.
Da una prospettiva buddhista, ciò che più colpisce quando riflettiamo su questi problemi nel loro insieme è il loro carattere essenzialmente sintomatico. Sotto la loro diversità esteriore sembrano essere tante manifestazioni di una radice comune, di una malignità spirituale profonda e nascosta che infetta il nostro organismo sociale. Questa radice comune potrebbe essere brevemente caratterizzata come un’ostinata insistenza nel porre interessi personali ristretti e a breve termine (inclusi gli interessi dei gruppi sociali o etnici ai quali ci capita di appartenere) al di sopra del bene a lungo termine della più ampia comunità umana. La moltitudine dei mali sociali che ci affliggono non può essere adeguatamente spiegata senza portare alla luce le potenti spinte umane che si celano dietro di esse. Troppo spesso, queste spinte ci spingono a perseguire fini divisivi e limitati, anche quando questi perseguimenti sono alla fine autodistruttivi.
L’insegnamento del Buddha ci offre due strumenti preziosi per aiutarci a uscire da questo groviglio. Uno è la sua analisi decisa delle sorgenti psicologiche della sofferenza umana. L’altro è il percorso precisamente articolato di formazione morale e mentale che propone come soluzione. Il Buddha spiega che le sorgenti nascoste della sofferenza umana, sia nell’ambito personale che in quello sociale della nostra vita, sono tre fattori mentali chiamati radici non salutari, cioè avidità, odio e illusione. L’insegnamento buddhista tradizionale descrive queste radici non salutari come le cause della sofferenza personale, ma con una visione più ampia possiamo vederle anche come la fonte della sofferenza sociale, economica e politica. Attraverso la prevalenza dell’avidità, il mondo si sta trasformando in un mercato globale dove le persone sono ridotte allo status di consumatori, persino di merci, e le risorse vitali del nostro pianeta vengono saccheggiate senza preoccuparsi delle generazioni future. Attraverso la prevalenza dell’odio, le differenze nazionali ed etniche diventano il terreno di coltura del sospetto e delle ostilità, che esplodono in violenza e cicli infiniti di vendetta. L’illusione rafforza le altre due radici malsane con false credenze e ideologie politiche proposte per giustificare politiche motivate dall’avidità e dall’odio.
Mentre i cambiamenti nelle strutture e nelle politiche sociali sono sicuramente necessari per contrastare le molte forme di violenza e di ingiustizia così diffuse nel mondo di oggi, tali cambiamenti da soli non saranno sufficienti per inaugurare un’era di vera pace e stabilità sociale. Parlando da una prospettiva buddhista, direi che ciò che è necessario sopra ogni altra cosa è una nuova modalità di percezione, una coscienza universale che possa permetterci di considerare gli altri come non essenzialmente diversi da noi stessi. Per quanto possa essere difficile, dobbiamo imparare a distaccarci dalla voce insistente dell’interesse personale ed elevarci ad una prospettiva universale in cui il benessere di tutti appare importante quanto il proprio bene. Cioè, dobbiamo superare gli atteggiamenti egocentrici ed etnocentrici in cui siamo attualmente impegnati, e abbracciare invece un'”etica mondo-centrica“ che dia priorità al benessere di tutti.
Una tale etica mondo-centrica dovrebbe essere modellata su tre linee guida, gli antidoti alle tre radici malsane:
(1) Dobbiamo superare l’avidità di sfruttamento con la generosità globale, la disponibilità e la cooperazione.
(2) Dobbiamo sostituire l’odio e la vendetta con una politica di gentilezza, tolleranza e perdono.
(3) Dobbiamo riconoscere che il nostro mondo è un insieme interdipendente e intrecciato, così che un comportamento irresponsabile ovunque ha ripercussioni potenzialmente dannose ovunque.
Queste linee guida, tratte dall’insegnamento del Buddha, possono costituire il nucleo di un’etica globale a cui tutte le grandi tradizioni spirituali del mondo potrebbero facilmente aderire.
Alla base del contenuto specifico di un’etica globale ci sono alcuni atteggiamenti dell’animo che dobbiamo cercare di incarnare sia nella nostra vita personale che nella politica sociale. I principali sono la gentilezza amorevole e la compassione (maitri e karuna). Attraverso la gentilezza amorevole riconosciamo che proprio come ognuno di noi desidera vivere felicemente e in pace, così tutti i nostri simili desiderano vivere felicemente e in pace. Attraverso la compassione ci rendiamo conto che proprio come noi siamo contrari al dolore e alla sofferenza, così tutti gli altri sono contrari al dolore e alla sofferenza. Quando abbiamo capito questo nucleo comune di sentimenti che condividiamo con tutti gli altri, tratteremo gli altri con la stessa gentilezza e cura che vorremmo ci trattassero. Questo deve valere tanto a livello comunitario quanto nelle nostre relazioni personali. Dobbiamo imparare a vedere le altre comunità come essenzialmente simili alla nostra, con diritto agli stessi benefici che desideriamo per il gruppo a cui apparteniamo.
Questa richiesta di un’etica incentrata sul mondo non nasce da un idealismo etico o da un pio desiderio, ma poggia su una solida base pragmatica. A lungo termine, perseguire il nostro stretto interesse personale in cerchi sempre più ampi significa minare il nostro vero interesse a lungo termine; perché adottando un tale approccio contribuiamo alla disintegrazione sociale e alla devastazione ecologica, segando così il ramo su cui siamo seduti. Subordinare lo stretto interesse personale al bene comune è, alla fine, promuovere il nostro vero bene, che dipende tanto dall’armonia sociale, dalla giustizia economica e da un ambiente sostenibile.
Il Buddha afferma che di tutte le cose del mondo, quella con l’influenza più potente sia per il bene che per il male è la mente. La pace autentica tra i popoli e le nazioni cresce dalla pace e dalla buona volontà nei cuori degli esseri umani. Tale pace non può essere conquistata solo con il progresso materiale, con lo sviluppo economico e l’innovazione tecnologica, ma richiede uno sviluppo morale e mentale. Solo trasformando noi stessi possiamo trasformare il nostro mondo nella direzione della pace e dell’amicizia. Ciò significa che, affinché la razza umana possa vivere insieme pacificamente su questo pianeta che si sta riducendo, la sfida ineludibile che dobbiamo affrontare è quella di comprendere e dominare noi stessi.
È qui che l’insegnamento del Buddha diventa particolarmente attuale, anche per coloro che non sono preparati ad abbracciare l’intera sfera della fede e della dottrina religiosa buddhista. Nella sua diagnosi degli influssi impuri mentali come cause di fondo della sofferenza umana, l’insegnamento ci mostra le radici nascoste dei nostri problemi personali e collettivi. Proponendo un percorso pratico di formazione morale e mentale, l’insegnamento ci offre un rimedio efficace per affrontare i problemi del mondo nell’unico posto dove sono direttamente accessibili a noi: nella nostra mente. Mentre entriamo nel nuovo millennio, l’insegnamento del Buddha fornisce a tutti noi, indipendentemente dalle nostre convinzioni religiose, le linee guida di cui abbiamo bisogno per rendere il nostro mondo un luogo più pacifico e congeniale per vivere.