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Domande e risposte (ii)

(Domande di monaci occidentali e risposte del Ven. Achaan Chah.)

D. Spesso ho l’impressione che molti monaci che sono qui non stiano praticando. Sembrano sciatti e assenti. Questo mi da’ fastidio.
R. Non va bene osservare gli altri. Non ti aiuterà nella pratica. Se provi fastidio, osserva il fastidio che e’ nella tua mente. Se la disciplina degli altri lascia a desiderare, se sono o non sono bravi monaci, non sta a te giudicarlo. Non scoprirai la saggezza osservando gli altri. La disciplina monastica e’ uno strumento al servizio della tua pratica. Non e’ un’arma da usare per criticare e censurare. Nessuno può’ praticare al posto tuo, ne’ tu puoi farlo al posto di un altro. Limitati a essere consapevole di quello che fai tu. E’ cosi’ che si pratica.

(…)

D. Ho dedicato una cura particolare alla pratica del controllo dei sensi. Tengo sempre gli occhi bassi e sono consapevole di ogni piccola azione che faccio. Quando mangio, ad esempio, ci metto molto tempo e cerco di seguire ogni fase: masticare, assaporare, inghiottire e cosi’ via. Faccio ogni passo con misura e accuratezza. Sto praticando correttamente?
R. Controllare i sensi e’ una pratica corretta. Dovremmo tenerla presente per tutto l’arco della giornata. Ma senza strafare! Cammina, mangia, agisci con naturalezza. E poi coltiva una naturale attenzione verso ciò’ che accade dentro di te.
Non costringere la tua meditazione, e neppure te stesso, dentro schemi di comportamento rigidi. E’ un’altra forma di avidità’. Sii paziente. Pazienza e forza d’animo sono indispensabili. Se agisci con naturalezza e con presenza mentale, anche la saggezza arriverà’ naturalmente.

D. Le sedute di meditazione devono essere molto lunghe?
R. No, non c’è’ bisogno di sedersi per ore e ore. C’è’ chi pensa che più’ si riesce a stare seduti, più si e’ saggi. Ho visto delle galline sedute sul loro nido per giorni interi! La saggezza viene dall’esercizio della presenza mentale in tutte le posizioni. La tua pratica dovrebbe cominciare dal momento in cui ti svegli al mattino e continuare fino a che non ti addormenti. Non preoccuparti di quanto tempo riesci a stare seduto. La sola cosa che conta e’ che resti vigile, lavorando, facendo meditazione o andando al bagno. Ognuno ha un suo ritmo naturale. Alcuni di voi moriranno a cinquant’anni, altri a sessantacinque, altri ancora a novanta. Quindi anche la vostra pratica non sarà uguale per tutti.
Non ci pensate, non ve ne preoccupate. Cercate di essere mentalmente presenti e lasciate le cose al loro corso naturale. La vostra mente sarà sempre più’ silenziosa in ogni circostanza. Diventerà calma come un limpido laghetto nella foresta. Ogni sorta di animali rari e meravigliosi verranno ad abbeverarsi. Vedrete chiaramente la natura di tutte le cose, di tutti i sankhara che sono al mondo. Vedrete andare e venire molte cose strane e meravigliose. Ma voi resterete fermi. Ci saranno dei problemi, ma immediatamente capirete di che si tratta. Questa e’ la felicita’ del Buddha.

D. Hai detto che samatha e vipassana, cioe’ concentrazione e visione profonda, sono la stessa cosa. Puoi spiegarti meglio?
R. E’ semplicissimo. Concentrazione e visione profonda operano di concerto. All’inizio la mente diventa tranquilla fissandosi su un oggetto di meditazione. E’ calma solo quando ti siedi con gli occhi chiusi. Questo è samatha, quella base di samadhi da cui alla fine emerge la saggezza, o vipassana. A quel punto la mente e’ calma, sia se stai seduto con gli occhi chiusi, sia se cammini per una citta’ affollata. Si tratta di questo. Una volta eri un bambino. Ora sei un adulto. Il bambino e l’adulto sono la stessa persona? Da un certo punto di vista sì’, ma si puo’ dire anche che siano diversi. Allo stesso modo samatha e vipassana si possono anche considerare distinte. Oppure è come per il cibo e le feci. Cibo e feci si possono considerare la stessa cosa o due cose distinte. Ma non credere a quello che dico io, pratica e scoprilo di persona. Non serve niente di speciale. Se indaghi su come nascono la concentrazione e la saggezza, capirai da solo qual è’ la verità’. Di questi tempi la gente si fissa sulle parole. Dice di praticare la vipassana, e trascura samatha. Oppure dice di praticare samatha, e che e’ indispensabile che samatha venga prima della vipassana. Tutto questo è sciocco. Comincia a praticare, e vedrai da te.

D. Nella nostra pratica meditativa e’ necessario saper entrare in uno stato di assorbimento (jhana)?
R. No, l’assorbimento non e’ necessario. Devi raggiungere un grado medio di quiete e uniformità’ mentale, e servirtene per esaminare te stesso. Non serve niente di speciale. Se praticando si produce uno stato di assorbimento, va bene anche questo. Solo, non affezionartici. Può diventare un gioco molto divertente. Devi sapere qual e’ il giusto limite. Se sei saggio, conoscerai l’utilità’ e i limiti dell’assorbimento, cosi’ come conosci i limiti di un bambino rispetto a un adulto.

D. Perchè’ seguiamo certe regole ascetiche come quella di mangiare solo dalla propria ciotola?
R. I precetti ascetici ci aiutano a ridurre le contaminazioni. Per esempio, quello che prescrive di mangiare dalla propria ciotola ci aiuta a essere più’ consapevoli che il cibo e’ come una medicina per noi. Se non fosse per le contaminazioni non avrebbe importanza come si mangia. Qui pero’ ricorriamo alla forma per semplificare la pratica. Il Buddha non imponeva i precetti ascetici a tutti i monaci, ma li consenti’ a chi aspirava a un certo rigore nella pratica. Sono un complemento della disciplina esteriore, e perciò’ aiutano ad accrescere la fermezza e l’energia mentale. Queste regole devi tenerle per te. Non guardare come praticano gli altri. Guarda la tua mente e renditi conto di quello che va bene per te. La regola per cui dobbiamo accettare qualunque alloggio di meditazione ci venga assegnato ha un analogo
valore disciplinare. Impedisce ai monaci di affezionarsi alla propria abitazione. Se tornano dopo un periodo di assenza devono prenderne una nuova.. La nostra pratica e’ questa: non attaccarsi a nulla.

D. Se e’ importante mettere il proprio cibo tutto insieme nella ciotola, perché tu, che sei l’istruttore, non lo fai? Non credi che sia importante per un istruttore dare l’esempio?
R. Si’, e’ vero, un istruttore dovrebbe essere d’esempio ai suoi discepoli. Non mi importa di essere criticato. Fate pure tutte le domande che volete. Ma e’ importante che non vi attacchiate all’istruttore. Se fossi assolutamente perfetto nella forma esteriore, sarebbe terribile. Sareste tutti troppo dipendenti da me. Anche il Buddha a volte diceva ai suoi discepoli di fare una certa cosa mentre lui ne faceva un’altra. I vostri dubbi riguardo all’istruttore possono aiutarvi. Osservate le vostre reazioni. mi credete se vi dico che tengo fuori dalla mia ciotola qualche porzione di cibo per i laici che lavorano attorno al tempio? Vegliare e coltivare la saggezza sta a voi. Prendete dall’istruttore quello che c’è di buono. Siate consapevoli della vostra pratica personale. Se io mi riposo mentre tutti voi dovete sedere in meditazione,
questo vi fa arrabbiare? Se dico che il blu e’ rosso o che un maschio e’ una femmina, non seguitemi ciecamente.
Uno dei miei istruttori mangiava molto velocemente. E quando mangiava faceva rumore. Eppure ci insegnava a mangiare lentamente e con attenzione. Lo guardavo, e inevitabilmente provavo un gran fastidio. Io soffrivo, ma lui no! Guardavo fuori di me. Poi ho imparato. Certe persone guidano a velocità’ elevata, ma con prudenza. Altre vanno lente, ma hanno una quantità’ di incidenti. Non attaccatevi alle regole, alla forma esteriore. Se guardate gli altri per un dieci per cento del tempo massimo, e guardate voi stessi per il restante novanta per cento, e’ una pratica corretta.
All’inizio avevo l’abitudine di osservare il mio maestro, Achaan Tong Rath, e avevo molti dubbi. Si credeva persino che fosse matto. Faceva cose strane, o maltrattava i suoi discepoli. Esteriormente era arrabbiato, ma dentro non c’era nulla. Non c’era nessuno. Era un uomo notevole. Lucido e presente a se stesso fino all’ultimo attimo della sua vita.
Guardare fuori di se significa paragonare, discriminare. Non troverete la felicita’ con questo sistema. Ne’ troverete la pace se perdete tempo a cercare l’uomo perfetto o il maestro perfetto. Il Buddha ci ha insegnato a guardare il Dhamma, la verità’, non gli altri.