Così ho sentito. Un tempo il Buddha soggiornava presso Kimbila nella foresta di mangrovie. Allora il Buddha disse al venerabile Kimbila: “Kimbila, come si sviluppa e si coltiva la concentrazione dovuta alla consapevolezza del respiro in modo che sia molto fruttuosa e benefica?”
A queste parole, Kimbila rimase in silenzio.
Per la seconda volta…
E per la terza volta il Buddha gli disse: “Come si sviluppa e si coltiva la concentrazione dovuta alla consapevolezza del respiro in modo che sia molto fruttuosa e benefica?” E per la seconda e terza volta Kimbila rimase in silenzio.
Detto questo, il Venerabile Ānanda disse al Buddha, “Ora è il momento, Benedetto! Ora è il momento, Sublime! Possa il Buddha parlare della concentrazione dovuta alla consapevolezza del respiro. I monaci lo ascolteranno e lo ricorderanno.”
“Allora, Ānanda, ascolta e presta molta attenzione, io parlerò.”
“Sì, signore.”, rispose Ānanda. Il Buddha così disse:
“Ānanda, come si sviluppa e si coltiva la concentrazione dovuta alla consapevolezza del respiro, in modo che sia molto fruttuosa e benefica? È quando un monaco si reca in una foresta, ai piedi di un albero in un luogo isolato, siede incrociando le gambe, mantenendo il corpo eretto e applicando la piena attenzione. Consapevole inspira. Consapevole, espira. …
Così si esercita: ‘Inspirerò contemplando il distacco.’ Così si esercita: ‘Espirerò contemplando il distacco.’ In questo modo la concentrazione dovuta alla consapevolezza del respiro, se sviluppata e coltivata, è molto fruttuosa e benefica.
Quando un monaco inspira lungamente, sa: ‘Sto inspirando lungamente’. Quando espira lungamente sa: ‘Sto espirando lungamente’. Quando inspira brevemente sa: ‘Sto inspirando brevemente’. Quando espira brevemente sa: ‘Sto espirando brevemente.’ Così si esercita: ‘Inspirerò sperimentando tutto il corpo’. Così si esercita: ‘Espirerò sperimentando tutto il corpo.’ Così si esercita: ‘Inspirerò calmando il processo fisico’. Così si esercita: ‘Espirerò calmando il processo fisico’. In quel momento un monaco sta meditando contemplando un aspetto del corpo – sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo. Perché? Perché il respiro è un aspetto del corpo, io dico. Quindi, in quel momento un monaco sta meditando contemplando un aspetto del corpo – sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo.
C’è un momento in cui un monaco così si esercita: ‘Respirerò sperimentando l’estasi’. Così si esercita: ‘Espirerò sperimentando l’estasi’. Così si esercita: ‘Inspirerò sperimentando la beatitudine’. Così si esercita: ‘Espirerò sperimentando la beatitudine’. Così si esercita: ‘Inspirerò sperimentando i processi mentali’. Così si esercita: ‘Espirerò sperimentando i processi mentali’. Così si esercita: ‘Inspirerò calmando i processi mentali’. Così si esercita: ‘Inspirerò calmando i processi mentali’. In quel momento un monaco sta meditando contemplando un aspetto delle sensazioni: sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo. Perché? Perché il respiro è un aspetto delle sensazioni, io dico. Quindi, in quel momento un monaco sta meditando contemplando un aspetto delle sensazioni – sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo.
C’è un momento in cui un monaco così si esercita: ‘Respirerò sperimentando la mente’. Così si esercita: ‘Espirerò sperimentando la mente’. Così si esercita: ‘Inspirerò calmando la mente’. Così si esercita: ‘Espirerò calmando la mente’. Così si esercita: ‘Inspirerò concentrando la mente in samādhi’. Così si esercita: ‘Espirerò concentrando la mente in samādhi’. Così si esercita: ‘Inspirerò liberando la mente’. Così si esercita: ‘Espirerò liberando la mente’. In quel momento un monaco sta meditando contemplando un aspetto della mente – sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo. Perché? Perché non c’è sviluppo della concentrazione dovuta alla consapevolezza del respiro per chi non è consapevole e manca di consapevolezza, io dico. Perciò, in quel momento un monaco sta meditando contemplando un aspetto della mente – sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo.
C’è un momento in cui un monaco si esercita in questo modo: ‘Respirerò contemplando l’impermanenza’. Così si esercita: ‘Espirerò contemplando l’impermanenza’. Così si esercita: ‘Respirerò contemplando la dissoluzione’. Così si esercita: ‘Espirerò contemplando la dissoluzione’. Così si esercita: ‘Inspirerò contemplando la cessazione’. Così si esercita: ‘Espirerò contemplando la cessazione’. Così si esercita: ‘Inspirerò contemplando il distacco’. Così si esercita: ‘Espirerò contemplando il distacco’. In quel momento un monaco sta meditando contemplando un aspetto dei pensieri – sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo. Avendo conosciuto con saggezza il distacco del desiderio e dell’avversione, contempla attentamente con equanimità. Perciò, in quel momento un monaco medita contemplando un aspetto dei pensieri: sereno, consapevole e attento, libero dal desiderio e dall’avversione per il mondo.
Supponiamo che in una strada ci sia un grande cumulo di sabbia. E che un carro o un veicolo arrivi da est, ovest, nord o sud e distrugga quel cumulo di sabbia. Allo stesso modo, quando un monaco medita contemplando un aspetto del corpo, delle sensazioni, della mente o dei pensieri, distrugge le qualità cattive e non salutari.”
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