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SN 54.11: Icchānaṅgala Sutta – Icchānaṅgala

Un tempo il Beato soggiornava a Icchānaṅgala, nella foresta di Icchānaṅgala. Lì si rivolse ai monaci: “Monaci, desidero andare in ritiro per tre mesi. Non dovrò essere avvicinato da nessuno, tranne che da chi porta il cibo elemosinato.”
“Come desideri, signore.”, gli risposero i monaci. E nessuno si avvicinò al Beato, tranne colui che portava il cibo elemosinato.
Poi il Beato, uscito dal ritiro dopo tre mesi, si rivolse ai monaci: “Monaci, se gli asceti erranti di altre sette vi chiedono: ‘Con quale dimora, amici, l’asceta Gotama, dimorava durante la stagione delle piogge? Voi, così interpellati, dovete rispondere loro in questo modo: ‘Il Beato dimorava con la concentrazione della consapevolezza del respiro’.
C’è il caso, monaci, in cui io attento inspiro (Mentre nella normale formula per la meditazione sul respiro il meditante viene descritto come “sempre attento (sato’va), il Buddha descrive se stesso come attento. Questo, a quanto pare, è un riferimento al fatto che egli è sempre consapevole, quindi non ha bisogno di sottolineare il punto) e attento espiro.
[1] Inspirando a lungo, io discerno: ‘Sto inspirando a lungo’; o espirando a lungo, io discerno: ‘Sto espirando a lungo’. [2] O inspirando brevemente, io discerno: ‘Sto inspirando brevemente’; o espirando brevemente, io discerno: ‘Sto espirando brevemente’. [3] Io discerno, (Mentre nella normale formula per la meditazione sul respiro, il verbo di questo passo e degli altri è ‘si esercita (sikkhati)’, quando il Buddha parla della propria pratica, dice semplicemente: ‘Io discerno (pajānāmi)’. Non ha più bisogno di esercitarsi.) ‘Inspirerò sensibile a tutto il corpo’. Io discerno: ‘Espirerò sensibile a tutto il corpo.’ [4] Io discerno: ‘Inspirerò calmando i processi fisici [respirazione interna ed esterna]’. Io discerno: ‘Espirerò calmando i processi fisici’. [5] Io discerno: ‘Inspirerò sensibile all’estasi’. Io discerno: ‘Espirerò sensibile all’estasi’. [6] Io discerno: ‘Inspirerò sensibile al piacere’. Io discerno: ‘Espirerò sensibile al piacere’. [7] Io discerno: ‘Inspirerò sensibile alle formazioni mentali [sensazione e percezione].’ Io discerno: ‘Espirerò sensibile alle formazioni mentali.’ [8] Io discerno: ‘Inspirerò calmando le formazioni mentali’. Io discerno: ‘Espirerò calmando le formazioni mentali’. [9] Io discerno: ‘Inspirerò sensibile alla mente’. Io discerno: ‘Espirerò sensibile alla mente.’ [10] Io discerno: ‘Inspirerò calmando la mente’. Io discerno: ‘Espirerò calmando la mente.’ [11] Io discerno: ‘Inspirerò concentrando la mente’. Io discerno: ‘Espirerò concentrando la mente’. [12] Io discerno: ‘Inspirerò liberando la mente’. Io discerno: ‘Espirerò liberando la mente’. [13] Io discerno: ‘Inspirerò concentrandomi sull’impermanenza’. Io discerno: ‘Espirerò concentrandomi sull’impermanenza’. [14] Io discerno: ‘Inspirerò concentrandomi sulla dissoluzione’. Io discerno: ‘Espirerò concentrandomi sulla dissoluzione’. [15] Io discerno: ‘Inspirerò concentrandomi sulla cessazione’. Io discerno: ‘Espirerò concentrandomi sulla cessazione’. [16] Io discerno: ‘Inspirerò concentrandomi sul distacco’. Io discerno: ‘Espirerò concentrandomi sul distacco’.
Infatti, qualsiasi realtà uno chiami, a ragione, ‘una nobile dimora’, ‘una dimora di brahmā’, ‘una dimora dei Tathāgata’, sarà la concentrazione della consapevolezza del respiro che egli, a ragione, chiamerà ‘una nobile dimora’, ‘una dimora di brahmā’, ‘una dimora dei Tathāgata’.
Quei monaci che stanno praticando, che devono ancora raggiungere la propria realizzazione, che rimangono risoluti sull’inesauribile liberazione dalla schiavitù: quando la concentrazione della consapevolezza del respiro è da loro sviluppata e perseguita, conduce alla fine degli influssi impuri.
Quei monaci arahant, i cui influssi impuri sono terminati, che hanno raggiunto la realizzazione, svolto il compito, deposto il fardello, raggiunto la vera meta, distrutto totalmente la catena del divenire, e sono stati liberati grazie alla retta conoscenza: quando la concentrazione della consapevolezza del respiro è da loro sviluppata e perseguita, conduce a una piacevole dimora qui-e-ora e alla consapevolezza e all’attenzione. Infatti, qualsiasi realtà uno chiami, a ragione, ‘una nobile dimora’, ‘una dimora di brahmā’, ‘una dimora dei Tathāgata’, sarà la concentrazione della consapevolezza del respiro che egli, a ragione, chiamerà ‘una nobile dimora’, ‘una dimora di brahmā’, ‘una dimora dei Tathāgata’.”

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Ṭhānissaro Bhikkhu, Handful of leaves: an Anthology from the Saṁyutta Nikāya © 2014-2021. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoSamyutta Nikaya