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Sk 37: Sūpodanaviññatti – Chiedere riso e curry

Storia
Prima sotto-storia

Un tempo il Buddha soggiornava a Sāvatthī nel boschetto di Jeta, nel monastero di Anāthapiṇḍika. In quel periodo alcuni monaci mangiavano riso e curry di fagioli che avevano chiesto per loro stessi. La gente si lamentava e li criticava: “Come possono i monaci sakya mangiare riso e fagioli al curry che hanno chiesto per loro stessi? A chi non piace il cibo buono? Chi non preferisce il cibo gustoso?”
I monaci ascoltarono le lamentele di quelle persone e criticarono quei monaci: “Come possono quei monaci fare questo?”. … “È vero, monaci, che fate questo?”
“È vero, signore.”
Il Buddha li rimproverò… “Stolti, come potete fare questo? Questo influenzerà la fede della gente…” … “E, monaci, questa regola di pratica dovrebbe essere così enunciata:

Regola preliminare
“‘Non chiederò il curry di fagioli o il riso solo per me per mangiarlo.’, così dovete esercitarvi.”
In questo modo il Buddha stabilì questa regola di pratica per i monaci.

Secondo sotto-storia
Poco dopo alcuni monaci si ammalarono. I monaci che si occupavano di loro chiesero: “Spero che vi stiate riprendendo? Spero che stiate migliorando?”
“Prima mangiavamo riso e curry di fagioli che avevamo chiesto per noi stessi e stavamo bene. Ma ora che il Buddha lo ha proibito, non lo chiediamo perché abbiamo paura di commettere una colpa.Perciò non ci sentiamo bene.”
Lo dissero al Buddha. Poco dopo egli diede un insegnamento e si rivolse ai monaci: “Monaci, permetto a un monaco malato di mangiare il riso e il curry di fagioli che ha chiesto per sé.
Quindi, monaci, questa regola di pratica dovrebbe essere così enunciata:

Regola finale
“Quando non sono malato, non chiederò il curry di fagioli o il riso solo per me per mangiarlo.’, così dovete esercitarvi.”
Quando non si è malati, non si deve chiedere il curry di fagioli o il riso solo per sé e mangiarlo. Se un monaco che non è malato, per mancanza di rispetto, mangia il curry di fagioli o il riso che ha chiesto per sé, commette una colpa di cattiva condotta.

Nessuna colpa
Non c’è colpa: se non è intenzionale; se non è consapevole; se non sa; se è malato; se è da parte di parenti; se è da parte di chi ha fatto un invito; se è a beneficio di qualcun altro; se è per mezzo di beni propri; se c’è un’emergenza; se è pazzo; se è la prima colpa.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Bhikkhu Brahmali, A translation of the Pali Vinaya Piṭaka into English.
Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoSekhiya