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Pv 2.9: Aṅkura Sutta – Il mercante Aṅkura

Un gruppo di mercanti cerca di catturare uno spettro.

Aṅkura (mercante):
Stiamo andando nel territorio di Kamboja per fare affari. Questo deva ci aiuterà a ottenere ciò che vogliamo. Portiamolo con noi.
Dopo aver catturato il deva, con il suo permesso o con la forza, lo metteremo su un carro e potremo andare velocemente alla città di Dvāraka.

Spettro:
Non si dovrebbero spezzare i rami di un albero sotto il quale si è riposato in precedenza. È come ferire un amico, è un’azione molto cattiva.

Aṅkura:
Caro deva, non importa. Uno dovrebbe anche tagliare il tronco di un albero che prima usava per l’ombra, se ne ha bisogno.

Spettro:
Non si dovrebbe togliere nemmeno una foglia dell’albero che prima si usava per l’ombra. È come ferire un amico. È un’azione molto malvagia.

Aṅkura:
No, deva, uno dovrebbe anche estrarre l’intero albero insieme alle radici, se ne ha bisogno.

Spettro:
Un uomo non dovrebbe avere mai un pensiero cattivo nei confronti di un altro uomo che lo ha aiutato fornendogli cibo, bevande e riparo, anche solo per una notte. La gratitudine è sempre lodata dai saggi di questo mondo.
Un uomo non dovrebbe mai avere un pensiero malvagio nei confronti di un altro uomo che lo ha aiutato fornendogli cibo, bevande e riparo, anche solo per una notte. Le persone buone e dal cuore onesto non amano frequentare amici cattivi.
Una persona che fa del male a un’altra che l’aveva precedentemente aiutata non avrà fortuna. Se uno odia un altro che non lo odia a sua volta, il karma negativo tornerà su quello stesso sciocco, proprio come quando la polvere viene lanciata in alto e ricade a terra. Non posso essere facilmente sconfitto da un deva o da un uomo. Ho poteri psichici molto potenti, di grande bellezza e forza. Posso percorrere grandi distanze.

Aṅkura:
Le tue mani sono dorate, dalla tua mano sgorgano dolci succhi. Tu devi essere Sakka, il Re dei deva.

Spettro:
No, non sono il deva Sakka né un deva famoso o un gandhabba. Ho vissuto nel mondo umano nella città di Bheruva. Dopo la morte, sono rinato nel mondo degli spettri. Aṅkura, io sono uno spettro.

Aṅkura:
Quale buona azione hai compiuto quando vivevi nella città di Bheruva per ottenere quelle tue meravigliose mani?

Spettro:
Ero un sarto nella città di Bheruva. A quel tempo, la mia vita era molto dura e non avevo nulla da offrire. Tuttavia, la mia bottega era vicina a un uomo di nome Asayha che era molto generoso. Era un discepolo del Buddha, seguiva i precetti e aveva raccolto molti meriti. I poveri venivano da me a chiedere dove fosse la casa del ricco Asayha, dicendo: “Benedizione a te! Dove dobbiamo andare? Dove si distribuiscono le elemosine?” Io indicavo con la mano destra e rispondevo: “Che tu sia benedetto! Dovreste seguire quella direzione. L’elemosina viene distribuita lì, nella residenza di Asayha.” Per questo motivo, dalla mia mano scorrono dolci succhi.

Aṅkura:
Non hai fatto l’elemosina a nessuno con la tua mano, ma hai aiutato gli altri indicando il luogo in cui qualcun altro faceva l’elemosina. Per questa azione meritoria la tua mano scorre di dolci succhi. Sono curioso di conoscere l’uomo generoso che ha fatto l’elemosina. Dove è rinato dopo la morte?

Spettro:
Non lo so con certezza, ma ovunque sia, deve essere molto potente e luminoso. Ho anche sentito dire dal deva Vessavaṇa che è rinato nello stesso mondo celeste dove si trova Sakka, il re dei deva.

Aṅkura:
È davvero bello compiere buone azioni come fare l’elemosina. Dopo aver visto la mano che dà felicità illimitata, perché mai qualcuno non dovrebbe raccogliere meriti? Sicuramente, quando ritornerò nella città di Dvāraka, farò l’elemosina che porterà alla felicità. Offrirò cibo, bevande, vestiti e fornirò case in cui alloggiare. Costruirò cisterne d’acqua pubblica, pozzi e ponti in luoghi dove è difficile passare.”

Mentre si svolgeva questa discussione, improvvisamente il mercante Aṅkura vide un altro spettro e lo interrogò.

Aṅkura:
Perché le tue dita sono storte, il tuo viso sfigurato e brutto? Perché le lacrime trasudano dai tuoi occhi? Quale cattivo karma hai compiuto perché questo accada?

Spettro:
Ora, tu sai di quell’uomo generoso che è Asayha, il discepolo del Buddha. Egli mi nominò responsabile dei regali nella sua casa. Ma quando vedevo i mendicanti che venivano a chiedere cibo, non mi piaceva vederli, quindi volgevo volutamente il viso lontano da loro con rabbia. Per questo motivo, le mie dita e il mio viso sono ora deformati e le lacrime trasudano dagli occhi. Questa è l’azione malvagia che ho commesso.

Aṅkura:
Oh uomo sfortunato, stai soffrendo con le dita storte e il volto deformato perché eri scontento che altri facessero l’elemosina. Devo stare molto attento quando incarico qualcun altro di fare l’elemosina. Quando me ne andrò da qui e ritornerò nella città di Dvāraka, offrirò cibo, bevande, vestiti e case ai viandanti. Costruirò serbatoi d’acqua e ponti in luoghi dove è difficile passare. Questo mi porterà felicità nella mia vita futura.

Quando Aṅkura tornò a Dvāraka, offrì cibo, bevande, vestiti e alloggi per molti. Costruì serbatoi d’acqua, pozzi e ponti in luoghi dove era difficile passare. Fece tutte queste cose con animo molto felice. Ogni mattina e sera, i servi e i cuochi della casa di Aṅkura invitavano le persone a casa sua, chiamando a gran voce: “Chi ha fame? Chi ha sete? Chi ha bisogno di vestiti? Chi ha bisogno di un posto per riposare i propri buoi? Chi ha bisogno di un ombrello? Chi ha bisogno di profumi? Chi ha bisogno di fiori? Chi ha bisogno di sandali?”
Aṅkura incaricò un giovane di nome Sindaka di organizzare le elemosine. Un giorno, Aṅkura parlò così a Sindaka.

Aṅkura:
Mio caro Sindaka, la gente pensa che io abbia una vita molto felice e soddisfatta, ma se in alcuni giorni vengono a casa mia pochi o nessun mendicante, sono molto triste e non dormo bene.

Sindaka:
Se il deva Sakka, re del mondo celeste Tāvatiṁsa, ti concedesse un desiderio, cosa vorresti?

Aṅkura:
Desidero, che il cibo celeste appaia davanti a me quando mi sveglio, che io possa vedere poveri virtuosi, che non mi manchino mai le cose da offrire, che non senta alcun rimpianto dopo aver donato, che io possa avere una mente molto piacevole mentre dono.

In quel momento, un uomo di nome Soṇaka era seduto ad ascoltare la conversazione e disse ad Aṅkura.

Soṇaka:
Non si deve offrire tutto ciò che si ha agli altri. Non bisogna solo fare l’elemosina, ma anche proteggere le proprie ricchezze. Perciò la ricchezza è meglio della donazione. Le persone che danno troppo diventeranno povere. Le persone sagge non lodano il non donare o il donare troppo. Donare in modo equilibrato è sempre sicuro.

Aṅkura:
No Soṇaka, continuerò sicuramente a donare agli altri. Che molte persone buone diventino mie amiche. Voglio rendere tutti felici. Voglio offrire loro doni come una nuvola che piove dappertutto. Quando le persone accolgono i mendicanti a casa loro con gioia e diventano felici dopo aver donato, le persone che vivono lì diventeranno sicuramente felici. Si dovrebbe avere una mente piacevole prima di donare, mentre si dona e dopo aver donato. Questo è il modo per raccogliere meriti potenti.

Aṅkura pensa sempre a donare. Sessantamila carretti di cibo vengono donati costantemente alle persone che vengono a casa sua. Ci sono tremila cuochi che indossano splendidi gioielli e lavorano per Aṅkura per preparare le elemosine. Ci sono altri sessantamila giovani che tagliano la legna da usare per il fuoco in cucina. Ci sono dodicimila donne che indossano splendidi gioielli e preparano gli ingredienti per il cibo. Ci sono altre dodicimila donne che indossano bellissimi gioielli e che stanno in piedi con i cucchiai per distribuire il cibo.
In questo modo, il re Aṅkura fece un dono incommensurabile di elemosina a molte persone. Fece l’elemosina più e più volte in modo molto organizzato, con rispetto e con le sue stesse mani. Fece l’elemosina per molti giorni, mesi, stagioni, anni, per un tempo molto lungo. Dopo la morte, Aṅkura rinacque nel mondo celeste Tāvatiṁsa, dopo aver elargito elemosine per lungo tempo.

C’era un altro giovane di nome Indaka che diede solo un cucchiaio di cibo all’Arahant Anuruddha Bhante. Dopo la morte, anche Indaka rinacque nel mondo celeste Tāvatiṁsa. Sorprendentemente, Indaka sperimentò la felicità divina con forme, suoni, odori, sapori e cose tangibili più belle di Aṅkura. Indaka aveva una vita più lunga, bellezza, felicità e potere.
Un giorno il Supremo Buddha, il migliore degli uomini, visitò il mondo celeste Tāvatiṁsa ed era seduto sulla Roccia Paṇḍukambala ai piedi dell’Albero di Corallo sulla cima del Monte Meru. Un gran numero di deva si riunì lì per rendere omaggio al Buddha supremo. La luce del corpo del Buddha risplendeva più di quei deva.
In quel momento, Aṅkura era seduto a dodici miglia di distanza dal Buddha, mentre Indaka era seduto molto vicino e brillava di luce intensa.

Il Buddha Supremo li notò entrambi e li interrogò.

Buddha Supremo:
Aṅkura, perché sei seduto lontano da me? Hai fatto grandi elemosine per un lungo periodo di tempo. Perché non ti avvicini a me?

Aṅkura:
Non c’erano nobili discepoli del Beato che accettassero le mie elemosine, quindi il risultato non era così fruttuoso. Ma Indaka ha dato pochissime elemosine a un discepolo arahant e ora brilla più di me, come la luna in mezzo alle stelle.

Proprio come quando si piantano molti semi in un campo sterile, non si ottiene un grande raccolto. Il contadino non diventerà felice. Allo stesso modo, anche se una grande elemosina viene offerta a un gruppo ordinario di persone che non seguono il Dhamma e non proteggono i precetti, non dà un grande risultato. Non renderà felice il donatore.
D’altra parte, quando una piccola quantità di semi viene piantata in un campo fertile, dà un raccolto molto grande e di successo. Il contadino sarà felice. Allo stesso modo, se qualcuno offre una piccola elemosina ai nobili discepoli che sono virtuosi e pieni di buone qualità, il risultato sarà molto fruttuoso.
Per ottenere risultati fruttuosi dalla donazione, le persone dovrebbero donare con saggezza. Allora nasceranno in mondi celesti.
Il Buddha Supremo ha sempre lodato l’elemosina fatta con saggezza. I doni fatti ai discepoli nobili danno un risultato più fruttuoso, proprio come i semi piantati in un campo fertile danno un grande raccolto.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli del Ven. Kiribathgoda Gnanananda Thera.
Stories of Ghosts from the Petavatthu © 2018 Mahamegha Publications. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoPetavatthu