… a Sāvatthī nel boschetto di Jeta, nel monastero di Anāthapiṇḍika. A quel tempo, un monaco di nome Ariṭṭha, che in passato era stato addestratore di avvoltoi, aveva espresso una falsa visione, come questa:
“Nella misura in cui comprendo il Dhamma insegnato dal Signore, credere in quelle realtà che il Signore chiama ostacoli, non esiste alcun ostacolo.”
Diversi monaci udirono: “Al monaco di nome Ariṭṭha, che in passato era un addestratore di avvoltoi, è sorta una falsa visione come questa: ‘Nella misura in cui comprendo… non c’è alcun ostacolo.'”
Allora quei monaci si avvicinarono al monaco Ariṭṭha, che in passato era stato un addestratore di avvoltoi, e dissero al monaco Ariṭṭha, che in passato era stato un addestratore di avvoltoi: “È vero, come si dice, venerabile Ariṭṭha, che ti è sorta una falsa visione, come questa: ‘Nella misura in cui comprendo… non c’è nessun ostacolo’?”
“Indubbiamente, venerabili, nella misura in cui comprendo il Dhamma insegnato dal Signore, credere in quelle realtà che il Signore chiama ostacoli, non esiste alcun ostacolo.”
“Non parlare così, venerabile Ariṭṭha; non travisare il Signore, travisare il Signore non è affatto opportuno, e il Signore certamente non ha dichiarato questo. Venerabile Ariṭṭha, in molti eventi ci sono realtà che sono ostacoli chiamati ostacoli dal Signore, e nel seguirli c’è un vero e proprio ostacolo. I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come (realtà) che danno poca soddisfazione, molto dolore, molta sofferenza, dove c’è più pericolo. Il Signore dichiara che i piaceri dei sensi sono come uno scheletro, genera grande dolore, grande sofferenza, dove c’è più pericolo. Il Signore ha dichiarato che i piaceri dei sensi sono come un pezzo di carne, con molto dolore e molte sofferenze, dove c’è più pericolo. I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come un fuoco di erba secca… I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come una fossa di brace ardente… I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come un sogno… I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come una realtà presa a prestito. I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come i frutti di un albero… I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come una carneficina… I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come un palo che impala… I piaceri dei sensi sono dichiarati dal Signore come la testa di un serpente, genera molto dolore, molta sofferenza, dove c’è più pericolo.”
Tuttavia il monaco Arittha, che in precedenza era stato un addestratore di avvoltoi, quando quei monaci gli parlarono in questo modo, espresse quella falsa visione come prima, ostinandosi a mantenerla, aderendovi:
“Indubbiamente, venerabili, nella misura in cui comprendo il Dhamma insegnato dal Signore, credere in quelle realtà che il Signore chiama ostacoli, non esiste alcun ostacolo.”
E siccome quei monaci non erano riusciti a dissuadere il monaco Ariṭṭha, che in precedenza era stato un addestratore di avvoltoi, da quella falsa visione, quei monaci si avvicinarono al signore e, dopo essersi avvicinati, gli raccontarono la vicenda. Allora il signore, dopo aver convocato il Sangha, interrogò il monaco Arittha, che in passato era stato addestratore di avvoltoi, dicendo: “È vero, come si dice, che a te, Ariṭṭha, è sorta una falsa visione come questa: ‘Nella misura in cui comprendo il Dhamma… non c’è alcun ostacolo’?”
“Senza dubbio, signore, nella misura in cui comprendo il Dhamma… non c’è alcun ostacolo.”
“A chi dunque, stolto, riferisci che il Dhamma è stato insegnato da me in questo modo? Non sono forse, stolto, le realtà che sono ostacoli, da me chiamate ostacoli in molti eventi, e nel seguirle non c’è forse un vero e proprio ostacolo? I piaceri dei sensi sono dichiarati da me (come realtà) che danno poco piacere, molto dolore, molta sofferenza, dove c’è più pericolo… I piaceri dei sensi sono dichiarati da me (come) la testa di un serpente, genera molto dolore, molta sofferenza, dove c’è più pericolo. Eppure tu, stolto, non solo mi travisi a causa della tua errata comprensione, ma ti fai anche del male e dai origine a molti demeriti che per lungo tempo saranno per te, stolto, fonte di guai e di dolore. Non serve, stolto, a soddisfare coloro che non sono (ancora) soddisfatti… Perciò, monaci, si dovrebbe enunciare questa regola di pratica:
“Il monaco che dichiara quanto segue: ‘Nella misura in cui comprendo il Dhamma insegnato dal Signore, credere in quelle realtà che il Signore chiama ostacoli, non esiste alcun ostacolo.’; a quel monaco i monaci dovrebbero dire così: ‘Non parlare così, venerabile, non travisare il Signore, travisare il Signore non è affatto opportuno, e il Signore non ha così dichiarato; in molti eventi, venerabile, ci sono realtà che sono ostacoli chiamati dal Signore ostacoli, e nel seguirli c’è un vero e proprio ostacolo’. E se quel monaco, dopo che gli è stato detto così dai monaci, persiste come prima, deve essere ammonito dai monaci fino alla terza volta per abbandonare quella visione. Se, dopo essere stato ammonito fino alla terza volta, rinuncia, è un bene. Ma se non vi rinuncia, c’è una colpa da espiare.”
Dichiarare significa: “Nella misura in cui comprendo il Dhamma insegnato dal Signore… non esiste alcun ostacolo.”
Quel monaco significa: il monaco che parla in questo modo.
Dai monaci significa: dagli altri monaci, che vedono, che ascoltano; da questi dovrebbe essere detto: “Non parlare così, venerabile, un vero e proprio ostacolo.” E una seconda volta gli si dovrebbe dire… E una terza volta gli si dovrebbe dire… Se rinuncia, è bene. Se non rinuncia, c’è una colpa di cattiva condotta. Se, dopo aver ascoltato, non parla, c’è una colpa di cattiva condotta. A quel monaco, richiamato dal Sangha, si deve dire: “Non parlare, venerabile, in questo modo… un vero e proprio ostacolo.” E una seconda volta gli si dovrebbe dire… E una terza volta gli si dovrebbe dire. … Se rinuncia, è un bene; se non rinuncia, c’è una colpa di cattiva condotta.
Quel monaco deve essere ammonito. E così, monaci, dovrebbe essere ammonito: il Sangha dovrebbe essere informato da un monaco esperto e competente, che dica: “Venerabili signori, che il Sangha mi ascolti.” Al monaco tal dei tali è sorta una falsa visione, come questa: “Nella misura in cui comprendo il Dhamma … non esiste alcun ostacolo.” Egli non rinuncia a questa visione. Se al Sangha sembra giusto, il Sangha ammonisca il monaco tal dei tali affinché rinunci a questa visione. Questa è la mozione: ‘Signori, il Sangha mi ascolti: Al monaco tal dei tali è sorta questa falsa visione … Egli non rinuncia a questa visione. Il Sangha ammonisce il monaco tal dei tali affinché rinunci a questa visione. Se l’ammonizione del monaco tal dei tali affinché rinunci a questa visione è gradita ai venerabili, che tacciano; se non è gradita, allora devono parlare. E una seconda volta parlo di questa questione… E una terza volta parlo di questa questione. Venerabili, lasciate che il Sangha mi ascolti… poi parlate voi. Il monaco tal dei tali è stato ammonito dal Sangha per aver rinunciato a questa visione. Se è gradito al Sangha, che tacciano… così ho capito.’ Come risultato della mozione c’è una colpa di cattiva condotta; come risultato di due dichiarazioni ci sono colpe di cattiva condotta; alla fine delle dichiarazioni c’è una colpa da espiare.
Se pensa che sia un atto legalmente valido quando è un atto legalmente valido (e) non vi rinuncia, c’è una colpa da espiare. Se dubita che sia un atto legalmente valido… Se pensa che non sia un atto legalmente valido quando è un atto legalmente valido (e) non vi rinuncia, c’è una colpa da espiare. Se pensa che si tratti di un atto legalmente valido quando non lo è, c’è una colpa di cattiva condotta. Se è in dubbio se non è un atto legalmente valido, c’è una colpa di cattiva condotta. Se pensa che non sia un atto legalmente valido quando non lo è, non c’è colpa.
Non c’è colpa se non viene ammonito, se rinuncia, se è pazzo, se è la prima colpa.
Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di I.B. Horner, The Book of the Discipline.
Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Pācittiya