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Np 15: Nisīdanasanthata – Una stuoia per sedersi

Storia
Un tempo il Buddha soggiornava a Sāvatthī nel boschetto di Jeta, nel monastero di Anāthapiṇḍika. Lì il Buddha si rivolse ai monaci: “Monaci, desidero fare un ritiro solitario per tre mesi. Nessuno deve farmi visita, tranne chi mi porta il cibo elemosinato.”
“Sì, venerabile signore.” – risposero i monaci, e nessuno gli fece visita tranne chi gli portava il cibo elemosinato.
Poco dopo il Sangha di Sāvatthī stipulò il seguente accordo: “Il Buddha desidera ritirarsi in solitudine per tre mesi. Nessuno deve fargli visita, tranne chi gli porta il cibo elemosinato. Chiunque lo faccia deve confessare una colpa che comporta la confessione.”
In quel momento il venerabile Upasena di Vaṅganta e i suoi seguaci si recarono dal Buddha, si inchinarono e si sedettero. Poiché è consuetudine dei Buddha salutare i monaci appena arrivati, il Buddha disse a Upasena: “Spero che tu stia bene, Upasena. Spero che non siate stanchi per il viaggio.”
“Stiamo bene, signore. Non siamo stanchi per il viaggio.”
Uno dei discepoli di Upasena era seduto non lontano dal Buddha e il Buddha gli disse: “Ti piacciono le vesti di stracci, monaco?”
“Non mi piacciono le vesti di stracci, signore.”
“Perché allora le indossi?”
“Le indossa il mio precettore e quindi lo faccio anch’io.”
E il Buddha disse a Upasena: “Upasena, i tuoi seguaci sono ispirati. Come li istruisci?”
“Quando qualcuno mi chiede l’ordinazione completa, gli dico questo: ‘Io vivo in solitudine, mangio solo cibo elemosinato e indosso vesti di stracci’. Se farai lo stesso, ti darò l’ordinazione completa’. Se è d’accordo, lo ordino. Altrimenti non lo ordino. E faccio lo stesso quando qualcuno mi chiede sostegno. È in questo modo che istruisco i miei seguaci.”
“Bene, Upasena, tu istruisci bene i tuoi seguaci. Ma conosci l’accordo stipulato dal Sangha a Sāvatthī?”
“No.”
“Il Sangha di Sāvatthī ha stipulato il seguente accordo: ‘Il Buddha desidera ritirarsi in solitudine per tre mesi. Nessuno deve fargli visita, tranne chi gli porta il cibo elemosinato. Chiunque lo faccia deve confessare una colpa che comporta la confessione.”
“Venerabile signore, che il Sangha di Sāvatthī sia conosciuto per questo accordo. Noi, tuttavia, non stabiliamo nuove regole, né eliminiamo quelle esistenti. Pratichiamo e intraprendiamo le regole di pratica così come sono.”
“Bene, Upasena. Non si devono stabilire nuove regole, né eliminare quelle esistenti. Bisogna praticare e seguire le regole di pratica così come sono.
E, Upasena, permetto a quei monaci che vivono in zone isolate, che mangiano solo cibo elemosinato e che indossano vesti di stracci, di venirmi a trovare ogni volta che lo desiderano.”
Upasena e i suoi seguaci si alzarono dai loro posti, si inchinarono, salutarono con profondo rispetto il Buddha e se ne andarono. Proprio in quel momento alcuni monaci si trovavano in quel luogo e pensavano: “Faremo confessare al venerabile Upasena una colpa che comporta la confessione.” E dissero a Upasena: “Upasena, conosci l’accordo del Sangha di Sāvatthī?”
“Il Buddha mi fece la stessa domanda e io risposi di no. Allora mi disse di cosa si trattava e io risposi: “Venerabile Signore, che il Sangha di Sāvatthī sia conosciuto per questo accordo. Noi, tuttavia, non stabiliamo nuove regole, né eliminiamo quelle esistenti. Pratichiamo e ci impegniamo a rispettare le regole di pratica così come sono. Inoltre, il Buddha ha permesso a quei monaci che vivono in zone isolate, che mangiano solo cibo elemosinato e che indossano vesti di stracci, di fargli visita ogni volta che lo desiderano.”
Quei monaci pensarono: “È vero quello che dice il venerabile Upasena.”
I monaci vennero a sapere che il Buddha aveva permesso a quei monaci che vivevano in zone isolate, che mangiavano solo cibo elemosinato e che indossavano vesti di stracci di fargli visita quando volevano. Desiderosi di vedere il Buddha, si liberarono delle loro vesti e intrapresero la pratica di rimanere in zone isolate, di mangiare solo cibo elemosinato e di indossare vesti di stracci.
Poco dopo, mentre il Buddha e passeggiava con alcuni monaci, vide qua e là delle vesti abbandonate. Chiese ai monaci: “A chi appartengono queste vesti dismesse?”
I monaci glielo dissero. Poco dopo diede un insegnamento e si rivolse ai monaci: “Allora, monaci, stabilirò una regola di pratica per le seguenti dieci ragioni: per il benessere del Sangha, per la serenità del Sangha, per controllare le persone cattive, per l’agio dei monaci ben istruiti, per il controllo delle corruzioni relative alla vita presente, per il controllo delle corruzioni relative alle vite future, per far nascere la fede in coloro che non ce l’hanno, per aumentare la fede di coloro che ce l’hanno, per la longevità del vero Dhamma e per sostenere la pratica. E, monaci, questa regola di pratica dovrebbe essere così recitata:

Giudizio finale
“Se un monaco si fa realizzare una stuoia, deve aggiungere un’apertura di una vecchia stuoia per renderla brutta. Se si fa realizzare una nuova stuoia senza aggiungere un’apertura di una vecchia stuoia, commette una colpa che comporta la rinuncia e la confessione.”

Definizioni
Stuoia:
un telo con un bordo.
Una coltre:
è fatta per stendere, non per tessere.
Si fa realizzare:
fare da sé o far fare.
Una vecchia veste:
anche indossata una volta.
Per renderla brutta deve aggiungere un’apertura:
per renderla robusta, ne ritaglia un pezzo circolare o rettangolare e lo aggiunge in un punto o lo dispone dopo averlo staccato.
Senza aggiungere un’apertura di una vecchia veste:
Se si realizza o si fa realizzare una nuova stuoia senza aggiungere un’apertura di una vecchia stuoia, si commette un atto di cattiva condotta per lo sforzo compiuto. Quando ottiene la stuoia, questa diventa soggetta a rinuncia.
La stuoia deve essere ceduta a un sangha, a un gruppo o a un individuo. “E, monaci, dovrebbe essere ceduta in questo modo:
“Venerabili, questa stuoia, che ho fatto realizzare senza aggiungere un’apertura di una vecchia stuoia, deve essere ceduta. La cedo al Sangha. … il Sangha dovrebbe dare… voi dovreste dare… Vi restituisco questa stuoia.”

Permutazioni
Se finisce ciò che ha iniziato da solo, commette una colpa che comporta la rinuncia e la confessione. Se fa finire ad altri ciò che ha iniziato da solo, commette una colpa che comporta la rinuncia e la confessione. Se finisce lui stesso ciò che è stato iniziato da altri, commette una colpa che comporta la rinuncia e la confessione. Se fa finire ad altri ciò che è stato iniziato da altri, commette una colpa che comporta la rinuncia e la confessione.
Se ne realizza o ne fa realizzare una per conto di un altro, commette una colpa di cattiva condotta.

Nessuna colpa
Non c’è colpa: se ne realizza una che aggiunge un’apertura di una vecchia stuoia; se non riesce a procurarsi un tale pezzo e ne realizza una che incorpora un pezzo più piccolo; se non riesce a procurarsi un tale pezzo più piccolo e ne realizza una senza; se prende ciò che è stato fatto da un altro e poi lo usa; se realizza un copriletto, una copertura per il pavimento, un paravento di stoffa, un materasso o un cuscino; se è pazzo; se è la prima colpa.
La regola di pratica sulle stuoie, la quinta, è terminata.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Bhikkhu Brahmali. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

Testo: Nissaggiya Pācittiya