Questo ho sentito. Una volta il Sublime soggiornava nella terra dei Vajjî, presso Ukkacelâ, sulla riva del Gange. Là egli si rivolse ai monaci: “Vi era una volta in Magadhâ, un bovaro di torbida intelligenza, che, nell’ultimo mese della stagione delle piogge, nell’autunno, senza aver esaminato le due rive, spinse la sua mandria nel fiume, verso la riva Suvidehâ. E quando i buoi furono giunti in mezzo al Gange, la corrente li travolse ed annegarono miseramente.
Così avviene di quegli asceti o bramani che non comprendono il mondo di qua e il mondo di là, non comprendono il regno della morte e quello del senza morte, non comprendono la temporaneità né l’eternità: chi vuole affidarsi all’arte del nuoto di costoro, a lui ciò riuscirà largamente di danno e dolore.
Vi era una volta in Magadhâ, un bovaro di lucida intelligenza, che nell’ultimo mese della stagione delle piogge, nell’autunno, dopo accurato esame delle due rive, spinse la sua mandria in un giusto guado, verso la riva Suvidehâ. Prima egli spinse dentro i tori, i padri della mandria; questi attraversarono la corrente del Gange e giunsero salvi all’altra riva. Quindi egli spinse dentro le vacche ed i buoi forti, poi i giovenchi e le giovenche, e poi i deboli vitelli, e tutti giunsero salvi all’altra riva. Infine vi era ancora là un tenero vitellino appena nato, tolto tra i muggiti alla madre, ed anche questo attraversò la corrente del Gange e giunse in salvo all’altra riva.
Così avviene di quegli asceti o bramani che comprendono il mondo di qua e il mondo di là, comprendono il regno della morte e quello del senza morte, comprendono la temporaneità e l’eternità: chi vuole affidarsi all’arte del nuoto di costoro, a lui ciò riuscirà largamente di bene, di salute. Ora, così come quei tori attraversarono la corrente e giunsero salvi all’altra riva: così anche quei monaci che sono santi, uomini estinti, giunti alla meta, che hanno operato l’opera, si sono scaricati del peso, hanno raggiunto lo scopo, distrutto i vincoli dell’esistenza, si sono redenti in perfetta sapienza, questi hanno attraversato la corrente della natura e sono giunti salvi all’altra riva.
Come quelle vacche e buoi forti, così anche quei monaci che con l’annientamento dei cinque vincoli ascendono in alto per poi di là estinguersi, non più tornare in questo mondo, anche essi attraverseranno la corrente della natura e giungeranno salvi all’altra riva.
Come quei giovenchi e quelle giovenche, così pure quei monaci che hanno spezzato i tre vincoli, che si sono scaricati di brama, avversione ed errore, già quasi purificati, che ritornano una sola volta e poi mettono fine al dolore, anche essi attraverseranno la corrente della natura e giungeranno salvi all’altra riva.
Come quei deboli vitelli, così pure quei monaci che, dopo l’annientamento dei tre vincoli, sono divenuti uditori del messaggio, sono sfuggiti al danno e, consci dello scopo, si affrettano verso il pieno risveglio, anche quelli attraverseranno la corrente della natura e giungeranno salvi all’altra riva.
Come quel tenero vitellino appena nato, così pure quei monaci che sono inclini alla verità, anche questi attraverseranno la corrente della natura e giungeranno salvi all’altra riva.
Io però, monaci, comprendo il mondo di qua e comprendo il mondo di là, comprendo il regno della morte e comprendo il regno senza morte, comprendo la temporaneità e comprendo l’eternità. E quelli che vogliono affidarsi alla mia arte del nuoto, ad essi ciò riuscirà largamente di bene, di salute.”
Questo disse il Sublime. Il Benvenuto, il Maestro aggiunse ancora questi versi:
Il mondo di qua e di là
Chiaramente il Savio svelò:
Mostrò di natura le leggi,
E d’ogni dolore la fine.
Egli vide con occhio svegliato
Il giro di tutta la vita,
E schiuse sicura una porta
All’eterna pace beata.
Così la corrente di morte
Fu vinta, guadata, passata.
Or monaci, siate sereni;
La via è raggiunta sicura.
Riscrittura a partire dall’italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli ed Enrico Federici.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Testo: Majjhima Nikaya