Questo ho sentito. Una volta il Sublime dimorava presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel parco di Anâthapindiko. Là il Sublime si rivolse ai monaci: “Qualsiasi timori sorgano, monaci, essi sorgono dallo stolto, non dal savio. Lo stesso dicasi delle paure e dei pericoli. Così come il fuoco, scoppiato da un tetto di canne o di paglia, divampa ed incendia stanze, pareti, soffitti, porte e finestre, così pure timori, paure e pericoli sorgono tutti dallo stolto e non dal savio. Perciò dunque monaci: ‘Savi vogliamo essere, e meditativi’; così voi monaci avete da esercitarvi. Dopo queste parole l’on. Ânando disse al Sublime: “Quando, Signore, un monaco può essere propriamente detto savio e meditativo?”
“Quando un monaco è pratico degli elementi, delle sedi, dell’origine da cause e del possibile ed impossibile, egli può essere propriamente detto savio e meditativo.”
“Quando un monaco può essere detto pratico degli elementi?”
“Ci sono diciotto elementi, Ânando: quelli della vista, della forma, della coscienza visiva; quelli dell’udito, del suono, della coscienza uditiva; quelli dell’odorato, dell’odore, della coscienza olfattiva; quelli del gusto, del sapore, della coscienza gustativa; quelli del tatto, del contatto, della coscienza tattile; quelli della mente, della cosa, della coscienza mentale. Quando egli li conosce e discerne, un monaco può essere detto pratico degli elementi.”
“Vi è anche un altro modo per cui un monaco possa essere detto pratico degli elementi?”
“V’è, Ânando. Vi sono sei elementi: terra, acqua, aria, fuoco, spazio e coscienza. Quando egli li conosce e discerne, un monaco può essere detto pratico degli elementi.”
“Vi è anche un altro modo per cui un monaco possa essere detto pratico degli elementi?”
“V’è, Ânando. Vi sono sei elementi: piacere, dolore, soddisfazione, afflizione, indifferenza e ignoranza. Quando egli li conosce e discerne, un monaco può essere detto pratico degli elementi.”
“Vi è anche un altro modo per cui un monaco possa essere detto pratico degli elementi?”
“V’è, Ânando. Vi sono sei elementi: desiderio, rinunzia, malevolenza, benevolenza, impazienza, pazienza. Quando egli li conosce e discerne, un monaco può essere detto pratico degli elementi.”
“Vi è anche un altro modo per cui un monaco possa essere detto pratico degli elementi?”
“V’è, Ânando. Vi sono tre elementi: sessuale, formale, informe. Quando egli li conosce e discerne, un monaco può essere detto pratico degli elementi.”
“Vi è anche un altro modo per cui un monaco possa essere detto pratico degli elementi?”
“V’è, Ânando. Vi sono due elementi: condizionato e incondizionato. Quando egli li conosce e discerne, un monaco può essere detto pratico degli elementi.”
“Quando un monaco può essere detto pratico delle sedi?”
“Sei sono le sedi interne ed esterne: l’occhio e le forme, l’orecchio e i suoni, il naso e gli odori, la lingua e i sapori, il corpo e i contatti, la mente e le cose. Quando egli li conosce e discerne, un monaco può essere detto pratico delle sedi.”
“Quando un monaco può essere detto pratico dell’origine da cause?”
“Ecco, Ânando, un monaco riconosce: ‘Se quello è, questo ne viene: per l’origine di quello ha origine questo; se quello non è, questo non ne viene: per la fine di quello finisce questo. Ossia: per l’ignoranza hanno origine le concezioni, per le concezioni la coscienza, per la coscienza il nome e la forma, per nome e forma la sestupla sede, per la sestuple sede, il contatto, per il contatto le sensazioni, per le sensazioni la sete, per la sete l’attaccamento, per l’attaccamento l’essere, per l’essere la nascita, e per la nascita hanno origine vecchiaia e morte, affanni, guai, dolore, tristezza e disperazione: tale è l’origine di tutto questo tronco di dolore. Con la fine, senza avanzo e senza moto, dell’ignoranza finiscono le concezioni, la coscienza, nome e forma, la sestupla sede, il contatto, le sensazioni, la sete, l’attaccamento, l’essere, la nascita, vecchiaia e morte, affanni, guai, dolore, tristezza e disperazione: tale è la fine di tutto questo tronco di dolore’. Per questo un monaco può essere detto pratico dell’origine da cause.”
“Quando un monaco può essere detto pratico del possibile ed impossibile?”
“Ecco, Ânando, un monaco comprende: ‘È impossibile che un individuo dotato di discernimento ritenga persistente una qualche concezione. È possibile però che l’uomo comune la ritenga tale’. ‘È impossibile che un individuo dotato di discernimento ritenga piacevole una qualche concezione, e propria una qualche cosa. Ma è possibile che l’uomo comune le ritenga tali’.
Egli comprende: ‘È impossibile che un individuo dotato di discernimento uccida la madre, il padre o un santo, o faccia con malanimo versare il sangue d’un Compiuto. Ma è possibile che l’uomo comune lo faccia’.
Egli comprende: ‘È impossibile che un individuo dotato di discernimento produca uno scisma nell’Ordine o indichi un altro Maestro, ma è possibile che lo faccia un uomo comune; è impossibile che in un singolo universo sorgano due santi, perfetti Svegliati, o due re universali, ma è possibile che ne sorga uno solo. È impossibile che una donna assurga allo stato di santo, perfetto Svegliato, o di re universale; che una donna conquisti il cielo, la natura, l’universo, ma è possibile che lo faccia un uomo. È impossibile che da cattiva condotta in opere, parole, pensieri, derivi un desiderato piacevole risultato; che da buona condotta in opere, parole, pensieri, derivi un non desiderato spiacevole risultato; che chi ha seguito cattiva condotta in opere, parole, pensieri, per questa causa, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, risorga su buon sentiero, in mondo celeste; che chi ha seguito buona condotta in opere, parole, pensieri, per questa causa, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, risorga male, su cattivo sentiero, in patimento, all’inferno; ma è possibile il contrario’. Questo egli comprende per esser detto pratico del possibile e dell’impossibile.”
Dopo queste parole l’on. Ânando disse: “Stupendo, mirabile, Signore! Che nome deve portare questa esposizione della dottrina?”
“Orbene, Ânando, riportala col titolo di ‘Molti elementi’, o ‘Quadrupla serie’, o ‘Specchio della dottrina, o ‘Tamburo dell’immortalità’, o riportala Quando il ‘Supremo trionfo della battaglia’. “
Questo disse il Sublime. Contento l’onorevole Ânando approvò le sue parole.
Riscrittura a partire dall’italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli ed Enrico Federici.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Testo: Majjhima Nikaya