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Kv 2.9: Anupubbābhisamayakathā – Su un determinato progresso nella visione

Punto controverso: La visione si acquisisce in ordine frammentario.

Commentario: Considerando in maniera superficiale tali Sutta come:
“A poco a poco, uno per uno, come passano 
gli istanti, gradualmente lasciate che i saggi, ecc.”,
gli Andhaka, i Sabbatthivadin, i Sammitiya e i Bhadrayanika hanno acquisito l’opinione che, realizzando i Quattro Sentieri, le corruzioni siano state abbandonate da tante parti quante sono state le Quattro Verità acquisite.

Theravāda: Se affermate che c’è una precisa gradualità nella visione, dovete anche affermare che il primo Sentiero (sotapanna) si sviluppa gradualmente. Se rifiutate, la vostra prima affermazione cade. Se acconsentite, dovete anche ammettere la graduale realizzazione del frutto di quel Sentiero. Ma non potete. Lo stesso vale per la realizzazione del secondo, terzo e quarto frutto.
Ma ditemi di più di questa acquisizione graduale: quando una persona lavora per poter realizzare il frutto del sotapanna (colui-che-è-entrato-nella-corrente), e ottiene la visione profonda della prima Verità, cioè la verità della sofferenza, cosa abbandona?

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Abbandona la teoria dell’anima, il dubbio, la contaminazione della mera regola e del rituale e a una quarta parte delle corruzioni che vi sono legate.

Theravāda: Questa quarta parte: sostenete che in questo modo egli diventa per un quarto un sotapanna e per un quarto no? Un quarto di lui ha forse conquistato, raggiunto, ottenuto, realizzato il Frutto? Un quarto di lui rimane in contatto personale con esso e un quarto no? Un quarto di lui ottiene solo altre sette rinascite, rinascite solo tra i deva e gli esseri umani, o solo un’altra rinascita? Un quarto di lui è dotato di fede implicita nel Buddha, nel Dhamma, nel Sangha? Un quarto di lui è dotato di virtù care agli ariani e un quarto no? Voi lo negate, eppure ciò deriva dalla vostra affermazione.
Inoltre, quando ottiene la visione profonda della seconda, terza e quarta Verità, ossia l’origine della sofferenza, la sua cessazione e il sentiero che conduce alla sua cessazione, cosa abbandona? Le stesse cose, dite voi? Allora vale la stessa obiezione. O cosa abbandona una persona che opera per realizzare il frutto degli altri tre Sentieri?

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Egli abbandona rispettivamente
1) la massa dei desideri sensoriali, la forte cattiva volontà e un quarto delle corruzioni ad essi legate;
2) il residuo dei desideri sensoriali e della cattiva volontà, e un quarto delle corruzioni ad essi legate; 
3) la brama di vivere in uno dei mondi celesti, la presunzione, la negligenza, l’ignoranza e un quarto delle corruzioni che ne derivano.

Theravāda: Allora vale la stessa obiezione: bisogna dire se, per esempio, è per un quarto arahant, per un quarto non lo è, e così via.
Quando una persona che sta praticando per realizzare il frutto di un sotapanna comincia a comprendere la verità della sofferenza, lo chiamereste “praticante”?

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Sì.

Theravāda: Quando l’ha compresa, la definireste “stabilita nel frutto”? No, rispondete, ma perché no? Inoltre, nel caso delle altre tre Verità, perché no?
Inoltre, sostenete che una persona del genere, quando comprende il primo Sentiero, possa essere chiamata praticante, e sostenete che, quando ha compreso quel Sentiero, sia chiamata “stabilita nel frutto”. Tuttavia, non sostenete che una persona che, quando comprende la verità della sofferenza, possa essere chiamata praticante, possa, quando ha compreso la verità della sofferenza, essere chiamata “stabilita nel frutto” – perché no? Inoltre, sostenete che una tale persona, quando comprende il primo Sentiero, possa essere chiamata praticante e, quando ha compreso la verità della sofferenza possa essere chiamata “stabilita nel frutto”. Tuttavia, non ammettete che una persona che, quando comprende l’origine o la cessazione della sofferenza, possa essere chiamata praticante, possa, quando ha compreso una di queste Verità, essere chiamata “stabilita nel frutto”: perché no?
Inoltre, sostenete che una tale persona, quando sta per comprendere la verità della sofferenza, possa essere chiamata praticante, mentre rifiutate, quando ha compreso la verità, di chiamarla “stabilita nel frutto” (come prima). Allora dovete sostenere, e rifiutare allo stesso modo, se sostituiamo qualsiasi altra delle Quattro Verità, ma su questo non siete d’accordo. In riferimento alla vostra affermazione: vi costringete ad ammettere che la visione profonda della sofferenza, o dell’origine, o della cessazione della sofferenza, non ha alcun valore.

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Affermate dunque che, una volta compresa la prima Verità, cioè la verità della sofferenza e la sua natura, si comprendono le Quattro Verità?

Theravāda: Sì.

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Allora dovete anche ammettere che la prima verità equivale alle quattro verità.

Theravāda: Ah, no! Per voi come per noi se l’aggregato materiale (khandha) è considerato impermanente, tutti e cinque lo sono. Eppure non direste che l’aggregato materiale equivale a tutti gli altri. Una tesi simile può essere applicata al dodicesimo campo dei sensi e alle ventidue “facoltà”.
Se credete che il frutto del Primo Sentiero si realizzi attraverso la visione profonda considerata come divisa in tante porzioni integrali, per esempio le Quattro Visioni Profonde, le Otto, Dodici, Quarantaquattro, Settantasette Visioni Profonde, allora dovete ammettere un numero corrispondente di Frutti del Primo Sentiero, cosa che ovviamente non fate.

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Voi dite che la nostra affermazione che c’è una sequenza graduale nella visione è sbagliata. Ma non è stato detto dall’Eccelso che: “Anche, monaci, come l’oceano degrada gradualmente, si inclina gradualmente, ha avvallamenti graduali, senza improvvisi precipizi, allo stesso modo, in questa Dottrina e Disciplina, c’è una pratica graduale, una realizzazione graduale, una formazione graduale, ma non c’è un improvviso discernimento della gnosi”?
Inoltre, non è stato detto dall’Eccelso che:
“A poco a poco, uno per uno, mentre passano gli istanti, 
gradualmente il saggio, come un fabbro, 
elimina le imperfezioni dell’argento, 
soffia via i granelli che rovinano la sua purezza”?

Theravāda: È così. Ma il venerabile Gavampati non si rivolse ai monaci in questo modo?
“Venerabili, ho sentito questo dall’Eccelso e l’ho appreso dalle sue labbra: monaci, chi comprende la verità della sofferenza, ne comprende anche l’origine, la cessazione e il sentiero che conduce alla sua cessazione. Chi comprende la verità della sofferenza, comprende anche la sofferenza stessa, la sua cessazione e il sentiero che conduce alla sua cessazione. Chi comprende la cessazione della sofferenza, comprende anche la sofferenza stessa, la sua origine e il sentiero che conduce alla sua cessazione. Chi comprende il sentiero comprende anche la sofferenza, ne comprende l’origine e ne comprende la cessazione”? Inoltre, non è stato detto dall’Eccelso che:
“Per colui, ogni volta che la visione profonda si realizza, 
egli rinuncia per sempre a tre cose: 
la convinzione che in lui 
dimori un’anima e il dubbio.
Tre cose come fossero già passate 
sono abbandonate per sempre: 
la convinzione che in lui dimori un’anima e il dubbio.
E la fede nelle regole e nei rituali, 
se qualcosa rimane.
Entrambe le cose sono liberate 
dal quadruplice destino e 
non deve più compiere le sei azioni caduche”?
Inoltre, non è stato detto dall’Eccelso che:
“Ogni volta che, monaci, per il discepolo ariano sorge l’occhio inossidabile e puro della Dottrina – che tutto ciò che per sua natura può accadere, per sua natura può cessare – allora con l’avvento di quella visione egli elimina queste tre pastoie: la fede in un’anima, il dubbio e il contagio della mera regola e del rituale”?

The Points of Controversy, traduzione in inglese dalla versione pâli del Kathāvatthu dell’Abhidamma di Shwe Zan Aung e C.A.F. Rhys Davids
Pubblicata per la prima volta dalla Pali Text Society, 1915. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

Punto controverso: La visione si acquisisce in ordine frammentario.

Commentario: Considerando in maniera superficiale tali Sutta come:
“A poco a poco, uno per uno, come passano 
gli istanti, gradualmente lasciate che i saggi, ecc.”,
gli Andhaka, i Sabbatthivadin, i Sammitiya e i Bhadrayanika hanno acquisito l’opinione che, realizzando i Quattro Sentieri, le corruzioni siano state abbandonate da tante parti quante sono state le Quattro Verità acquisite.

Theravāda: Se affermate che c’è una precisa gradualità nella visione, dovete anche affermare che il primo Sentiero (sotapanna) si sviluppa gradualmente. Se rifiutate, la vostra prima affermazione cade. Se acconsentite, dovete anche ammettere la graduale realizzazione del frutto di quel Sentiero. Ma non potete. Lo stesso vale per la realizzazione del secondo, terzo e quarto frutto.
Ma ditemi di più di questa acquisizione graduale: quando una persona lavora per poter realizzare il frutto del sotapanna (colui-che-è-entrato-nella-corrente), e ottiene la visione profonda della prima Verità, cioè la verità della sofferenza, cosa abbandona?

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Abbandona la teoria dell’anima, il dubbio, la contaminazione della mera regola e del rituale e a una quarta parte delle corruzioni che vi sono legate.

Theravāda: Questa quarta parte: sostenete che in questo modo egli diventa per un quarto un sotapanna e per un quarto no? Un quarto di lui ha forse conquistato, raggiunto, ottenuto, realizzato il Frutto? Un quarto di lui rimane in contatto personale con esso e un quarto no? Un quarto di lui ottiene solo altre sette rinascite, rinascite solo tra i deva e gli esseri umani, o solo un’altra rinascita? Un quarto di lui è dotato di fede implicita nel Buddha, nel Dhamma, nel Sangha? Un quarto di lui è dotato di virtù care agli ariani e un quarto no? Voi lo negate, eppure ciò deriva dalla vostra affermazione.
Inoltre, quando ottiene la visione profonda della seconda, terza e quarta Verità, ossia l’origine della sofferenza, la sua cessazione e il sentiero che conduce alla sua cessazione, cosa abbandona? Le stesse cose, dite voi? Allora vale la stessa obiezione. O cosa abbandona una persona che opera per realizzare il frutto degli altri tre Sentieri?

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Egli abbandona rispettivamente
1) la massa dei desideri sensoriali, la forte cattiva volontà e un quarto delle corruzioni ad essi legate;
2) il residuo dei desideri sensoriali e della cattiva volontà, e un quarto delle corruzioni ad essi legate; 
3) la brama di vivere in uno dei mondi celesti, la presunzione, la negligenza, l’ignoranza e un quarto delle corruzioni che ne derivano.

Theravāda: Allora vale la stessa obiezione: bisogna dire se, per esempio, è per un quarto arahant, per un quarto non lo è, e così via.
Quando una persona che sta praticando per realizzare il frutto di un sotapanna comincia a comprendere la verità della sofferenza, lo chiamereste “praticante”?

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Sì.

Theravāda: Quando l’ha compresa, la definireste “stabilita nel frutto”? No, rispondete, ma perché no? Inoltre, nel caso delle altre tre Verità, perché no?
Inoltre, sostenete che una persona del genere, quando comprende il primo Sentiero, possa essere chiamata praticante, e sostenete che, quando ha compreso quel Sentiero, sia chiamata “stabilita nel frutto”. Tuttavia, non sostenete che una persona che, quando comprende la verità della sofferenza, possa essere chiamata praticante, possa, quando ha compreso la verità della sofferenza, essere chiamata “stabilita nel frutto” – perché no? Inoltre, sostenete che una tale persona, quando comprende il primo Sentiero, possa essere chiamata praticante e, quando ha compreso la verità della sofferenza possa essere chiamata “stabilita nel frutto”. Tuttavia, non ammettete che una persona che, quando comprende l’origine o la cessazione della sofferenza, possa essere chiamata praticante, possa, quando ha compreso una di queste Verità, essere chiamata “stabilita nel frutto”: perché no?
Inoltre, sostenete che una tale persona, quando sta per comprendere la verità della sofferenza, possa essere chiamata praticante, mentre rifiutate, quando ha compreso la verità, di chiamarla “stabilita nel frutto” (come prima). Allora dovete sostenere, e rifiutare allo stesso modo, se sostituiamo qualsiasi altra delle Quattro Verità, ma su questo non siete d’accordo. In riferimento alla vostra affermazione: vi costringete ad ammettere che la visione profonda della sofferenza, o dell’origine, o della cessazione della sofferenza, non ha alcun valore.

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Affermate dunque che, una volta compresa la prima Verità, cioè la verità della sofferenza e la sua natura, si comprendono le Quattro Verità?

Theravāda: Sì.

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Allora dovete anche ammettere che la prima verità equivale alle quattro verità.

Theravāda: Ah, no! Per voi come per noi se l’aggregato materiale (khandha) è considerato impermanente, tutti e cinque lo sono. Eppure non direste che l’aggregato materiale equivale a tutti gli altri. Una tesi simile può essere applicata al dodicesimo campo dei sensi e alle ventidue “facoltà”.
Se credete che il frutto del Primo Sentiero si realizzi attraverso la visione profonda considerata come divisa in tante porzioni integrali, per esempio le Quattro Visioni Profonde, le Otto, Dodici, Quarantaquattro, Settantasette Visioni Profonde, allora dovete ammettere un numero corrispondente di Frutti del Primo Sentiero, cosa che ovviamente non fate.

Andhaka, Sabbatthivāda, Sammitiya, Bhadrayānika: Voi dite che la nostra affermazione che c’è una sequenza graduale nella visione è sbagliata. Ma non è stato detto dall’Eccelso che: “Anche, monaci, come l’oceano degrada gradualmente, si inclina gradualmente, ha avvallamenti graduali, senza improvvisi precipizi, allo stesso modo, in questa Dottrina e Disciplina, c’è una pratica graduale, una realizzazione graduale, una formazione graduale, ma non c’è un improvviso discernimento della gnosi”?
Inoltre, non è stato detto dall’Eccelso che:
“A poco a poco, uno per uno, mentre passano gli istanti, 
gradualmente il saggio, come un fabbro, 
elimina le imperfezioni dell’argento, 
soffia via i granelli che rovinano la sua purezza”?

Theravāda: È così. Ma il venerabile Gavampati non si rivolse ai monaci in questo modo?
“Venerabili, ho sentito questo dall’Eccelso e l’ho appreso dalle sue labbra: monaci, chi comprende la verità della sofferenza, ne comprende anche l’origine, la cessazione e il sentiero che conduce alla sua cessazione. Chi comprende la verità della sofferenza, comprende anche la sofferenza stessa, la sua cessazione e il sentiero che conduce alla sua cessazione. Chi comprende la cessazione della sofferenza, comprende anche la sofferenza stessa, la sua origine e il sentiero che conduce alla sua cessazione. Chi comprende il sentiero comprende anche la sofferenza, ne comprende l’origine e ne comprende la cessazione”? Inoltre, non è stato detto dall’Eccelso che:
“Per colui, ogni volta che la visione profonda si realizza, 
egli rinuncia per sempre a tre cose: 
la convinzione che in lui 
dimori un’anima e il dubbio.
Tre cose come fossero già passate 
sono abbandonate per sempre: 
la convinzione che in lui dimori un’anima e il dubbio.
E la fede nelle regole e nei rituali, 
se qualcosa rimane.
Entrambe le cose sono liberate 
dal quadruplice destino e 
non deve più compiere le sei azioni caduche”?
Inoltre, non è stato detto dall’Eccelso che:
“Ogni volta che, monaci, per il discepolo ariano sorge l’occhio inossidabile e puro della Dottrina – che tutto ciò che per sua natura può accadere, per sua natura può cessare – allora con l’avvento di quella visione egli elimina queste tre pastoie: la fede in un’anima, il dubbio e il contagio della mera regola e del rituale”?

The Points of Controversy, traduzione in inglese dalla versione pâli del Kathāvatthu dell’Abhidamma di Shwe Zan Aung e C.A.F. Rhys Davids. Pubblicato per la prima volta dalla Pali Text Society, 1915. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoKathavatthu