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Kv 15.9: Tatiyasaññāvedayitakathā – Sull’estasi (iii)

Punto controverso: Una persona può morire mentre è in estasi.

Commentario: I Rajagirika e altri sostengono che, poiché la vita è così incerta, anche chi ha raggiunto l’estasi nei Jhana può morire, non meno di chiunque altro. L’argomento dimostra che c’è un tempo per morire e per non morire. 

Theravāda: Dovete allora ammettere che, mentre si trova in quello stato, ha tutti i sintomi mentali che denotano la morte, cioè il contatto mentale, la sensazione, la percezione, la formazione mentale, la coscienza. Ma siete d’accordo che tutti i sintomi mentali morenti sono assenti. Di conseguenza, la vostra tesi decade.
Concorderete inoltre con questo: non solo che per una persona in estasi tutta la vita mentale è in sospeso, ma anche che la morte è accompagnata da sintomi di contatto, emotivi, volitivi e cognitivi.
Inoltre, il veleno, le armi o il fuoco possono colpire il corpo di una persona in estasi? Voi lo negate. Affermate, al contrario, che queste cause di morte non possono colpirlo. Allora, potete sostenere la vostra tesi?
Avete appena sostenuto che il veleno, le armi o il fuoco possono colpire il suo corpo? Allora la sua realizzazione non è autentica? … .

Rājagirika: Ma opponendosi alla nostra tesi, voi implicate che deve esistere un principio di certezza (o di uniformità) in base al quale si ha la certezza di non morire mentre si è in estasi. Se affermate che tale certezza non esiste, la vostra tesi non può essere accettata.

Theravāda: Ma chi sta godendo della coscienza visiva non sta morendo, anche se non c’è un principio uniforme di certezza con cui gli si assicura di non morire. Perciò affermiamo lo stesso di chi è in estasi.

The Points of Controversy, traduzione in inglese dalla versione pâli del Kathāvatthu dell’Abhidhamma di Shwe Zan Aung e C.A.F. Rhys Davids. Pubblicato per la prima volta dalla Pali Text Society, 1915. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoKathavatthu