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Kv 11.6: Samādhikathā – Sulla concentrazione

Punto controverso: La continuità della coscienza è la concentrazione della mente (samādhi).

Commentario: Alcuni, come i Sabbatthivada e gli Uttarapathaka, ritengono che, a causa dell’affermazione “trascorrere sette giorni e sette notti immobili, in silenzio, nell’esperienza della beatitudine assoluta”, il flusso di coscienza stesso possa costituire concentrazione. Non considerano quest’ultimo termine come una raccolta di pensieri, anche quando il coefficiente di intenzionalità individualizzante (ekaggata) è sorto in un’unità momentanea di coscienza.

Theravāda: La vostra affermazione deve ovviamente includere nella serie gli stati di coscienza passati e futuri. Avete dimenticato questo, e dovete convenire che, essendo il passato cessato e il futuro non nato, non è corretto dire che essi formano uno stato mentale di concentrazione presente.

Sabbatthivāda, Uttarāpathaka: Allora la concentrazione è limitata a un’unità cosciente momentanea?

Theravāda: Sì.

Sabbatthivāda, Uttarāpathaka: Ma se poteste affermare che la concentrazione è coinvolta in ogni unità momentanea di coscienza, dovreste dire non di meno che uno ha vinto l’estasi dei Jhāna in occasione di una qualsiasi cognizione sensoriale, o nel momento stesso in cui pensa pensieri immorali, accompagnati da brama, odio, ottusità, o una qualsiasi delle dieci corruzioni… .

Theravāda: Se la vostra tesi è vera, a maggior ragione deve essere vero che una serie di unità coscienti cattive è concentrazione, sia che sia accompagnata da brama, odio o da una qualsiasi delle dieci corruzioni. Questo lo negate… .

Sabbatthivāda, Uttarāpathaka: Ma se siamo in errore, l’Eccelso non ha forse detto: “Io, amico Jaina, sono in grado, senza muovere il corpo o usare la voce, di trascorrere sette notti e sette giorni nell’esperienza della beatitudine assoluta”?
Sicuramente il flusso di coscienza costituisce la concentrazione della mente.

The Points of Controversy, traduzione in inglese dalla versione pâli del Kathāvatthu dell’Abhidhamma di Shwe Zan Aung e C.A.F. Rhys Davids. Pubblicato per la prima volta dalla Pali Text Society, 1915. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoKathavatthu