“Quando ero
il vero figlio del re di Kāsi,
Mūgapakkha era il mio nome, (‘Muto e storpio’.)
mi chiamavano Temiya.
Nessuna delle sedicimila donne di corte
aveva dato alla luce un maschio.
Dopo molti giorni e notti
nacqui io, l’unico.
Per mio padre ero un caro figlio nato con difficoltà,
un portatore di luce di impeccabile lignaggio.
Tenendo un ombrello bianco sopra il mio letto,
mi ha cresciuto.
Dormendo su un bel letto,
poi mi sono svegliato,
vidi il pallido ombrello
con il quale sarei rinato negli inferi. (Secondo i Jataka, vedendo il padre infliggere
punizioni crudeli, si rese conto che l’ombrello dell’autorità reale significava che un
giorno avrebbe dovuto fare lo stesso e subirne le conseguenze.)
Alla vista dell’ombrello
un terribile timore sorse in me.
Giunsi alla decisione,
‘Come posso liberarmi da tutto questo?’
Un mio ex consanguineo,
un deva che desiderava aiutarmi,
vide la mia sofferenza
e mi ha imposto tre condizioni.
‘Non mostrare intelligenza,
sii come uno sciocco per tutte le creature,
lascia che tutti ti disprezzino,
così raggiungerai il tuo scopo.’
Quando ebbe parlato,
dissi quanto segue:
‘Eseguirò i tuoi ordini,
proprio come dici tu, deva.
Tu desideri aiutarmi, mamma (Era sua madre in una vita passata.)
desideri il mio benessere, deva.’
Dopo aver ascoltato le sue parole,
ero come un naufrago che raggiunge la riva.
Ero entusiasta, la mia mente era euforica,
e mi decisi per i tre fattori.
Divenni sordo e muto,
e storpio, incapace di camminare.
Basandomi su questi fattori,
ho vissuto per sedici anni.
Poi mi hanno sfregato mani e piedi,
la lingua e le orecchie,
e non vedendo alcun difetto in me,
mi denunciarono come ‘orecchio oscuro’. (Kāḷakaṇṇī è un termine strano che significa
‘sfortunato’. È anche il nome di una dea oscura contrapposta a Siri, dea della fortuna.
Questo potrebbe significare che aveva una dea oscura che gli sussurrava all’orecchio.)
A causa di ciò, l’intero Paese,
compresi generali e sacerdoti,
con un unico pensiero
esultarono quando fui messo da parte.
Quando ho saputo della loro decisione
ero entusiasta, la mia mente era euforica,
Avevo raggiunto il mio scopo
per il quale ho vissuto con fervore.’
Bagnato e oliato (Per intercessione della regina,
gli fu concessa la regalità cerimoniale per sette giorni.)
con il turbante indossato,
unto, reggevano l’ombrello
mentre mi facevano sfilare per la città.
Dopo il settimo giorno con l’ombrello in mano,
quando il sole era sorto,
fui portato via in un carro,
finché l’auriga non giunse in una foresta.
Lasciando il carro all’aperto,
il cavallo a briglie sciolte,
l’auriga scavò una fossa
per seppellirmi nella terra.
Avevo paura per i molti e
diversi intenti che avevo,
così non ho infranto il mio scopo,
perché era solo per il risveglio.
Non provavo avversione per i miei genitori,
né per me stesso.
Ma poiché l’onniscienza è preziosa per me,
ho rispettato il mio voto.
Realizzando i tre fattori,
ho vissuto per sedici anni.
Nessuno può eguagliare la mia volontà:
questa è la mia perfezione della determinazione.”
Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Bhikkhu Sujato, The Conduct Leading to Buddhahood.
Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Cariyapitaka