Lì Sāriputta si rivolse ai monaci: “Venerabili, monaci!”
“Venerabile.” – risposero. Sāriputta così disse:
“Un monaco vive la vita in modo da non avere una buona morte. E in che modo vive la vita per non avere una buona morte?
Per esempio un monaco che ama il lavoro, le chiacchiere, il sonno, la compagnia, l’intimità e la proliferazione. Ama queste cose e gli piace assaporarle. Un monaco che vive la vita in questo modo non ha una buona morte. Costui è chiamato un monaco che gode della propria identità, che non ha rinunciato all’identità per porre fine alla sofferenza.
Un monaco vive la vita per avere una buona morte. E in che modo vive la vita per avere una buona morte?
Per esempio un monaco non ama il lavoro, le chiacchiere, il sonno, la compagnia, l’intimità e la proliferazione. Non ama queste cose e gli piace non assaporarle. Un monaco che vive la vita in questo modo ha una buona morte.
Costui è chiamato un monaco che gioisce nell’estinzione, che ha rinunciato all’identità per porre fine alla sofferenza.
Una bestia che ama proliferare,
che gode della proliferazione,
non riesce a vincere l’estinzione,
il santuario supremo.
Ma chi rinuncia alla proliferazione,
godendo dello stato di non proliferazione,
vince l’estinzione,
il santuario supremo.”