“Monaci, vi insegnerò la pratica adatta per estirpare tutte le idee. Ascoltate attentamente, vado a parlare …
“E qual è, monaci, la pratica adatta per estirpare tutte le idee? In questo caso, monaci, un monaco non concepisce l’occhio, non concepisce nell’occhio, non concepisce dall’occhio, non pensa: “L’occhio è mio.” Non concepisce le forme… la coscienza visiva… il contatto visivo… e ogni sensazione che sorge con il contatto visivo come condizione – sia essa piacevole, dolorosa o neutra – non la concepisce, non la concepisce in essa, non la concepisce da essa, non pensa: ‘Quella è mia.’
Non concepisce l’orecchio… non concepisce la mente… i fenomeni mentali… la coscienza mentale… il contatto mentale … e ogni sensazione che sorge con il contatto mentale come condizione… non la concepisce, non la concepisce in essa, non la concepisce da essa, non pensa: ’Quella è mia.’
Non concepisce il ‘tutto’, non concepisce nel ‘tutto’, non concepisce dal ‘tutto’, non pensa: ‘Il ‘tutto’ è mio’.
Poiché non concepisce nulla in questo modo, non ha attaccamento a nulla nel mondo. Senza attaccamento, non è inquieto. Non essendo inquieto, raggiunge il Nibbāna. Comprende: ‘La nascita è distrutta, la vita santa vissuta, lo scopo raggiunto. Non rimane altro da compiere in questo mondo.’
Questa, monaci, è la pratica adatta per estirpare tutte le idee.
Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di © Bhikkhu Bodhi, The Connected Discourses of the Buddha (Wisdom Publications, 2000). Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Samyutta Nikaya