Così ho sentito. Una volta monaco soggiornava fra i Kosala in un boschetto folto d’alberi. In quel tempo, dopo il suo pasto, ritornando dal suo giro di elemosine, si recò ad un stagno di loto ed annusò un loto rosso.
Allora il deva, abitante del boschetto folto d’alberi, compassionevole verso quel monaco, desideroso del suo bene, si avvicinò e gli indirizzò questi versi:
Tu annusi questo fiore nato nell’acqua
che non ti è stato dato.
Questo, caro signore è rubare.
Tu sei un ladro di profumi.
[Il monaco:]
Io non prendo, non danneggio.
Io annuso il loto
da lontano.
Quindi perché mi chiami
un ladro di profumi?
Colui che
distrugge gli steli,
danneggia i fiori,
con un comportamento vile:
a costui perché non glielo dici?
[Il deva:]
Una persona vile e ladra,
sporco come la veste di una balia:
a lui
non ho niente da dire.
È a te
che voglio parlare.
Ad una persona pura,
che cerca la purezza continuamente,
il valore di una punta di capello del male
sembra grande
come una nube.
[Il monaco:]
Sì, yakkha, tu mi capisci
e mi mostri comprensione.
Avvertimi di nuovo, yakkha
ogni qualvolta
vedi qualcosa di sbagliato.
[Il deva:]
Io non dipendo da te
per il mio vivere
né sono
ai tuoi comandi.
Tu, monaco
devi sapere
come raggiungere una felice condizione.
Il monaco, castigato dal deva ritornò in sé.
Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Thanissaro Bhikkhu. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Samyutta Nikaya