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SN 9.13: Pakatindraya Sutta – Schiavi dei sensi

1. Così ho sentito. Un tempo molti monaci vivevano in una zona della foresta nella regione del Kosala. Costoro erano arroganti, agitati, volgari, loquaci, disattenti, svagati, senza concentrazione, con la mente confusa e le facoltà senza controllo.

2. Un deva che viveva in quella zona della foresta, preso dalla compassione e volendo suscitare rimorso, si avvicinò a loro.

3. Avvicinatosi recitò questa stanza:

“Felice è stata la vita nei tempi passati,
per i discepoli di Gotama:
Non bramando, consumavano il cibo elemosinato,
Non bramando, (dimoravano) nelle loro dimore e nei loro giacigli.
L’impermanenza del mondo avevano compreso:
Conoscendo questa realtà, avevano posto fine alla sofferenza.
Adesso, volgari e malfattori,
come capivillaggio in un villaggio,
dopo aver mangiato e mangiato, si abbandonano al sonno,
desiderando le altrui cose.
Al Sangha con grande rispetto,
saluto qui alcuni monaci:
altri sono reietti, emarginati,
come i peta (spiriti famelici) nel loro regno.
A costoro che persistono nell’indolenza
è rivolto questo mio messaggio.
Ma a coloro che dimorano nella virtù
io rendo onore e rispetto.”

4. Quindi quei monaci così rimproverati dal deva presero consapevolezza delle loro azioni.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Bhikkhuni Uppalavanna. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

Testo: Samyutta Nikaya