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SN 35.247: Chappāṇakopama Sutta – La similitudine dei sei animali

“Monaci, supponiamo che un uomo con le membra ferite e incancrenite entrasse in un bosco di canne spinose, e che le spine di Kusa gli pungessero i piedi e le canne gli tagliassero le membra, recandogli dolore e sofferenza. Allo stesso modo, monaci, se un monaco, recatosi al villaggio o nella foresta, incontrasse qualcuno che lo rimproverasse in questo modo: ‘Questo venerabile, che agisce in questo modo, che si comporta in questo modo, è una brutta spina del villaggio’. Avendolo inteso così come una ‘spina’, si deve comprendere l’autocontrollo e la mancanza di autocontrollo.

E in che modo, monaci, c’è la mancanza di autocontrollo? In questo caso, avendo visto una forma con l’occhio, un monaco è attratto da una forma piacevole ed è repulsivo nei confronti di una forma sgradevole. Egli dimora senza aver stabilito la consapevolezza del corpo, con una mente limitata, e non comprende com’è in realtà la liberazione della mente, la liberazione mediante la saggezza, in cui quegli stati malvagi e non salutari cessano senza residui. Avendo sentito un suono con l’orecchio… Avendo conosciuto un fenomeno mentale con la mente, egli è attratto da un fenomeno mentale piacevole ed è repulsivo nei confronti di un fenomeno mentale sgradevole. Egli dimora senza aver stabilito la consapevolezza del corpo, con una mente limitata, e non comprende com’è in realtà la liberazione della mente, la liberazione mediante la saggezza, in cui quegli stati malvagi non salutari cessano senza residui.

Supponiamo, monaci, che un uomo catturasse sei animali – con diversi territori e diverse zone di nutrimento – e li legasse con una forte corda. Catturasse un serpente, un coccodrillo, un uccello, un cane, uno sciacallo e una scimmia, e li legasse ciascuno con una forte corda con un nodo ad un robusto palo o pilastro. E questi sei animali – con diversi territori e diverse zone di nutrimento – tirassero ognuno nella direzione del proprio terreno di nutrimento e del proprio territorio. Il serpente tirasse da una parte, pensando: ‘Devo entrare in un formicaio’. Il coccodrillo tirasse da un’altra parte, pensando: ‘Devo entrare in acqua’. L’uccello tirasse da un’altra parte, pensando: ‘Devo volare in cielo’. Il cane tirasse da un’altra parte, pensando: ‘Devo entrare in un villaggio’. Lo sciacallo tirasse da un’altra parte, pensando: ‘Devo entrare in un ossario”. La scimmia tirasse da un’altra parte, pensando: ‘Devo entrare in una foresta’.
Ora, quando questi sei animali si stancassero e si affaticassero, sarebbero dominati da quello più forte; sarebbero sottomessi ad esso e sarebbero sotto il suo controllo.

Allo stesso modo, monaci, quando un monaco non ha sviluppato e coltivato la consapevolezza del corpo, l’occhio tira nella direzione delle forme gradevoli e ripugna le forme sgradevoli; l’orecchio tira nella direzione dei suoni gradevoli e ripugna i suoni sgradevoli; il naso tira nella direzione degli odori gradevoli e ripugna gli odori sgradevoli; la lingua tira nella direzione dei sapori gradevoli e ripugna i sapori sgradevoli; il corpo tira nella direzione degli oggetti tattili gradevoli e ripugna gli oggetti tattili sgradevoli; la mente tira nella direzione dei fenomeni mentali gradevoli e ripugna i fenomeni mentali sgradevoli. In questo modo c’è la mancanza di autocontrollo.

E in che modo, monaci, c’è l’autocontrollo? In questo caso, avendo visto una forma con l’occhio, un monaco non è attratto da una forma piacevole e non ripugna una forma sgradevole. Egli dimora avendo stabilito la consapevolezza del corpo, con una mente illimitata, e comprende com’è in realtà la liberazione della mente, la liberazione mediante la saggezza, in cui quegli stati malvagi e non salutari cessano senza residui. Avendo sentito un suono con l’orecchio … Avendo conosciuto un fenomeno mentale con la mente, non è attratto da un fenomeno mentale piacevole e non ripugna un fenomeno mentale sgradevole. Egli dimora avendo stabilito la consapevolezza del corpo, con una mente illimitata, e comprende com’è in realtà la liberazione della mente, la liberazione mediante la saggezza, in cui quegli stati malvagi non salutari cessano senza residui. In questo modo c’è l’autocontrollo.

Supponiamo, monaci, che un uomo avesse catturato sei animali – con diversi territori e diverse zone di nutrimento – e li legasse con una forte corda. Catturasse un serpente, un coccodrillo, un uccello, un cane, uno sciacallo e una scimmia, e li legasse ciascuno con una forte corda. Fatto questo, legasse la corda con un nodo … (come prima) La scimmia tirasse da un’altra parte, pensando: ‘Devo entrare in una foresta’. Ora, quando questi sei animali si stancassero e si affaticassero, sarebbero dominati da quello più forte; sarebbero sottomessi ad esso e sarebbero sotto il suo controllo.

Allo stesso modo, monaci, quando un monaco ha sviluppato e coltivato la consapevolezza del corpo, l’occhio non tira nella direzione delle forme gradevoli né ripugna le forme sgradevoli; l’orecchio non tira nella direzione dei suoni gradevoli né ripugna i suoni sgradevoli; il naso non tira nella direzione degli odori gradevoli né ripugna gli odori sgradevoli; la lingua non tira nella direzione dei sapori gradevoli né ripugna i sapori sgradevoli; il corpo non tira nella direzione degli oggetti tattili gradevoli né ripugna gli oggetti tattili sgradevoli; la mente non tira nella direzione dei fenomeni mentali gradevoli né ripugna i fenomeni mentali sgradevoli. In questo modo c’è l’autocontrollo.

‘Un forte palo o pilastro’: indica la consapevolezza del corpo. Pertanto, monaci, dovete così esercitarvi: ‘Svilupperemo e coltiveremo la consapevolezza del corpo, ne faremo il nostro supporto, ne faremo la nostra base, la stabilizzeremo, ci eserciteremo in essa e la perfezioneremo totalmente’. Così dovete esercitarvi.”

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di © Bhikkhu Bodhi, The Connected Discourses of the Buddha (Wisdom Publications, 2000). Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoSamyutta Nikaya