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Pd 3: Tatiyapāṭidesanīya – Ricevere cibo da famiglie designate

… a Sāvatthī, nel boschetto di Jeta, nel monastero di Anāthapiṇḍika. A quel tempo c’era a Sāvatthī una famiglia che era felice, colma di fede, e con poche ricchezze; qualsiasi cibo solido o cibo tenero appartenente a quella famiglia prima di un pasto, veniva donato tutto ai monaci, a volte tutta la famiglia rimaneva senza cibo. La gente… criticava, dicendo: “Come possono invitare gli asceti, figli dei Sakya, che non conoscono la moderazione? Queste (persone), dopo aver dato a questi (monaci), a volte rimangono senza cibo.” I monaci udirono queste persone che… criticarono. Poi questi monaci raccontarono la vicenda al signore. Allora il Signore, in questa occasione, dopo aver fatto un discorso ragionato, si rivolse ai monaci dicendo: “Vi permetto, monaci, quando una famiglia è colma di fede, con poche ricchezze, di offrire a tale famiglia lo stesso trattamento dato ai discepoli con un atto (formale) seguito da una dichiarazione. E in questo modo, monaci, dovrebbe essere offerto: “Il Sangha deve essere informato da un monaco esperto e competente, che dica: “Venerabili, il Sangha mi ascolti. La tal famiglia è colma di fede e con poche ricchezze. Se al Sangha sembra giusto, che il Sangha dia il consenso ai discepoli di tale e tale famiglia. Questa è la mozione: “Venerabili, il Sangha mi ascolti. Tale e tale famiglia … poche ricchezze. Il Sangha dà il consenso ai discepoli di tale e tale famiglia. Se il consenso ai discepoli di tale e tale famiglia è gradita ai venerabili, che tacciano; se non è gradita, che parlino. Il consenso sui discepoli viene dato dal Sangha a tale e tale famiglia, ed è giusto… Così ho capito.” E così, monaci, si dovrebbe stabilire questa regola di pratica:
“Se in una famiglia con discepoli, un monaco accetta con le proprie mani cibo solido o cibo tenero tra tali famiglie, lo mangia o lo condivide, deve confessare la colpa, dicendo: “Sono incorso, venerabili, in una cosa biasimevole, sconveniente, che deve essere confessata; io la confesso.”
Così il Signore stabilì questa regola di pratica per i monaci.

In quel periodo si svolse una festa a Sāvatthī. La gente, dopo aver invitato i monaci, offrì loro del cibo. I monaci, essendo scrupolosi, non accettarono, pensando: “È proibito dal Signore, accettare tra le famiglie con discepoli cibo solido o cibo tenero con la propria mano, mangiarlo e condividerlo.” Queste persone li rimproverarono, li criticarono, dicendo: “Ma come mai, per il nostro modo di vivere, i venerabili non accettano nulla da noi?” I monaci ascoltarono queste persone che… raccontarono la vicenda al Signore. Allora il Signore, in questa occasione, a questo proposito, dopo aver fatto un discorso ragionato, si rivolse ai monaci dicendo:
“Vi permetto, monaci, quando siete invitati, dopo aver accettato tra le famiglie con discepoli cibo solido o cibo tenero con la vostra stessa mano, di mangiarlo, di condividerlo. E così, monaci, si dovrebbe stabilire questa regola di pratica:
“Se in una famiglia di discepoli, un monaco, non invitato in precedenza, mangia o condivide con le proprie mani del cibo, deve confessare la colpa dicendo: “Sono incorso, venerabili, in una colpa, in una mancanza che deve essere confessata; io la confesso.”
Così il Signore stabilì questa regola di pratica per i monaci.

In quel periodo un monaco frequentava una famiglia. Allora quel monaco, dopo essersi vestito al mattino, aver preso ciotola e mantello, si recò presso quella famiglia e, dopo essersi avvicinato, si sedette sul posto stabilito. In quel momento questo monaco si ammalò. Allora queste persone così dissero a questo monaco: “Mangia, onorato signore.” Allora quel monaco, pensando: “È proibito dal signore, non essendo invitato, accettare tra le famiglie con discepoli cibo solido o cibo tenero con la propria mano, di mangiarlo, di condividerlo.”, ed essendo scrupoloso, non accettò; non fu in grado di camminare per chiedere l’elemosina, e patì la fame. Allora quel monaco, recatosi al monastero, raccontò la vicenda ai monaci. I monaci raccontarono la vicenda al signore. Allora il signore, in questa occasione, a questo proposito, dopo aver fatto un discorso ragionato, si rivolse ai monaci dicendo:
“Vi permetto, monaci, quando un monaco è malato, avendo accettato tra le famiglie con discepoli cibo solido o cibo tenero con la propria mano, di mangiarlo, di condividerlo. E così, monaci, si dovrebbe stabilire questa regola di pratica:
“Se in una famiglia con discepoli, qualsiasi monaco, se non è stato invitato in precedenza (e) non è malato, accetta del cibo solido o del cibo tenero con la propria mano, e lo mangia o lo condivide, deve confessare la colpa dicendo: ‘Venerabili, sono incorso in una cosa biasimevole, sconveniente, che deve essere confessata; io la confesso.”

Se una famiglia con discepoli significa: una famiglia i cui membri seguono la stessa pratica dei discepoli, colma di fede, con poche ricchezze; per una tale famiglia il trattamento come discepoli viene dato con un atto (formale) seguito da una dichiarazione.
Tra le famiglie concordate come discepoli significa: tra le famiglie come queste concordate come discepoli.
Non invitato significa: non invitato né oggi né domani. Se è invitato mentre entra nel recinto della casa, significa non invitato.
Invitato significa: invitato per oggi o domani. Se è invitato non mentre sta entrando nel recinto della casa, significa invitato.
Non malato significa: è in grado di camminare per chiedere l’elemosina.
Malato significa: non è in grado di camminare per chiedere l’elemosina.
Cibo solido significa: preparare i cinque (tipi di) pasti, (cibo che può essere mangiato) durante una veglia notturna, durante i sette giorni, durante la vita, il resto significa cibo solido.
Cibo tenero significa: i cinque tipi di pasti: riso cotto, cibo fatto con farina, farina d’orzo, pesce, carne.
Se non è invitato, non è malato, (e) accetta, pensando: “mangerò, prenderò”, c’è una colpa di cattiva condotta. Per ogni boccone c’è una colpa da espiare.

Se pensa che siano dei discepoli quando sono dei discepoli, (e) non invitato, non malato, avendo accettato con la propria mano cibo solido o cibo tenero, lo mangia o lo condivide, c’è una colpa da espiare. Se è in dubbio sul fatto che essi siano accettati come discepoli… Se pensa che non siano accettati come discepoli quando invece sono accettati come discepoli… c’è una colpa da espiare. Se accetta per nutrirsi (cibo che può essere mangiato) durante un turno notturno, durante i sette giorni, durante la vita, c’è una colpa di cattiva condotta. Per ogni boccone c’è una colpa di cattiva condotta. Se si pensa che siano dei discepoli quando invece non lo sono, si commette una colpa di cattiva condotta. Se è in dubbio se non sono dei discepoli, c’è una colpa di cattiva condotta. Se pensa che non siano dei discepoli quando non sono dei discepoli, non c’è colpa.

Non c’è colpa se è invitato; se è malato; se mangia il resto (di un pasto) di un invitato o di un malato; se vi è del cibo elemosinato preparato per altri; se, dopo averlo preso dalla casa, lo offrono; se è un commensale abituale; se si tratta di (cibo) permesso; se si tratta di cibo (dato in) un giorno di luna crescente o calante, in un giorno di osservanza, nel giorno successivo a un giorno di osservanza; se, quando c’è un motivo, si offre (cibo che può essere mangiato) durante un turno di veglia notturna, durante sette giorni, durante la vita, e se ne fa uso; se è pazzo, se è la prima colpa.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di I.B. Horner, The Book of the Discipline. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoPāṭidesanīya