Questo ho sentito. Una volta il Sublime dimorava presso Râjagaham, nella selva di bambù, nel sito degli scoiattoli. Vacchagotto il pellegrino si recò là dove dimorava il Sublime, scambiò con lui cortese saluto, amichevoli e notevoli parole, si sedette accanto e disse: “Da lungo tempo sono un interlocutore del signore Gotamo. Sarebbe bene che Egli mi esponesse in breve il bene e il male.”
“Io ti posso esporre il bene e il male, in breve e per esteso, ma farò come vuoi, ascolta e fai bene attenzione.”
“Si, Signore!” rispose attento Vacchagotto.
“Cupidigia è male; mancanza di cupidigia è bene. Odio è male; mancanza di odio è bene. Errore è male; mancanza d’errore è bene. Ecco tre cose cattive e tre cose buone. Sono anche male: uccidere, rubare, lussuria, menzogna, maldicenza, aspro linguaggio, chiacchiericcio, bramosia, ira, falsa cognizione. Sono bene i contrari di tutte queste cose. Ecco dieci cose cattive e dieci cose buone. Se dunque, Vaccho, la sete di un monaco è rigettata, recisa alla radice, fatta simile a ceppo di palma che non può più germogliare né svilupparsi, allora quel monaco è un santo che ha esaurito la mania, è giunto alla fine, ha operato l’opera, deposto il peso, conquistato la salvezza, spezzato i vincoli dell’esistenza, s’è redento in perfetta sapienza.”
“Vada per il signore Gotamo; ma vi è presso di lui anche un solo monaco come discepolo che, avendo esaurito la mania, abbia ancora in vita fatta a sé palese, realizzata e raggiunta la redenzione dell’animo senza mania, redenzione di sapienza?”
“Non solo forse un centinaio, due, tre quattro o cinque centinaia, ma anche più monaci vi sono che hanno realizzato redenzione di sapienza.”
“E anche una sola monaca che abbia esaurito la mania e realizzato redenzione di sapienza?”
“Anche forse più di cinquecento.”
“E anche un solo seguace biancovestito, che vivendo devoto, avendo annientato i cinque vincoli traenti in basso, ascenda, per poi là estinguersi e non più tornare in questo mondo?”
“Anche forse più di cinquecento.”
“E anche un solo seguace che, stando in casa biancovestito, godendo piaceri, segua la regola, sia accessibile all’insegnamento, sfuggito al dubbio, e permanga, senza esitazioni, non fidando in altri, con sperimentata fiducia nella regola del maestro?”
“Anche forse più di cinquecento.”
“E una sola discepola biancovestita che vivendo devota, avendo annientato i cinque vincoli traenti in basso, ascenda, per poi là estinguersi e non più tornare in questo mondo?”
“Anche forse più di cinquecento.”
“E anche una sola discepola che, stando in casa biancovestita, godendo piaceri, segua la regola, sia accessibile all’insegnamento, sfuggita al dubbio, e permanga, senza esitazioni, non fidando in altri, con sperimentata fiducia nella regola del maestro?”
“Anche forse più di cinquecento.”
“Se veramente, Gotamo, questa dottrina fosse stata acquisita solo dal signore Gotamo e non dai monaci, non dalle monache, non dai seguaci e dalle seguaci biancovestiti, allora questa vita religiosa sarebbe imperfetta; ma poiché è accaduto il contrario, allora questa vita religiosa è perfetta. Così come il fiume Gange inclina, scende, sbocca al mare e, là giunto, sta; così anche il seguito del signore Gotamo, sia laico che ascetico, inclina, scende, sbocca all’estinzione e, giunto là, sta. Benissimo, Gotamo, benissimo! Così come se si raddrizzasse ciò che era rovesciato, o si scoprisse ciò che è nascosto, o si mostrasse la via a chi s’è perso, o si portasse luce nell’oscurità: ‘chi ha occhi vedrà le cose’; così appunto è stata dal signore Gotamo in vari modi esposta la dottrina. E così io prendo rifugio presso il signore Gotamo, presso la Dottrina e presso l’Ordine dei mendicanti. Possa io ottenere dal signore Gotamo l’investitura, ricevere l’ordinazione!”
“Chi, Vaccho, essendo prima seguace d’un altra credenza, desidera ora l’ordinazione in questa dottrina e disciplina, deve attendere quattro mesi: dopo, esperti monaci lo investono e lo ordinano nel monacato: perché io ho sperimentato in ciò qualche ripensamento.”
“Se è così, io aspetterò quattro anni e, solo dopo, sarò ordinato da esperti monaci.”
E Vacchagotto il pellegrino ottenne l’ordinazione. E non molto tempo dopo che era stato ordinato, solo dopo mezzo mese, si recò là dove il Sublime dimorava, scambiò con lui i saluti di rito, si sedette accanto e disse: “Quanto, Signore, è raggiungibile con esercitata conoscenza, con esercitata scienza, tanto è stato raggiunto da me: più oltre voglia il Sublime espormi la dottrina.”
“Allora, Vaccho, cerca di conseguire altre due cose: calma e contemplazione. Quando le avrai conseguite, esse ti condurranno a comprendere la distinzione dei singoli elementi.
Come tu, Vaccho, puoi desiderare: ‘Che io possa operare magicamente in vario modo, come da uno diventare multiplo e da multiplo ridiventare uno, di apparire e sparire, di passare attraverso muri, valli e rupi come fossero aria, di immergermi ed emergere dalla terra come fosse acqua, di camminare sull’acqua senza affondare, di andare per l’aria come un uccello con le ali, di toccare la luna e il sole così possenti, di avere il corpo in mio potere fin nei mondi di Brahmâ’: tutto ciò tangibilmente otterrai secondo il modo d’operare.
Come tu, Vaccho, puoi desiderare: ‘Che io possa sentire con l’orecchio celeste, purificato, sovrumano, le due specie di suoni, i divini e gli umani, i lontani ed i vicini’: tutto ciò sensibilmente otterrai secondo il modo d’operare.
Come tu, Vaccho, puoi desiderare: ‘Che io possa con la mente comprendere e conoscere l’animo degli altri esseri, delle altre persone; conoscere il cuore bramoso e quello non bramoso, il cuore astioso e quello non astioso, il cuore che erra e quello che non erra, il cuore raccolto e quello non raccolto, il cuore tendente all’alto e quello non tendente all’alto, il cuore superiore e quello inferiore, il cuore quietato e quello non quietato, il cuore redento e quello non redento, proprio così come sono’: questo e quello effettivamente otterrai secondo il modo d’operare.
Come tu, Vaccho, puoi desiderare: ‘Che io possa ricordarmi di molte diverse anteriori forme d’esistenza, di una, cento, mille, centomila vite, poi delle epoche durante molte formazioni di mondi, durante molte trasformazioni di mondi, durante molte formazioni e trasformazioni di mondi. Là ero io, con tale nome, tale gente, tale stato, tale ufficio, provando tale piacere e dolore, così finendo la vita; di là trapassato risorsi altrove con tale nome, tale gente…, e così via: possa io così ricordarmi di molte diverse anteriori forme d’esistenza con i loro caratteri, le loro relazioni’: questo e quello effettivamente otterrai secondo il modo d’operare.
Come tu, Vaccho, puoi desiderare: ‘Che io possa con l’occhio celeste, rischiarato, sovrumano, vedere gli esseri sparire e riapparire, volgari e nobili, felici ed infelici, belli e brutti; che io veda come gli esseri sempre secondo le azioni riappaiono: questi cari esseri dediti al male in azioni, in parole, in pensieri; che biasimano ciò che è santo, stimano e fanno ciò che è perverso; dopo la morte essi vanno in perdizione, all’inferno: mentre quelli dediti al bene, dopo la morte vanno in un mondo celeste’: questo e quello effettivamente otterrai secondo il modo d’operare.
Come tu, Vaccho, puoi desiderare: ‘Che io possa esaurire la mania ed ancora in vita fare a me palese, realizzare e raggiungere la redenzione dell’animo senza mania, redenzione di sapienza’: questo e quello effettivamente otterrai secondo il modo d’operare.”
E l’on. Vacchagotto, rallegrato e appagato dal discorso del Sublime, si alzò dal sedile, salutò con rispetto e, girando sulla destra, si allontanò.
Quindi egli, dimorando solitario, appartato, instancabile, zelante, perseverante, ebbe ben presto, ancora in vita, realizzato e raggiunto quell’altissimo fine dell’ascetismo, per il quale i nobili figli lasciano la casa per la mendicità. Ed egli allora comprese: ‘Esausta è la vita, compiuta la santità, operata l’opera, non esiste più questo mondo’. E così ora anche l’on. Vacchagotto era divenuto un altro dei santi.
Ora, in quel tempo, molti monaci si stavano recando a visitare il Sublime, e l’on. Vacchagotto, vedendoli, andò loro incontro e chiese: “Olà, dove andate onorevoli?”
“Andiamo a vedere il Sublime, fratello.”
“Allora andate, onorevoli, e inchinatevi da parte mia ai piedi del Sublime, dicendo: “Vacchagotto, Signore, il monaco, s’inchina ai piedi del Sublime e dice: ‘Servito da me è il Sublime, servito da me è il Benvenuto’.”
E i monaci, giunti presso il Sublime, dopo averlo salutato riverentemente ed essersi seduti accanto a lui, gli riferirono le parole dell’on. Vacchagotto.
“Già da me, monaci, Vacchagotto, il monaco, è stato con la mente compreso e conosciuto nell’animo: ‘Trisciente è Vacchagotto il monaco, prodigioso, possente’. Ed anche delle divinità me lo hanno confermato: ‘Trisciente è il monaco Vacchagotto’.
Questo disse il Sublime. Contenti si rallegrarono quei monaci della sua parola.
Riscrittura a partire dall’italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli ed Enrico Federici.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Testo: Majjhima Nikaya