Questo ho sentito. Una volta il Sublime, passando di luogo in luogo per la terra di Kosalo, pervenne, in compagnia di molti monaci, ad un villaggio di brâhmani di nome Sâlâ. Udirono dire i brâhmani: “L’asceta Gotamo, il figlio dei Sakya, è giunto a Sâlâ. A questo signore Gotamo si va sempre incontro salutandolo rispettosamente con tutti i suoi vari titoli. Egli mostra questo mondo coi suoi dèi, i suoi cattivi e buoni spiriti, le sue schiere di asceti e sacerdoti, dopo che egli stesso lo ha compreso e penetrato. Egli insegna la dottrina buona nel principio, buona nel mezzo, buona alla fine, fedele di senso e di parola; egli espone la santa vita perfettamente purificata, perfettamente rischiarata. Felice chi può vedere un tale santo!”
Quindi i brâhmani padri di famiglia si recarono dove il Sublime dimorava, e, là giunti lo salutarono rispettosamente ognuno a suo modo e si sedettero accanto.
Il Sublime si rivolse loro così: “Avete voi forse un buon maestro in cui possiate riporre fondata fiducia?”
“No, Signore!”
“Allora questa sicura dottrina vi serva da viatico. Perché la sicura dottrina, seguita e serbata, vi riuscirà lungamente di bene e di salute. E qual è la sicura dottrina?
Vi sono alcuni asceti e sacerdoti che insegnano così: ‘Non c’è dono, non c’è elemosina né sacrificio; non c’è frutto né risultato di azioni buone o cattive; non c’è questo mondo e non c’è altro mondo; non c’è madre né padre né nascita spirituale; non vi sono nel mondo asceti e sacerdoti perfetti e compiuti che possano da sé comprendere, rappresentare e spiegare questo mondo, nonché un altro mondo’.
Ora però, altri asceti dicono proprio il contrario di ciò. Non è forse così?”
“Così è, Signore!”
Ecco che da queste prime persone c’è da aspettarsi che essi smettano la buona condotta in opere, parole e pensieri, e seguano queste tre cose non salutari: cattiva condotta in opere, parole e pensieri: e perché ciò?
Perché essi non scorgono lo svantaggio, la miseria e l’affanno delle cose non salutari, e la beatitudine e purificazione della rinunzia nelle cose salutari. Perché, pur essendovi un altro mondo, ognuno di essi opina che non c’è: questa è la sua falsa opinione, il suo falso pensiero, il suo falso dire. Per il suo ingiusto insegnamento egli si esalta e disprezza gli altri.
Ecco ora un uomo saggio riflette così: ‘Se dunque non c’è un altro mondo [altra rinascita], allora questo riverito signore con la dissoluzione del corpo si salverà; se però c’è un altro mondo, egli, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, andrà all’inferno. Anche ammettendo che non vi sia un altro mondo, questo riverito signore si attira il biasimo dei saggi. Ma se poi c’è un altro mondo, allora egli ha doppiamente perduto: prima, perché s’è attirato in vita il biasimo dei saggi; poi, perché dopo la morte finirà all’inferno’.
Ecco che dalle seconde persone che hanno detto il contrario, c’è da aspettarsi che essi smettano la cattiva condotta in opere, parole e pensieri, e seguano queste tre cose salutari: buona condotta in opere, parole e pensieri: e perché ciò? Perché essi scorgono lo svantaggio, la miseria e l’affanno delle cose non salutari. Perché, essendovi un altro mondo, ognuno di essi conosce che vi è un altro mondo: questa è la sua retta opinione, il suo retto pensiero e il suo retto dire. Per il suo giusto insegnamento egli non si esalta, né disprezza gli altri.
Ecco ora un uomo saggio riflette così: ‘Se c’è un altro mondo, allora questo riverito signore con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, andrà in un mondo beato, celeste. Ma se poi non vi fosse un altro mondo egli ha doppiamente guadagnato: prima, perché già in vita ha acquistato la lode dei saggi; poi, perché dopo la morte andrà in un mondo beato, celeste.
Vi sono alcuni asceti e sacerdoti che insegnano così: ‘Quello che distrugge e fa distruggere; che tormenta e fa tormentare, che fa soffrire, fa penare; che batte e fa battere; toglie la vita, prende ciò che non è dato, irrompe nelle case, commette saccheggi, fa il ladro, inganna, seduce la donna altrui, dice menzogna: qualunque cosa faccia, non ne ha colpa. E chi con una mannaia dal taglio affilato riducesse tutto ciò che è vivente su questa terra ad una poltiglia di carne; e chi procedesse sulla riva meridionale del Gange uccidendo e facendo uccidere, non avrebbe colpa. E chi procedesse sulla riva settentrionale del Gange donando e facendo donare, elargendo e facendo elargire, non avrebbe alcun merito. Con la carità, la temperanza, l’astinenza e la veridicità non si acquista merito’. Ora però altri asceti e sacerdoti dicono proprio il contrario di questi. Non è forse così?”
“Sì, Signore.”
“Ecco ora, padri di famiglia, che da quei primi asceti e sacerdoti c’è da aspettarsi che smettano la buona condotta in opere, parole e pensieri, e seguano queste tre cose non salutari: cattiva condotta in opere, parole e pensieri: e perché ciò? Perché essi non scorgono lo svantaggio, la miseria e l’affanno delle cose non salutari, e la beatitudine e purificazione della rinunzia nelle cose salutari. Perché, pur essendovi un agire, ognuno di essi opina che non c’è agire: questa è la sua falsa opinione, il suo falso pensiero, il suo falso dire. Perché, pur essendovi un agire, egli afferma e insegna agli altri che non c’è; e questo è il suo ingiusto insegnamento per il quale egli si esalta e disprezza gli altri.
“Ecco ora un uomo saggio riflette così: ‘Se dunque non c’è un agire, allora questo riverito signore, alla morte, si salverà ; se però c’è un agire, allora andrà all’inferno. Ammesso che non vi sia un agire questo riverito signore si attira in vita il biasimo dei saggi. Ma se poi c’è un agire, allora egli ha doppiamente perduto: prima, perché già in vita s’è attirato il biasimo dei saggi; poi, perché dopo la morte andrà all’inferno’ Ecco ora che dagli asceti e religiosi che dicono il contrario c’è da aspettarsi che smettano la cattiva condotta in opere, parole e pensieri, e seguano la buona condotta: e perché ciò? Perché essi scorgono lo svantaggio, la miseria e l’affanno delle cose non salutari, e la beatitudine e la purificazione della rinunzia nelle cose salutari. Perché essendovi un agire ciascuno di essi opina, pensa, dice e insegna che c’è. E per questo giusto insegnamento egli non si esalta né disprezza gli altri.
Ecco ora un uomo saggio riflette così: ‘Se c’è un agire questo riverito signore, dopo la morte, andrà in un mondo beato, celeste. Ammesso che non vi sia un agire, egli si acquista in vita la lode dei saggi. Ma se poi v’è un agire, allora egli ha doppiamente guadagnato: prima, perché in vita egli ha acquistato la lode dei saggi; poi, perché dopo la morte andrà in un mondo beato, celeste.
Vi sono alcuni asceti e sacerdoti che insegnano così: ‘Non c’è ragione, non c’è causa della perdizione degli esseri, né della purificazione degli esseri. Non c’è forza, non c’è potenza, non virilità né valore. Tutti gli esseri, tutti i viventi, tutti i divenuti, tutti i nati sono senza volontà, senza forza e senza potenza. Per necessità formatisi e sviluppatisi, provano, secondo le sei specie di esistenza, piacere e dolore’. Ora però, altri asceti e sacerdoti dicono il contrario. Non è così?”
“Sì, Signore.”
“Ecco ora che dai primi c’è da aspettarsi che smettano la buona condotta in opere, parole e pensieri, e seguano la cattiva condotta: e perché ciò? Perché essi non scorgono lo svantaggio, la miseria e l’affanno delle cose non salutari, e la beatitudine e la purificazione della rinunzia nelle cose salutari. Perché pur essendovi una ragione, ognuno di essi opina, pensa, dice e insegna che non c’è. E per questo suo ingiusto insegnamento egli si esalta e disprezza gli altri.
Ecco ora un uomo saggio riflette così: ‘Se non c’è ragione, allora questo riverito signore si salverà; se però c’è una ragione egli, dopo la morte andrà all’inferno. Ammesso che non vi sia una ragione, egli si attira in vita il biasimo dei saggi. Ma se poi c’è una ragione, allora egli ha doppiamente perduto: prima, perché già in vita s’è attirato il biasimo dei saggi; poi, perché dopo la morte andrà all’inferno.
Ecco ora che dagli altri asceti c’è da aspettarsi che essi smettano la cattiva condotta in opere, parole e pensieri, e seguano la buona condotta: e perché ciò? Perché essi scorgono lo svantaggio, la miseria e l’affanno delle cose non salutari, e la beatitudine e la purificazione della rinunzia nelle cose salutari. Perché pur essendovi una ragione, ognuno di essi opina, pensa, dice e insegna che c’è. E per questo suo giusto insegnamento egli non si esalta e disprezza gli altri.
Ecco ora un uomo saggio riflette così: ‘Se c’è una ragione, allora questo riverito signore, dopo la morte, andrà in un mondo beato, celeste. Ma se poi c’è una ragione, egli si attira in vita la lode dei saggi, e allora egli ha doppiamente guadagnato: prima, perché già in vita ha acquistato la lode dei saggi; poi, perché, dopo la morte, andrà in un mondo beato, celeste. Vi sono alcuni asceti e sacerdoti che insegnano così: ‘Non vi sono mondi interamente informi’. Ora però ce ne sono altri che dicono proprio il contrario. Che ne pensate, padri di famiglia: non è così?”
“Sì, Signore.”
“Ecco ora un uomo saggio riflette così: ‘Se alcuni insegnano che non vi sono mondi informi: questo io non l’ho visto; e se altri insegnano che vi sono mondi informi: questo io non lo so. Ora se io, senza sapere, senza vedere, decidessi: questa è verità, l’altra è stoltezza; non me ne verrebbe bene. Perché, se è vero che non vi sono mondi interamente informi, potrebbe capitarmi di sicuro una rinascita tra gli dèi mentalmente formali; e se è vero il contrario potrebbe capitarmi di sicuro una rinascita tra gli dèi percettivamente informi. Ora dove vi sono forme si vedono colpi di mazza e di spada, zuffe, liti, contese, battibecchi. E questo non c’è affatto in un mondo interamente informe’. Così riflettendo a lui vengono in uggia le forme, se ne distacca, se ne discioglie.
Vi sono alcuni asceti e sacerdoti che insegnano: ‘Non c’è un completo arresto dell’esistenza’. Ora però ce ne sono altri che dicono proprio il contrario. Che ne pensate, padri di famiglia: non è così?”
“Sì, Signore.”
“Ecco ora un uomo saggio riflette così: ‘Se alcuni insegnano così, questo io non l’ho visto; e se altri insegnano il contrario, questo io non lo so. Ora se io, senza sapere, senza vedere, decidessi: questa è verità, l’altra è stoltezza; non me ne verrebbe bene. Perché se è vero ciò che insegnano i primi, potrebbe capitarmi di certo una rinascita tra gli dèi percettivamente informi; e se è vero ciò che insegnano gli altri, potrebbe pure accadermi di raggiungere durante la vita la perfetta estinzione. Ora a quei signori asceti e sacerdoti che insegnano: non c’è un completo arresto
dell’esistenza, questa dottrina riesce di eccitamento, di aggiogamento, di compiacimento, di soddisfacimento, di attaccamento; ma a quegli altri che dicono il contrario, questa dottrina non riesce di eccitamento, di aggiogamento, di compiacimento, di soddisfacimento, di attaccamento’. Così riflettendo a lui viene in uggia l’esistenza, se ne distacca, se ne scioglie.
Nel mondo esistono quattro tipi di persone: uno è un tormentatore di se stesso; uno è tormentatore degli altri; uno è tormentatore di se stesso e degli altri; e uno non è tormentatore di se stesso né degli altri: quest’ultimo è già in vita spento, estinto, in sé beato, con l’animo santificato.
Ma chi è il tormentatore di se stesso? Ecco, uno è uno svestito, uno svincolato, un leccatore di mano; uno che non va, non sta, non accetta offerta, favore, invito; uno che quando riceve l’elemosina non guarda la pentola, non il piatto, non oltre la soglia, non oltre la grata, non oltre il mortaio; che non prende da chi mangia in due [nello stesso piatto], non da una gravida, non da una che allatta, non da una che viene dall’uomo, non da sudici, non dove c’è un cane, non dove ronzano mosche; che non mangia pesce né carne, che non beve liquore né vino né birra. Egli va per l’ elemosina a una casa accontentandosi di un boccone, a due case per due bocconi, a sette case per sette bocconi; si mantiene solo con la carità di una donatrice, di due, di sette donatrici; prende il cibo solo una volta al giorno, solo ogni due giorni, solo ogni sette giorni: così alternando egli arriva a prolungare il suo digiuno anche per mezzo mese. Ed egli si nutre di erbe e funghi, di riso e grano selvatico, di lattice di piante e resina d ‘alberi, di gramigna, di sterco di vacca; si sostenta con radici e frutti selvatici, si ciba di frutti caduti. Egli porta camicie di canapa, di crini, vesti messe assieme con stracci trovati al cimitero o sulla strada; si avvolge in stracci, in pelli, in cuoio; si cinge d’una treccia d’erbe, di scorze, di foglie; si copre con un grembiule peloso, setoloso, con un’ala di civetta. Strappatore di capelli e barba è alacremente dedito a strapparsi capelli e barba; sempre alzato, rigetta sedile e giaciglio; sedente sui calcagni, siede su di essi; giacente su spine, si corica su un letto di spine; scende ogni sera per tre volte nel bagno di penitenza. Così variando egli è dedito a questo fervido, doloroso esercizio del corpo. Questo è un tormentatore di se stesso.
Qual è però il tormentatore degli altri? Ecco: uno è macellaio di montoni e di porci, è un uccellatore, un bracconiere, un cacciatore, un pescatore, è un brigante, un carnefice, un carceriere o uno che fa una qualunque altra opera crudele. Questo è un tormentatore degli altri. E chi è tormentatore di se stesso e degli altri? Ecco: uno è un re guerriero, consacrato, o un gran sacerdote. Costui, avendo fatta erigere una nuova sala delle udienze a oriente della città, tagliatosi capelli e barba, cinto di un rozzo saio, spalmato il corpo di burro ed olio, strofinando il dorso con un corno d’antilope entra nella sala con la regina ed il sommo sacerdote. Là, prende posto sulla terra coperta d’erba. Ad una vacca col suo vitello viene munto da un capezzolo il latte per il re; da un altro viene munto il latte per la regina; dal terzo, il latte per il sommo sacerdote; dal quarto, il latte da sacrificare al fuoco; e il rimanente latte al vitello. Ed egli comanda: ‘Vengano uccisi per il sacrificio tanti tori, tanti giovenchi e giovenche, tante capre e montoni; si taglino tanti alberi per farne pioli, tanta erba per farne strame’. E servi, salariati ed operai, spaventati, angosciati, lacrimanti, eseguono gli ordini. Questo, padri di famiglia, è un tormentatore di se stesso e degli altri.
E chi è colui che non tormenta se stesso né gli altri: quello che già in vita è estinto, in sé beato, con l’animo santificato? Ecco: il Compiuto appare nel mondo, lo Svegliato, il Sublime. Egli mostra questo mondo con i suoi dèi, i suoi cattivi e buoni spiriti, le sue schiere di asceti e sacerdoti, dopo averlo egli stesso conosciuto e compreso. Egli annuncia la dottrina benefica in principio, in mezzo e in fine; fedele di senso e di parola; espone la santa vita perfettamente purificata e rischiarata.
Questa dottrina la sente un padre di famiglia o un suo figlio o uno rinato in qualche altra situazione. Sentendo la dottrina, concepisce fiducia nel Compiuto. Pieno di fiducia egli riflette: ‘Carcere è la casa, letamaio; aria libera è la rinunzia. Non si può, restando in casa, vivere puntualmente la santa vita perfettamente purificata e rischiarata. E se io ora, rasati capelli e barba, indossato l’abito zafferano, rinunciassi alla casa per la mendicità?’ E dopo qualche tempo, abbandonando una piccola o una grande proprietà, abbandonando un piccola o una grande cerchia di parenti, rinuncia alla casa per la mendicità.
Ed avendo così rinunciato al mondo, divenuto asceta, ha adottato le regole dei mendicanti. Si astiene dall’uccidere: senza mazza e senza spada, sensibile, pietoso, rimane amorevole e compassionevole verso tutti gli esseri viventi. Smette di prendere il non dato, accetta solo ciò che gli è dato, senza intenzione furtiva, con animo purificato. Vive santamente, castamente, estraneo alla comune legge sessuale. Si astiene dalla menzogna: dice la verità, è devota ad essa, è retto, degno di fede, non è un ipocrita adulatore del mondo. Si astiene dalla maldicenza: ciò che ha sentito qui non lo racconta là, e viceversa, per creare disunione: così egli unisce i distaccati e salda i legati; lieto ed allegro nella concordia, dice parole che promuovono concordia. Si astiene da parole aspre: egli dice parole senza offesa, benefiche all’orecchio, amorevoli, che vanno al cuore, urbane, che molti rallegrano e molti sollevano. Si astiene dalle chiacchiere: parla a tempo, essenziale, sensato, conforme alla dottrina e alla disciplina; il suo discorso è ricco di contenuto, occasionalmente ornato di paragoni, chiaro e determinato, adeguato al suo oggetto. Egli si astiene dal cogliere frutti e piante. Mangia una volta al giorno, di notte digiuna, si astiene dal mangiare fuori tempo. Si tiene lontano da balli, canti, suoni, giochi e spettacoli. Si astiene da fiori, profumi, unguenti, ornamenti, acconciature, addobbi. Evita letti alti, larghi, comodi. Non accetta oro ed argento. Si astiene da cereali crudi, da carne cruda. Si astiene da donne e fanciulli, da servi e serve, da capre e pecore, da polli e porci, da elefanti, buoi e cavalli. Si astiene da casa e campi. Evita di portare messaggi, incarichi e invii. Si astiene da compra e vendita, da falsi pesi e misure. Si tiene lontano dalle oblique vie dell’inganno, della simulazione, della bassezza; lontano da zuffe, baruffe e risse, dal depredare, saccheggiare e da violenze. Così come un uccello vola solo col peso delle sue penne, così anche un mendicante è contento dell’abito che lo ricopre, della scodella per l’elemosina che sostenta la sua vita, e dovunque vada porta solo quelli. Con l’adempimento di queste sante regole di virtù egli prova un’intima immacolata gioia.
Vedendo ora con la vista una forma egli non se ne sente attratto, non concepisce interesse. Siccome desiderio ed avversione, cattivi e nocivi pensieri ben presto sopraffanno chi permane con vista non vigilata, egli bada a tale vigilanza. Udendo con l’udito un suono, odorando con l’odorato un odore, gustando col gusto un sapore, toccando col corpo un contatto, riconoscendo col pensiero una cosa, egli non se ne sente attratto, non concepisce interesse. Siccome desiderio ed avversione, cattivi e nocivi pensieri ben presto sopraffanno chi permane col pensiero non vigilato, egli bada a tale vigilanza.
Con l’adempimento di questo santo raffrenamento dei sensi, egli prova un’intima, inalterata gioia.
Chiaro cosciente egli viene e va, guarda e non guarda, si alza e si muove, porta l’abito dell’Ordine e la scodella dell’elemosina, mangia, beve, mastica e gusta; vuota intestino e vescica, va, sta, siede, s’addormenta, si sveglia, parla e tace.
Dotato di questa santa regola di virtù, di questo santo raffrenamento dei sensi, di questo santo chiaro sapere, egli cerca un appartato luogo di riposo, il piede d’un albero, una grotta, una caverna, un cimitero, il folto d’una foresta, un mucchio di strame nell’aperta pianura. Tornato dal giro dell’elemosina, dopo il pasto, egli siede con le gambe incrociate, il corpo ritto, e si esamina. Ha smesso brama mondana, sta con animo senza brama, purifica il cuore da brama; ha smesso avversione, sta con animo amorevole e compassionevole per tutti gli esseri viventi, purifica il cuore dall’avversione; ha smesso l’accidia, amante la luce, savio, chiaro cosciente, purifica il cuore dall’accidia; ha smesso la superbia e l’irrequietezza, con animo interamente pacato purifica il cuore da superbia e irrequietezza; ha smesso l’incertezza, non dubita delle cose salutari, purifica il cuore dall’incertezza.
Ha smesso questi cinque impedimenti, conosce le debilitanti scorie dell’animo: lungi da brame, da cose non salutari, resta, in senziente, pensante, beata serenità nata da pace, nel grado della prima contemplazione.
Dopo compimento del sentire e pensare, egli raggiunge l’interna calma serena, l’unità dell’animo, la beata serenità libera di sentire e pensare, nata dal raccoglimento, la seconda contemplazione.
In serena pace egli resta equanime, savio, chiaro cosciente, prova nel corpo quella felicità di cui i santi dicono: ‘l’equanime santo vive felice’: così raggiunge la terza contemplazione.
Dopo il rigetto di gioia e dolore, dopo l’annientamento di letizia e tristezza anteriori, egli raggiunge la non triste, non lieta, equanime, savia, perfetta purezza: la quarta contemplazione.
Con tale animo, saldo, puro, terso, incorruttibile, egli dirige l’animo alla memore cognizione di anteriori forme di esistenza. Egli ricorda una vita, due, tre, …dieci, …cinquanta, …mille, …centomila vite; poi delle epoche durante molte formazioni e trasformazioni di mondi: ‘Là ero io, con tale nome, tali persone, tale stato, tale attività; provai tale bene e tale male, tale fu la fine di quella mia vita; di là trapassato, entrai di nuovo in altra esistenza con tale nome, tali persone, tale stato, tale attività; provai tale bene e tale male, tale fu la fine di quella mia vita; e così via, egli ricorda molte, diverse anteriori forme di esistenza, ognuna coi propri caratteri, ognuna con le speciali relazioni.
Con tale animo, saldo, puro, terso, incorruttibile, egli dirige l’animo alla cognizione dell’apparire e sparire degli esseri. Con l’occhio celeste, rischiarato, sovrumano, egli vede gli esseri sparire e riapparire, volgari e nobili, benfatti e malfatti, felici ed infelici, egli riconosce come gli esseri riappaiono sempre secondo le azioni. ‘Quei cari esseri non retti in opere, in parole, in pensieri che biasimano ciò che è santo, e stimano e fanno ciò che è perverso; dopo la morte son destinati all’inferno. Quei cari esseri che però sono retti in opere, in parole e in pensieri, che non biasimano ciò che è santo, e stimano ciò che è retto; dopo la morte vanno in un mondo beato, celeste’. Così egli vede con l’occhio celeste.
Con tale animo, saldo, puro, terso, incorruttibile, egli dirige l’animo alla cognizione dell’esaurimento della mania. Egli comprende conforme a realtà: ‘Questo è il dolore; questa è l’origine del dolore; questa è la distruzione del dolore; questa è la via per la distruzione del dolore’. Egli comprende conforme a realtà: ‘Questa è la mania; questa è l’origine della mania; questa è la distruzione della mania; questa è la via per la distruzione della mania’.
Così riconoscendo, così vedendo, il suo animo si redime dalla mania del desiderio, dalla mania dell’esistenza e dalla mania dell’ignoranza. Gli sorge la conoscenza: ‘Nel redento è la redenzione’ e allora egli comprende: ‘Esausta è la vita, compiuta la santità, operata l’opera, non esiste più questo mondo’. Questo, padri di famiglia, è il tipo non tormentatore di se stesso e non tormentatore degli altri; già in vita spento, estinto, in sé beato, con l’animo santificato.”
Dopo questo discorso i brâmani padri di famiglia di Sâlâ dissero al Sublime: “Benissimo, Signore Gotamo, benissimo! Come se si raddrizzasse ciò che è rovesciato, si svelasse ciò che è nascosto, o si indicasse la via agli smarriti, o si portasse luce nelle tenebre: ‘Chi ha occhi vedrà le cose’; proprio così è stata in varia guisa esposta dal Signore Gotamo la dottrina.
E così noi prendiamo rifugio presso il Signore Gotamo, presso la Dottrina e presso l’Ordine dei mendicanti. Come seguaci voglia considerarci da oggi per la vita fedeli.”
Riscrittura a partire dall’italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli ed Enrico Federici.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.
Testo: Majjhima Nikaya