“Monaci, osservato in modo completo negli otto fattori, l’uposatha è di grande frutto e beneficio, straordinariamente luminoso e pervasivo. E in che modo si osserva l’uposatha completo in otto fattori, in modo che sia di grande frutto e beneficio, straordinariamente luminoso e pervasivo?
(1) In questo caso, monaci, un nobile discepolo medita in questo modo: ‘Finché vivono, gli arahant abbandonano e si astengono dall’uccidere; con il bastone e l’arma messi da parte, coscienziosi e gentili, dimorano compassionevoli verso tutti gli esseri viventi. Oggi, per questa notte e per questo giorno, anch’io abbandonerò e mi asterrò dall’uccidere; con il bastone e l’arma messi da parte, coscienzioso e gentile, anch’io dimorerò compassionevole verso tutti gli esseri viventi. Imiterò gli arahant in questo senso e l’uposatha sarà da me osservato.’ Questo è il primo fattore che possiede. … (continua come in AN 8.41)
(8) ‘Finché vivono, gli arahant abbandonano e si astengono dall’uso di letti alti e lussuosi; si riposano su giacigli, o su un piccolo letto o su una stuoia di paglia. Oggi, per questa notte e per questo giorno, anch’io abbandonerò e mi asterrò dall’uso di letti alti e lussuosi; riposerò su un giaciglio, un piccolo letto o una stuoia di paglia. Imiterò gli arahant in questo senso e osserverò l’uposatha.’ Questo è l’ottavo fattore che possiede.
In questo modo, monaci, l’uposatha viene osservato completo in otto fattori, in modo che sia di grande frutto e beneficio, straordinariamente luminoso e pervasivo.
In che misura è di grande frutto e beneficio? In che misura è straordinariamente luminoso e pervasivo? Supponiamo che si eserciti la sovranità e la regalità su questi sedici grandi paesi ricchi delle sette sostanze preziose, cioè i paesi degli Aṅga, dei Magadha, dei Kāsi, dei Kosala, dei Vajji, dei Malla, dei Ceti, dei Vaṅga, dei Kuru, dei Pañcāla, dei Maccha, dei Sūrasena, degli Assaka, degli Avanti, dei Gandhāra e dei Kamboja: questo non varrebbe una sedicesima parte dell’osservanza dell’uposatha completa in questi otto fattori. Per quale motivo? Perché la regalità umana è povera rispetto alla felicità celeste.
Per i deva governati dai quattro grandi re, una sola notte e un solo giorno equivalgono a cinquanta anni umani; trenta di questi giorni formano un mese e dodici di questi mesi formano un anno. La durata della vita di questi deva è di cinquecento anni celesti. È possibile, monaci, per una donna o un uomo che osservi l’uposatha completo in questi otto fattori, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinascere tra i deva governati dai quattro grandi re. In riferimento a ciò, ho detto che la regalità umana è povera rispetto alla felicità celeste.
Per i deva Tāvatiṁsa, una singola notte e un singolo giorno equivalgono a cento anni umani; trenta di questi giorni formano un mese e dodici di questi mesi formano un anno. La durata della vita di questi deva è di mille anni celesti. È possibile, monaci, che una donna o un uomo che osservi l’uposatha completo in questi otto fattori, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasca tra i deva Tāvatiṁsa. In riferimento a ciò che ho detto che la regalità umana è povera rispetto alla felicità celeste.
Per i deva Yāma, una singola notte e un singolo giorno equivalgono a duecento anni umani; trenta di questi giorni formano un mese e dodici di questi mesi formano un anno. La durata della vita di questi deva è di duemila anni celesti.
È possibile, monaci, che una donna o un uomo che osservi l’uposatha completo in questi otto fattori, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasca tra i deva Yāma. In riferimento a ciò che ho detto che la regalità umana è povera rispetto alla felicità celeste.
Per i deva Tusita, una sola notte e un solo giorno equivalgono a quattrocento anni umani; trenta di questi giorni formano un mese e dodici di questi mesi formano un anno. La durata della vita di questi deva è di quattromila anni celesti. È possibile, monaci, che una donna o un uomo che osservi l’uposatha completo in questi otto fattori, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasca tra i deva Tusita. In riferimento a ciò che ho detto che la regalità umana è povera rispetto alla felicità celeste.
Per i deva che si dilettano nella creazione, una sola notte e un solo giorno equivalgono a ottocento anni umani; trenta di questi giorni formano un mese e dodici di questi mesi formano un anno. La durata della vita di questi deva è di ottomila anni celesti. È possibile, monaci, che una donna o un uomo che osservi l’uposatha completo in questi otto fattori, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasca tra che si dilettano nella creazione. In riferimento a ciò che ho detto che la regalità umana è povera rispetto alla felicità celeste.
Per i deva che controllano ciò che viene creato dagli altri, una sola notte e un solo giorno equivalgono a milleseicento anni umani; trenta di questi giorni formano un mese e dodici di questi mesi formano un anno. La durata della vita di questi deva è di sedicimila anni celesti. È possibile, monaci, che una donna o un uomo che osservi l’uposatha completo in questi otto fattori, alla dissoluzione del corpo, dopo la morte, rinasca tra i deva che controllano ciò che viene creato dagli altri. In riferimento a ciò che ho detto che la regalità umana è povera rispetto alla felicità celeste.
Non si devono uccidere gli esseri viventi
né prendere ciò che non è dato;
non si deve dire il falso e non si devono bere sostanze intossicanti;
astenersi dall’attività sessuale e dalla depravazione;
non si deve mangiare di notte o in orari impropri.
Non si devono indossare ghirlande o profumi;
si deve dormire su un letto basso o su una stuoia di paglia; questo è l’uposatha a otto fattori proclamato dal Buddha, che ha ottenuto la fine della sofferenza.
Finché il sole e la luna,
diffondono una luce così bella da guardare,
dissipando le tenebre, muovendosi nei cieli,
risplendendo nei cieli, illuminando ogni luogo.
Qualunque ricchezza esista in questa realtà,
perle, gemme e berillo di qualità eccellente,
oro di montagna e oro chiamato haṭaka,
non vale la sedicesima parte di un uposatha completo negli otto fattori,
così come tutte le schiere di stelle non eguagliano lo splendore della luna.
Perciò una persona virtuosa,
avendo osservato l’uposatha completo in otto fattori e avendo reso i meriti produttivi di felicità,
senza biasimo rinascerà in un mondo celeste.
Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di © Bhikkhu Bodhi, The Numerical Discourses of the Buddha (Wisdom Publications, 2012). Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Anguttara Nikaya