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MN 147: Râhulovâda Sutta – Istruzione a Râhulo

Questo ho sentito. Una volta il Sublime dimorava presso Sâvatthî, nella Selva del Vincitore, nel parco di Anâthapindiko. Ora al Sublime, che meditava in solitudine, sorse questo pensiero: ‘Maturate si sono ora in Râhulo cose che fanno maturare la redenzione: e se io ora lo guidassi ulteriormente all’esaurimento delle manie?’ Essendo pronto di prima mattina, presi mantello e scodella, si recò a Sâvatthî per il giro d’elemosina. Raccolto il cibo e rientrato alla dimora, consumò il pasto e si rivolse all’on. Râhulo: “Prendi la stuoia: ci recheremo nella Selva Scura per passarvi il giorno.”

“Sì, Signore!” rispose l’on. Râhulo e, avendo presa la stuoia, lo seguì. Quella volta alcune migliaia di divinità seguivano il Sublime pensando: ‘Oggi il Sublime guiderà ulteriormente l’on. Râhulo all’esaurimento delle manie’.

Il Sublime, inoltratosi nella Selva Scura, si sedette al piede d’un albero, e l’on. Râhulo, riveritolo, si sedette accanto, e il Sublime gli chiese:

“Che pensi, Râhulo: la vista è permanente o impermanente?”

“Impermanente, Signore!”

“Ciò che è impermanente è doloroso o piacevole?”

“Doloroso, Signore!”

“E ciò che è impermanente, doloroso, mutevole, lo si può ora considerare così: ‘Questo è mio, questo sono io, questo è me stesso?”

“No di certo, Signore!”

“Che pensi: le forme sono permanenti o impermanenti?”

“Impermanenti, Signore!”

“Ciò che è impermanente è doloroso o piacevole?”

“Doloroso, Signore!”

“E ciò che è impermanente, doloroso, mutevole, lo si può ora considerare così: ‘Questo è mio, questo sono io, questo è me stesso?”

“No di certo, Signore!”

“Che pensi: la coscienza visiva è permanente o impermanente?”

“Impermanente, Signore!”

“Ciò che è impermanente è doloroso o piacevole?”

“Doloroso, Signore!”

“E ciò che è impermanente, doloroso, mutevole, lo si può ora considerare così: ‘Questo è mio, questo sono io, questo è me stesso?”

“No di certo, Signore!”

“Che pensi: il contatto visivo è permanente o impermanente?”

“Impermanente, Signore!”

“Ciò che è impermanente è doloroso o piacevole?”

“Doloroso, Signore!”

“E ciò che è impermanente, doloroso, mutevole, lo si può ora considerare così: ‘Questo è mio, questo sono io, questo è me stesso?”

“No di certo, Signore!”

“Che pensi: ciò che ora sorge in conseguenza del contatto visivo, divenendo sensazione, percezione, concezione e coscienza è anch’esso permanente o impermanente?”

“Impermanente, Signore!”

“Ciò che è impermanente è doloroso o piacevole?”

“Doloroso, Signore!”

“E ciò che è impermanente, doloroso, mutevole, lo si può ora considerare così: ‘Questo è mio, questo sono io, questo è me stesso?”

“No di certo, Signore!”

“Che pensi: l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto, la mente; i suoni, gli odori, i sapori, i contatti, le cose; le coscienze uditiva, olfattiva, gustativa, tattile, mentale; i contatti uditivo, olfattivo, gustativo, tattile, mentale: sono essi permanenti o impermanenti?”

“Impermanenti, Signore!”

“Ciò che è impermanente è doloroso o piacevole?”

“Doloroso, Signore!”

“E ciò che è impermanente, doloroso, mutevole, lo si può ora considerare così: ‘Questo è mio, questo sono io, questo è me stesso?”

“No di certo, Signore!”

“Che pensi: ciò che ora sorge in conseguenza dei contatti uditivo, olfattivo, gustativo, tattile, mentale, divenendo sensazione, percezione, concezione e coscienza è anch’esso permanente o impermanente?”

“Impermanente, Signore!”

“Ciò che è impermanente è doloroso o piacevole?”

“Doloroso, Signore!”

“E ciò che è impermanente, doloroso, mutevole, lo si può ora considerare così: ‘Questo è mio, questo sono io, questo è me stesso?”

“No di certo, Signore!”

“Così considerando, Râhulo, il consapevole santo discepolo non si ritrova nella vista, nell’odorato, nel gusto, nel tatto, nella mente; non si ritrova nelle forme, nei suoni, negli odori, nei sapori, nei contatti, nelle cose; non si ritrova nelle coscienze uditiva, olfattiva, gustativa, tattile, mentale; non si ritrova nei contatti uditivo, olfattivo, gustativo, tattile, mentale; e quel che ora sorge in conseguenza del contatto visivo, divenendo sensazione, percezione, concezione e coscienza: anche in questo non si ritrova. Non ritrovandosi, si distacca; distaccatosi, si redime; ‘Nel redento è la redenzione’: questa cognizione sorge; ‘Esausta è la vita, vissuta la santità, operata l’opera, non esiste più questo mondo’: egli allora riconosce.”

Questo disse il Sublime. L’on. Râhulo approvò quel che aveva detto il Sublime. Durante il corso di questa esposizione però all’on. Râhulo l’animo s’era, senza attaccamento, redento dalle manie. Ed a quelle migliaia di divinità s’era schiuso il puro, immacolato occhio della verità:

‘Qualunque cosa sia sorta, ogni tale cosa trapassa’.

Riscrittura a partire dall’italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli ed Enrico Federici.
Per distribuzione gratuita esclusivamente.

Testo: Majjhima Nikaya