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Milindapañha: Libro VI – I Dutanga

1. Il re vide i monaci nella foresta, solitari
E lontani dagli uomini, rispettare i duri voti.
E poi vide anche i capifamiglia, nelle loro case,
mangiare i dolci frutti del Nobile Sentiero.
Riflettendo su di loro, ebbe un profondo dubbio.
“Se anche i laici realizzano il Dhamma
Allora i duri voti sicuramente risultano vani.
Orsù! Lasciatemi chiedere a quell’ottimo maestro, sapiente
Del triplice canestro delle parole del Buddha,
Esperto nel controbattere agli argomenti dell’avversario.
Egli sarà capace di risolvere i miei dubbi!

2. Ora il re Milinda si recò alla dimora di Nagasena, e dopo averlo riverito, si sedette a lato. Appena seduto, disse a Nagasena: “Venerabile Nagasena, vi è qualche laico che vive nella propria casa, che gode dei piaceri dei sensi, che vive con moglie e figli, che usa il legno di sandalo di Benares, ghirlande, profumi ed unguenti, che accetta oro ed argento, che indossa un copricapo ornato di diamanti, perle ed oro: vi è qualcuno che abbia vissuto la calma ed il supremo bene, il Nibbana?”

“Non cento, o re, né due né tre né cinque né seicento, né mille, né centomila, né dieci milioni, né diecimila milioni, e neanche un bilione di laici (hanno visto il Nibbana) – senza parlare di venti o trenta o cento o mille che hanno raggiunto la retta conoscenza (delle quattro Verità). Ma come posso dimostrarvi che sono a conoscenza di ciò?”

“Ditemelo voi stesso.”
3. “Allora, o re, ve lo spiegherò. Tutti quei passi nella nonupla parola del Buddha che trattano della vita santa, del raggiungimento del sentiero, delle divisioni dell’eccelsa virtù del vivere rettamente, vi saranno esposti. Proprio come, o re, l’acqua piovuta in una zona di campagna, in luoghi alti e bassi, in terreni pianeggianti ed ondulati, asciutti ed umidi, tutta quanta da lì scorrerà per immettersi nel grande oceano; così saranno quei passi uniti e condotti assieme. Ed una manifestazione delle ragioni in base alla mia esperienza e conoscenza sarà allo stesso modo guidata. Così questa materia sarà completamente analizzata, la sua bellezza sarà esposta, sarà esaudita e resa chiara.
Sarà come quando, o re, un abile maestro di scrittura, mostrando, su richiesta, la propria abilità nello scrivere, integrerà i segni scritti con una spiegazione delle ragioni in base alla sua esperienza e conoscenza, e quindi quello scritto diviene finito, perfetto, senza difetti. Allo stesso modo condurrò una manifestazione delle ragioni in base alla mia esperienza e conoscenza; così questa materia sarà completamente analizzata, la sua bellezza sarà esposta, sarà esaudita e resa chiara.

4. Nella città di Savatthi, o re, circa 50 milioni di discepoli del Beato, uomini e donne devoti, stavano percorrendo il sentiero, ed di questi 357.000 erano stabiliti nel frutto del terzo sentiero. E tutti erano laici, non membri dell’Ordine. Ed anche, ai piedi dell’albero Gandamba, quando si verificò il duplice miracolo, duecento milioni di esseri viventi compresero la conoscenza (delle quattro Verità). Ed ancora sul sermone di Rahulovada, e di Maha Mangala, e sulla spiegazione di Samakitta, e sul sermone di Parabhava, e di Purabheda, e di Kalaha-vivada, e di Kulavyuha, e di Maha-vyuha, e di Tuwataka, e di Sariputta, un innumerevole numero di esseri celesti compresero la conoscenza (delle quattro Verità). Nella città di Ragagaha 350.000 devoti e devote, seguaci laici, discepoli del Beato, stavano percorrendo il sentiero. Ed anche quando fu domato il grande elefante Dhanapala, 900 milioni di esseri viventi, ed anche all’incontro di Pasanika Ketiya in occasione del sermone di Parayana, 140 milioni di esseri viventi, ed anche nella grotta di Indasala 800 milioni di deva, ed anche a Benares nel parco dei cervi di Isipatana al primo sermone sul Dhamma 180 milioni di deva del regno di Brahma ed innumerevoli altri, ed anche nel paradiso dei Trentatré deva al sermone sull’Abhidhamma sulla roccia Pandu Kambala 800 milioni dei deva, ed alla discesa dal mondo dei deva alle porte della città di Sankassa al miracolo della manifestazione del mondo, 300 milioni di credenti e di deva compresero la conoscenza (delle quattro Verità). Ed ancora a Kapilavatthu fra i Sakya, al sermone del Buddhavamsa nel Nigrodha Arama, ed ancora al sermone del Maha Samaya Suttanta, innumerevoli deva compresero la conoscenza del Dhamma. Ed ancora alle assemblee in occasione del costruttore di ghirlande di Sumana, e di Garahadinna, e del ricco Ananda, e dell’asceta nudo Gambuka, e del deva Manduka, e del deva Matta-kundali, e della cortigiana Sulasa, e della cortigiana Sirima, e della figlia del tessitore, e di Subhadda, e del rito della cremazione del Brahmano di Saketa, e dei Sunaparanta, e del dilemma posto da Sakka, e del Tirokudda Sutta, e del Ratana Sutta – ed ognuno di questi 84.000 comprese la conoscenza del Dhamma. Finché, o re, il Beato rimase al mondo, finché, ovunque nelle tre grandi divisioni (dell’India) o nelle principali sedici regioni, egli abitualmente dimorò, due, tre, quattro, o 500, o 1000, 100.000, sia deva sia uomini, vissero la calma, il bene supremo, il Nibbana. E tutti costoro, o re, erano dei laici. Non erano entrati nell’ordine. Così costoro ed altri bilioni di deva, o re, – anche quando erano laici, vivevano a casa, godendo dei piaceri dei sensi – vissero (in loro stessi realizzata) la condizione di Pace, del Supremo Bene, del Nibbana.”

5. “Se è così, venerabile Nagasena – se i laici, vivendo a casa e godendo dei piaceri dei sensi, possono realizzare il Nibbana – a che servono allora questi voti straordinari? In tal caso, i voti sarebbero dannosi. Perciò, Nagasena, se le malattie fossero curate senza medicine, a che scopo indebolire il corpo con emetici, purghe ed altre cure? – se i nemici potessero essere sconfitti solo con pugni, che bisogno ci sarebbe di armi e spade, di lance, giavellotti ed archi, di mazze e di clave? – se sugli alberi si potesse salire con l’aiuto delle nodosità, delle difficoltà e dei buchi, delle escrescenze, dei rampicanti e dei rami che vi crescono, che bisogno ci sarebbe di scale lunghe e forti? – se dormendo a terra ci desse agio e riposo, che bisogno ci sarebbe di letti larghi e morbidi? – se si potesse attraversare il deserto da soli, che bisogno ci sarebbe di una grande carovana ben armata ed equipaggiata? – se un uomo potesse guadare un fiume con le proprie forze, che bisogno ci sarebbe di ponti e barche? – se si potesse vivere con i propri mezzi, che bisogno ci sarebbe di lavorare e di affannarsi? – se si potesse avere dell’acqua da uno stagno naturale, perché scavare pozzi e bacini artificiali? E quindi, Nagasena, se i laici, vivendo a casa e godendo dei piaceri dei sensi, possono realizzare la condizione di Pace, il Supremo Bene, il Nibbana, che bisogno c’è di osservare questi voti?

6. Vi sono, o re, queste 28 buone qualità nei voti, virtù a loro inerenti; e tutti i Buddha le hanno desiderate e considerate. E quali sono? L’osservare i voti, o re, implica un modo di vivere senza male, una beata calma come suo frutto, evitare la vergogna, non recare danno ad altri, non importunare gli altri, avere molta bontà, non perdersi, non ingannare, essere protetti, soddisfare i desideri ed quietare gli altri, l’autocontrollo, chi osserva i voti è retto, è indipendente e libero; con l’osservarli si distrugge l’avidità, l’avversione e l’ignoranza; si sopprime l’orgoglio, si sradicano i cattivi pensieri, si dissolvono i dubbi, si elimina l’inquietudine, il malcontento e la sofferenza, si ottengono meriti oltre misura, e si percorre il sentiero che conduce alla fine di ogni sofferenza. Queste, o re, sono le 28 buone qualità nei voti, e tutti i Buddha le hanno desiderate e considerate.

7. E chi, o re, osserva interamente i voti viene completamente dotato di 18 buone qualità. Quali sono? Il suo cammino è puro, il suo sentiero è compiuto, è ben controllato nelle azioni e nel parlare, puro nei modi e nella mente, il suo zelo non si deteriora, tutte le sue paure vengono disperse, tutte le illusioni (sul permanenza e sul grado) sull’esistenza di in sé sono state eliminate, la rabbia è stata distrutta, mentre l’amore (verso tutti gli esseri) è nato nel suo cuore, nel prendere nutrimento mangia con le tre rette visioni riguardo al cibo, è da tutti rispettato, è moderato nel mangiare, è sempre vigile, non ha bisogno della casa, ovunque dimori è sempre contento, detesta far del male, gode della solitudine, è sempre discreto. Queste, o re, sono le buone qualità con cui chi osserva i voti ne è completamente dotato.

8. E questi dieci, o re, sono gli individui degni di quei vantaggi inerenti ai voti – l’uomo colmo di fede, che prova vergogna nel far del male, coraggioso, senza ipocrisia, padrone di sé, saldo, desideroso di imparare, felice di portare a termine il difficile compito, non facile ad offendersi, di cuore amorevole. Questi, o re, sono gli individui degni di quei vantaggi inerenti ai voti.

9. E tutti quelli, o re, che come laici, vivendo a casa e godendo dei piaceri dei sensi, realizzano la condizione di Pace, il Supremo Bene, il Nibbana – tutti coloro che nelle precedenti nascite avevano compiuto la loro pratica, posto le fondamenta nella pratica dei tredici voti, avevano purificato il sentiero e la loro condotta tramite essi; e così, anche come laici, vivendo a casa e godendo dei piaceri dei sensi, realizzano la condizione di Pace, il Supremo Bene, il Nibbana. Proprio come , o re, un esperto arciere in regolare successione insegna ai suoi allievi, durante l’addestramento, i diversi tipi di archi, come si impugna l’arco, e come lo si tiene ben fermo, a piegare le dita, a tenere i piedi ben piantati a terra, a prendere la freccia, a metterla sulla corda, a tirarla indietro, a frenarla, a prendere la mira, e quindi colpire un pupazzo di paglia o bersagli fatti con la pianta Khamaka, o d’erba, o di paglia o d’argilla, o di scudi – e dopo, introducendoli al servizio del re, egli guadagna la ricompensa di alto in grado, di carri, di elefanti, di cavalli, di denaro, di grano, di oro rosso, di schiavi e schiave, di mogli e proprietà. Allo steso modo, o re, tutti quelli che vivono come laici, vivendo a casa e godendo dei piaceri dei sensi, realizzano la condizione di Pace, il Supremo Bene, il Nibbana – tutti coloro che nelle precedenti nascite avevano compiuto la loro pratica, posto le fondamenta nella pratica dei tredici voti, avevano purificato il sentiero e la loro condotta tramite essi; e così, anche come laici, vivendo a casa e godendo dei piaceri dei sensi, realizzano la condizione di Pace, il Supremo Bene, il Nibbana.

10. E non vi è realizzazione dello stato di Arahat in una singola vita, senza una precedente osservanza dei voti, o re. Soltanto con il massimo zelo e la più devota pratica di rettitudine, e con l’aiuto di un buon maestro, si realizza lo stato di Arahat. Proprio come, o re, un medico o un chirurgo prima si procura un insegnante, a pagamento o con rendergli dei servizi, e poi si esercita nell’usare il bisturi, nel tagliare, nel segare o nel forare, nell’estrarre frecce, nel pulire ferite, nel disinfettarle, nell’applicare unguenti, nel somministrare emetici, purghe e clisteri d’olio, e solo dopo aver così praticato, aiutato da un apprendista, diventato esperto, visita e cura i malati. Allo steso modo, o re, tutti quelli che vivono come laici, vivendo a casa e godendo dei piaceri dei sensi, realizzano la condizione di Pace, il Supremo Bene, il Nibbana – tutti coloro che nelle precedenti nascite avevano compiuto la loro pratica, posto le fondamenta nella pratica dei tredici voti, avevano purificato il sentiero e la loro condotta tramite essi; e così, anche come laici, vivendo a casa e godendo dei piaceri dei sensi, realizzano la condizione di Pace, il Supremo Bene, il Nibbana.

11. E non vi è percezione del dhamma per coloro che non sono purificati dalla virtù, la quale dipende dall’osservanza dei voti. Proprio come senz’acqua nessun seme crescerà, così non vi è nessuna percezione del dhamma per coloro che non sono purificati dalla pratica dei voti. Proprio come non vi è nessuna rinascita per coloro che non hanno compiuto delle azioni meritorie, così non vi è nessuna percezione del dhamma per coloro che non sono purificati dalla pratica dei voti.
12. Come la grande terra, o re, è il carattere che risulta dall’osservanza dei voti, e dal servire come base per coloro che desiderano esser puri. E’ come l’acqua, o re, che lava le impurità di tutti i mali in coloro che desiderano esser puri. E’ come il fuoco, o re, che brucia la brama di tutti i mali in coloro che desiderano esser puri. E’ come il vento, o re, che spazza via la polvere di tutti i mali in coloro che desiderano esser puri. E’ come la medicina, o re, che allevia la malattia del male in coloro che desiderano esser puri. E’ come l’ambrosia, o re, che agisce come un antidoto al veleno del male in coloro che desiderano esser puri. E’ come la terra arabile, o re, su cui cresce il raccolto di ogni virtù della rinuncia in coloro che desiderano esser puri. E’ come la gemma desiderata, o re, che conferisce tutti gli alti propositi che si anelano e si bramano in coloro che desiderano esser puri. E’ come la barca, o re, che ti porta sull’altra riva del possente oceano della trasmigrazione in coloro che desiderano esser puri. E’ come un rifugio, o re, dove coloro che desiderano esser puri trovano la salvezza dalla paura della vecchiaia e della morte. E’ come una madre, o re, che conforta coloro che desiderano esser puri quando sono afflitti dalle sofferenze della colpa. E’ come un padre, o re, che aumenta e fa crescere in coloro che desiderano esser puri tutte le buone qualità di coloro hanno rinunciato al mondo. E’ come un amico, o re, che non delude coloro che desiderano esser puri nella loro ricerca delle buone qualità di coloro che hanno rinunciato al mondo. E’ come il fiore di loto, o re, che non è contaminato dal male. E’ come un costoso profumo (di zafferano e di gelsomino e di incenso Turco o Greco), o re, che vince il cattivo odore del male in coloro che desiderano esser puri. E’ come un’imponente catena montuosa, o re, che protegge coloro che desiderano esser puri dall’impeto dei venti delle otto condizioni a cui gli uomini sono soggetti in questo mondo (perdita e guadagno, fama e disonore, lode e biasimo, felicità e dolore). E’ come lo spazio celeste, o re, nella libertà di ogni impedimento, nella grandezza, nell’ampia espansione e larghezza che dà a coloro che desiderano esser puri. E’ come una corrente, o re, che lava via in coloro che desiderano esser puri le impurità del male. E’ come una guida, o re, che reca salvezza nel deserto delle rinascite, nella giungla della brama e della colpa, per coloro che desiderano esser puri. E’ come una grande carovana, o re, che conduce coloro che desiderano esser puri nella beata città del Nibbana, calma e pacifica, dove non dimora alcuna paura. E’ come uno specchi ben pulito, o re, che riflette a coloro che desiderano esser puri la vera natura degli elementi principali di tutti gli esseri. E’ come uno scudo, che protegge coloro che desiderano esser puri dai bastoni, dalle frecce e dalle spade delle disposizioni maligne. E’ come un parasole, o re, che protegge coloro che desiderano esser puri dal calore arroventato del triplice fuoco. E’ come la luna, ambita e sperata, da coloro che desiderano esser puri. E’ come il sole, o re, che disperde l’oscurità dell’ignoranza in coloro che desiderano esser puri. E’ come l’oceano, o re, che fa sorgere in coloro che desiderano esser puri il costoso tesoro delle virtù di coloro che hanno rinunciato al mondo, così immenso e vasto.

13. Così è, o re, di grande servigio per coloro che desiderano esser puri, ciò che rimuove tutte le pene e le sofferenze, un antidoto al malcontento; ciò che pone fine alla paura, al Sè, all’impenetrabilità della mente: al male, al dolore, alla sofferenza, all’avidità, all’avversione, all’ignoranza, all’orgoglio, all’eresia, a tutte le errate disposizioni: ciò che porta onore, vantaggi e beatitudine; ciò che riempe di gioia, d’amore e di pace mentale; ciò che libera dalla vergogna; che ha la felicità come suo frutto; che è una miniera ed un tesoro di bontà che va oltre ogni misura, al di sopra di ogni cosa e preziosa.

14. Proprio come, o re, gli uomini per nutrirsi cercano il cibo, per la salute le medicine, per conforto un amico, per attraversare un corso d’acqua una barca, per odori gradevoli un profumo, per stare al sicuro un buon rifugio, per sostegno la terra, per istruirsi un maestro, per gli onori un re e per ogni desiderio una gemma preziosa – così, o re, gli Arahat cercano le virtù nell’osservanza dei voti per il raggiungimento di tutti i vantaggi della rinuncia al mondo.

15. E come l’acqua è per la crescita dei semi, come il fuoco è per bruciare, come il cibo è per dare energia, come una pianta rampicante è per legare, come una spada è per tagliare, come l’acqua è per alleviare la sete, come un tesoro è per offrire fiducia, come una barca è per trasportare all’altra riva, come la medicina è per alleviare una malattia, come un carro è per viaggiare comodamente, come un rifugio è per eliminare la paura, come un re è per protezione, come uno scudo è per proteggersi dai colpi di mazze, di bastoni, di clave, di randelli, di frecce e dardi, come un maestro è per avere istruzione, come una madre è per nutrire, come uno specchio è per vedere, come un gioiello è per ornamento, come un abito è per vestire, come una scala è per salire, come una bilancia è per pesare, come un incantesimo è per affascinare, come un’arma è per togliere un’offesa, come una lampada è per dissipare l’oscurità, come una frescura è per alleviare la febbre, come la conoscenza di un’arte è per compiere un affare, come le droghe medicinali sono per mantenersi in vita, come una miniera è per la produzione di gioielli, come una gemma è per ornamento, come un comando è per evitare una trasgressione, come la sovranità è per dominio – così tutto questo, o re, è il segno derivante dall’osservanza dei voti per far crescere bene il seme della rinuncia, per bruciare le impurità del male, per dare la forza di Iddhi, per aver padronanza di sé e presenza mentale, per recidere completamente ogni dubbio e perplessità, per alleviare la sete della brama, per dare fiducia alla percezione del dramma, per salpare all’altra sponda della quadruplice corrente (della sensualità, dell’idea di un Sé, dell’illusione e dell’ignoranza), per alleviare la malattia delle disposizioni maligne, per raggiungere la beatitudine del Nibbana, per calmare le paure che sorgono dalla nascita, dalla vecchiaia, dal decadimento e dalla morte, dal dolore, dalla sofferenza, dalla pena, dall’angoscia, dalla disperazione, per essere protetti nel possesso dei vantaggi della rinuncia, per allontanare malcontento e cattivi pensieri, per l’istruzione di tutto il bene compreso nella vita di coloro che hanno rinunciato al mondo, per nutrirsene, per spiegare agli uomini calma e visione profonda, il sentiero, i suoi frutti e il Nibbana, per concedere agli uomini un costoso ornamento sommo nelle lodi e nell’ammirazione del mondo, per chiudere le porte a tutti i cattivi stati mentali, per scalare le vette delle alte montagne della rinuncia, per riconoscere negli altri le cattive, scaltre e sottili intenzioni, per la giusta recitazione di quelle qualità che devono essere praticate e quelle che devono essere evitate, per rimuovere come nemiche tutte le cattive disposizioni, per dissolvere l’oscurità dell’ignoranza, per alleviare la febbre sorta dall’ustione del triplice fuoco, per compiere il raggiungimento della Condizione di Pace – così gentile e sottile – per la protezione delle virtù della vita di un asceta, per la produzione dei preziosi gioielli della settuplice saggezza: padronanza di sé, investigazione del dramma, energia, gioia, calma, contemplazione e serenità – per l’adornamento degli asceti, per la prevenzione di qualsiasi trasgressione contro quella pura, astrusa e delicata beatitudine che deriva dalla pace, per il dominio su tutte quelle qualità appartenenti agli asceti e agli Arahat. Perciò, o re, l’osservanza dei voti è ottenere tutte queste qualità. Ed il vantaggio, o re, non può essere né misurato né calcolato; non ha eguali, né rivali, né superiori, è grande e glorioso, ampio ed abbondante, grande e profondo, vasto e largo, pieno di peso, degno e potente.

16. E chi, o re, mentalmente bramoso, ipocrita, avido, schiavo del suo stomaco, che ricerca guadagno materiale, fama mondana e gloria, incapace (per i segni esteriori dello stato di Arahat), non avendo raggiunto la meta, con una cattiva condotta (come membro dell’Ordine), indegno di esso, inappropriato ad esso – chi, così essendo, prende i voti, incorrerà nella duplice punizione, soffrendo la perdita del bene insita in lui. Perciò riceverà in questo mondo disgrazia e disprezzo, vergogna, scherno, sospensione, scomunica, espulsione, e sarà un fuoricasta, rifiutato, cacciato; e nella sua prossima esistenza soffrirà il tormento nel grande purgatorio Aviki, profondo centinaia di leghe, coperto come da una ghirlanda, da calde, brucianti, violente ed infuocate fiamme; quindi nascerà e morrà per miriadi d’anni, su e giù, come una bolla di schiuma, trasportata e gettata in un bollente mare. Ed una volta libero, come un potente Preta (spirito), nella forma esteriore di un monaco, ma con corpo e membra magre, ruvide e scure, con testa voluminosa, gonfia e piena di buchi, affamato ed assetato, strano e terribile in colore e forma, con orecchie dilaniate ed occhi sempre più chiusi, con membra piene di profonde piaghe, con tutto il corpo pieno di vermi, con lo stomaco bruciante e caldo come un’infuocata fornace divampante nella brezza, con una bocca non più grande di un ago, sempre assetato, senza alcun rifugio, senza un protettore, gemendo, piangendo e gridando aiuto, errerà in ogni dove sulla terra!

17. Proprio come, o re, chi, essendo incapace di avere regalità, senza averla propriamente ottenuta, non appropriato ad essa, indegno di essa, un uomo di bassa nascita e di inferiore lignaggio, se ricevesse la consacrazione di un re, patirebbe mutilazione,avrebbe le sue mani ed i suoi piedi, o le mani e piedi tagliati, le sue orecchie e il suo naso, o orecchie e naso tagliati, o sarebbe torturato (segue elenco di varie torture). E perché? Perché, essendo incapace di avere regalità, senza averla propriamente ottenuta, non appropriato ad essa, indegno di essa, un uomo di bassa nascita e di inferiore lignaggio, si era posto sul seggio della sovranità, andando oltre i propri limiti. Allo stesso modo, o re, chi, mentalmente bramoso, ipocrita, avido, schiavo del suo stomaco, che ricerca guadagno materiale, fama mondana e gloria … (come par. 16).

18. Ma chi, o re, è capace, che ha raggiunto la meta, la cui condotta è retta con l’essere membro dell’Ordine, che è degno di esso, appropriato ad esso, che desidera poco ed è contento, dedito alla solitudine, non amante della società, vigile nello zelo, risoluto, senza inganno, senza frode, non schiavo del proprio stomaco, che non ricerca guadagni materiali né gloria e fama mondiale, pieno di fede, che è entrato nell’Ordine perché crede nell’Ordine (nella dottrina, e non per motivi mondani), è colmo di desiderio per liberarsi da vecchiaia e morte – chi, essendo così, prenderà i voti con l’idea di sostenere la fede, sarà meritevole di duplice onore. Perciò è vicino, è caro, amato e desiderato da deva ed uomini. Caro come i rari fiori di gelsomino all’uomo unto e bagnato, come il dolce cibo per l’affamato, come l’acqua chiara e fresca per l’assetato, come una droga salutare per l’uomo avvelenato, come un lussuoso carro trainato da cavalli di razza per il viandante frettoloso, come una preziosa gemma per l’avido di guadagni, come il bianco e puro parasole della sovranità per chi ambisce al trono, come la suprema meta dei frutti dello stato di Arahat per colui che ricerca la vita santa. E’ colui che raggiunge la più perfetta padronanza delle Quattro Meditazioni, la quadruplice Grande Lotta, i quattro Sentieri di Santità, i cinque Organi della moralità, i cinque Poteri morali, le sette forme della Saggezza, ed il Nobile Ottuplice Sentiero, calma e visione profonda regnano nella sua mente, la meta tramite lo studio sarà facile da raggiungere per lui, e i quattro frutti dell’ascetismo, i quattro tipi di Discriminazioni, le triplice Conoscenza, la somma sestuplice Saggezza, in una parola, l’intera religione degli asceti è sua, diventa un unto dal re, ed indossa il puro e bianco parasole della liberazione.

19. Proprio come, o re, tutti i cittadini e i contadini, i soldati ed gli attendenti (messaggeri del re), sono al servizio di un re Kshatriya, di nascita imperiale, e di elevato lignaggio da parte di madre e di padre, quando è stato consacrato con le cerimonie inaugurali dei Kshatriya; le trentotto divisioni del seguito regale, i danzatori, gli acrobati, gli indovini, gli araldi, gli asceti e i brahmani, i seguaci di ogni setta frequentano la sua corte, e diventa il signore di ogni porto di mare, di ogni tesoriera,di città, di dogana – dando istruzioni sulla sorte di ogni forestiero e criminale – allo stesso modo, o re, chi è capace, che ha raggiunto la meta, … (come par. 18).

20. Tali, o re, sono i tredici voti da cui un uomo, purificato, si bagnerà nelle possenti acque del Nibbana, e li dimorerà, godendo nelle onde, con le molteplici delizie della religione, e si darà agli otto modi dell’estasi trascendentale, acquisterà i poteri di Iddhi, suoni distanti, umani e divini, ascolteranno le sue orecchie, leggerà i pensieri altrui, sarà capace di richiamare alla mente le sue nascite precedenti, e di osservare il sorgere e il cadere di nascita in nascita degli altri, e comprenderà la reale natura e l’origine della sofferenza, comprenderà i mezzi per sfuggire alla sofferenza, all’avidità, all’idea di un Sè, all’illusione, all’ignoranza, alle impurità della vita!
E quali sono? Indossare delle vesti misere, indossare le tre vesti soltanto, vivere di cibo elemosinato, mendicare di casa in casa, mangiare solo una volta al giorno, mangiare con una scodella soltanto, rifiutare il cibo in eccesso, dimorare nelle foreste, dimorare ai piedi di un albero, dimorare all’aria aperta, dimorare in o presso un cimitero, non cambiare la stuoia o il letto una volta aperto per dormire, dormire in posizione seduta. Egli è, o re, colui che, nelle precedenti nascite, ha intrapreso il sentiero e praticato, seguito ed effettuato, osservato, modificata la propria condotta, compiuto questi tredici voti, che acquista tutti i risultati della vita ascetica, e tutta quell’estasi di pace e beatitudine.

21. Proprio come, o re, un armatore, divenuto ricco grazie alle merci smistate in qualche porto di una città di mare, sarà capace di attraversare grandi oceani ed andare a Vanga, o a Takkola, o in Cina, o a Sovira, o a Surat, o ad Alessandria, o sulla costa di Koromandel, o nella grande India, o in un qualsiasi altro posto dove approdano le navi – così è colui, o re, che, nelle precedenti nascite, ha intrapreso il sentiero e praticato, seguito ed effettuato, osservato, modificata la propria condotta, compiuto questi tredici voti, che acquista tutti i risultati della vita ascetica, e tutta quell’estasi di pace e beatitudine.

22. Proprio come, o re, un agricoltore rimuoverà prima i difetti del terreno, come spine e sassi, e poi arando, seminando, irrigando, recintando, coltivando, mietendo e macinando, sarà proprietario di tanta farina, e signore dei poveri e dei bisognosi, ridotti in miseria e costretti a mendicare – così è colui, o re, che, nelle precedenti nascite, ha intrapreso il sentiero e praticato, seguito ed effettuato, osservato, modificata la propria condotta, compiuto questi tredici voti, che acquista tutti i risultati della vita ascetica, e tutta quell’estasi di pace e beatitudine.

23. Ed ancora, o re, proprio come un unto monarca è padrone delle leggi sui banditi, è un indipendente legislatore e signore e fa ciò che desidera, e tutta la grande terra è a lui soggetta – così, o re, è colui che ha intrapreso, praticato e compiuto nelle precedenti nascite tali voti, padrone, legislatore e signore nella dottrina dei Gloriosi, e tutte le virtù degli asceti sono sue.

24. E non fu Upasena, il Venerabile, uno dei figli dei Vanganta, che dopo aver praticato tutti i purificanti meriti dei voti, capace di rifiutare l’intesa dei membri dell’Ordine residenti a Savatthi, e di visitare con i suoi monaci il Maestro degli uomini, allora ritiratosi in solitudine, e quando si inchinò dinanzi a lui, si sedette ad un lato? E quando il Beato vide come il suo seguito aveva ben praticato, allora, felice e contento, li accolse con gentili parole e disse con la sua suadente voce:
“Piacevolissimo, Upasena, è il portamento dei tuoi seguaci. Come sei riuscito a farli esercitare così bene?”
Ed egli, così interrogato dall’onnisciente Beato, il signore di tutti i deva, così rispose al Beato sulla vera ragione della bontà della loro natura: “Chiunque, Signore, può venire da me a chiedermi l’ammissione all’Ordine o di diventare un mio discepolo, e a costui così dico: “Io, signore, sono un frequentatore delle foreste, mi procuro il cibo elemosinando, indosso solo questa misera veste. Se vuoi essere come me, posso ammetterti all’Ordine e diventare mio discepolo.” Quindi, se acconsente con gioia e ne è convinto, lo ammetto all’Ordine e diviene mio discepolo. Ma, se non è così, non lo ammetto in nessun modo. Così, Signore, li faccio praticare.” E così, o re, è colui che ha intrapreso, praticato e compiuto nelle precedenti nascite tali voti, padrone, legislatore e signore nella dottrina dei Gloriosi, e tutte le virtù degli asceti sono sue.

25. Proprio come, o re, un fiore di loto di gloriosa, pura ed alta discendenza ed origine è lucido, vellutato, desiderabile, odoroso, anelato, amato, lodato, non macchiato dall’acqua o dal fango, impreziosito da sottili petali, filamenti e pericarpi, territorio di molte api, un figlio della chiara e fresca corrente – così è quel discepolo dei Nobili che nelle nascite precedenti ha intrapreso il sentiero e praticato, seguito ed effettuato, osservato, modificata la propria condotta, compiuto questi tredici voti, e dotato delle trenta grazie. Quali trenta? La sua mente è colma di appassionato, tenero e dolce amore, il male è ucciso, distrutto, da dentro eliminato, ha posto fine ed abbandonato orgoglio e superbia, fermo, forte, saldo e inamovibile nella sua fede, egli entra nella gioia della sua mente, sommamente stimata e desiderabile pace e beatitudine dell’estasi della contemplazione pienamente sentita, egli esala il più eccellente ed ineguagliabile dolce sapore della rettitudine della vita, simile e caro a deva ed uomini, lodato dai migliori esseri, gli Arahat stessi, deva ed uomini godono nell’onorarlo, l’illuminato, il saggio e l’erudito lo approva, lo stima, lo apprezza e lo stima, non macchiato dall’amore di questo mondo e del prossimo, egli nota il pericolo anche nelle offese più piccole, ricco è nella migliore delle ricchezze – la ricchezza del frutto del Sentiero, la ricchezza di coloro che conoscono la suprema meta – egli partecipa al migliore dei quattro requisiti di un asceta che si ottengono con il chiedere, egli vive senza una casa incline a quella pregiata austerità che dipende dalla meditazione dei Jhana, egli ha dissolto tutta la rete del male, ha distrutto andando oltre ogni possibilità di rinascita nei cinque futuri stati, lo stesso con i cinque ostacoli nella vita presente (avidità, avversione, indolenza, orgoglio e dubbio), inalterato nel carattere, eccellente in condotta, non trasgredendo nessuna regola sui quattro requisiti di un asceta, è libero da ogni rinascita, ha superato ogni perplessità, la sua mente è completamente liberata, ha compreso il dhamma, è giunto nel sicuro e saldo rifugio lontano da ogni paura, le sette maligne inclinazioni (avidità, avversione, eresia, dubbio, orgoglio, desiderio per il divenire ed ignoranza) non sono più in lui radicate, ha raggiunto la fine dei Grandi Mali (avidità, Sé, illusione ed ignoranza), dimora nella pace e nella beatitudine dell’estasi della contemplazione, è dotato di tutte le virtù dell’asceta. Queste, o re, sono le trenta grazie di cui è adornato.

26. E non fu Sariputta, il Venerabile, o re, il migliore uomo in tutti i diecimila sistemi di mondi, l’unico Maestro al mondo? Ed egli che attraverso infinite epoche aveva accumulato merito, ed era rinato in una famiglia di brahmani, abbandonò tutte le delizie del piacere dei sensi, e rinunciò all’immensa ricchezza, per entrare nell’Ordine seguendo gli insegnamenti del Glorioso, e dopo aver frenato le sue azioni, le sue parole ed i suoi pensieri con questi tredici voti, divenne in questa vita un perfetto virtuoso, e dopo il Maestro, mise in moto la ruota del Dhamma nella dottrina di Gotama, il Beato. Così è stato detto, o re, dal Beato, il signore di tutti i deva, in quella eccellente raccolta, l’Anguttara Nikaya: “Non conosco, monaci, altro uomo dopo di me che ha messo in moto la ruota del Dhamma così bene come Sariputta. Sariputta, o monaci, mette in moto la ruota del Dhamma meglio di ogni altro.”

“Eccellente, Nagasena! L’intera nonupla parola del Buddha, l’eccelsa condotta, la somma e suprema meta da conquistarsi al mondo – tutte queste sono incluse nelle virtù che dipendono dall’osservare i voti.”

[Qui finisce il Nono capitolo.]

Qui termina la Soluzione dei Dilemmi.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di T. W. Rhys Davids. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoMilindapañha