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Milindapañha: Libro IV – Capitolo VII

Gli ostacoli

(Dilemma 61)

1. “Venerabile Nagasena, il Beato ha detto: “Vivete, monaci, dedicandovi e gustando il piacere di ciò che non ha Papañka (nessuno di quegli stati mentali che ritardano ed ostacolano un uomo nel suo cammino spirituale).”

“Cos’è ciò che non ha Papañka?”

“Il frutto della Conversione non ha Papañka, o re, il frutto di quella fase del Sentiero in cui vivono coloro che ritornano una sola volta, senza più rinascere, il frutto dello stato di Arahat non ha Papañka.”

“Ma se è così, Nagasena, allora perché i monaci si dedicano alla recitazione, a porre domande sui discorsi, alle composizioni in versi ed in prosa, alle esposizioni, ai poemi, ad accese emozioni, a brani che iniziano con: “Così disse.”, a storie di nascite, a racconti fantastici ed a estesi trattati? Perché si prodigano per nuovi alloggi, per doni ed offerte all’Ordine?”

2. “Coloro che fanno tutte queste cose, o re, lavorano per ottenere la liberazione dai Papañka (cioè lo stato di Arahat). Poiché mentre, o re, tutti quei monaci, puri per natura, coloro che nelle loro menti vi è un’impronta delle buone azioni fatte in una precedente nascita, possono diventare Arahat in un momento (essendo liberi dai Papañka), coloro che, d’altra parte, hanno le menti oscurate dal male compiuto possono diventare Arahat solo con questi mezzi.

3. Come quando, o re, un uomo che ha seminato un campo e fatto crescere un seme, con lo sforzo del proprio lavoro, senza alcuna protezione o difesa, può raccogliere la mietitura – mentre un altro uomo quando deve far crescere il seme deve recarsi nei boschi, e tagliare legna e rami per costruire una protezione, e solo così poter raccogliere la mietitura. Allo stesso modo coloro che sono puri per natura, nelle cui menti vi è un’impronta delle buoni azioni fatte in una nascita precedente, possono, in un momento, diventare Arahat, come l’uomo che raccoglie la mietitura senza protezione. Ma coloro che, d’altra parte, hanno le menti oscurate dal male compiuto possono diventare Arahat solo con questi mezzi – come l’uomo che può raccogliere la propria mietitura solo costruendosi una protezione.

4. Oppure come, o re, vi potrebbero essere dei frutti sulla cima di un grande albero di mango. Allora tutti coloro che posseggono il potere di Iddhi possono prendere quei frutti, ma tutti coloro che non l’hanno, devono prima tagliare rami e legna per costruire una scala, e con essa arrampicarsi sull’albero in modo da poter cogliere il frutto. Allo stesso modo coloro che sono puri per natura, nelle cui menti vi è un’impronta delle buoni azioni fatte in una nascita precedente, possono, in un momento, diventare Arahat, come l’uomo che prende il frutto con il potere di Iddhi. Ma coloro che, d’altra parte, hanno le menti oscurate dal male compiuto possono diventare Arahat solo con questi mezzi, come l’uomo che prende il frutto solo con l’aiuto della scala che ha costruito.

5. O come, o re, mentre un uomo che è portato per gli affari si recherà da solo dal suo signore per concludere qualsiasi affare intrapreso, un altro uomo, per quanto ricco, deve assumere altre persone al suo servizio per le sue ricchezze, e con il loro aiuto portare avanti gli affari – e per il bene dei suoi affari che ha bisogno di loro. Allo stesso modo coloro che sono puri per natura, nelle cui menti vi è un’impronta delle buoni azioni fatte in una nascita precedente, possono, in un momento, ottenere le Sei Qualità Trascendenti, come l’uomo che fa affari da solo, mentre quei monaci che hanno le loro menti oscurate dal male compiuto possono soltanto realizzare i vantaggi della rinuncia con questi mezzi, come l’uomo che ha bisogno degli altri per portare avanti i suoi affari.

6. Perciò la recitazione è un gran bene, o re, e il porre domande, e il controllare le opere di costruzione, e l’ottenere doni ed offerte è un gran bene – ognuna di loro o altri oggetti spirituali che i monaci cercano di ottenere. Come, o re, vi potrebbe essere qualcuno fra i ministri, o fra i soldati, o fa i messaggeri, o fra le sentinelle, o fra le guardie del corpo, o fra gli attendenti molto utile e servizievole al re, ma quando il re avesse qualche affare da sbrigare tutti lo aiutano – allo stesso modo tutte queste cose sono d’aiuto quando quegli oggetti si devono ottenere. Quando tutti gli uomini, o re, saranno diventati puri, allora non ci sarà nulla da compiere per un maestro. Ma finché vi saranno ancora dei discepoli, fino ad allora anche un uomo, o re, come il Venerabile Sariputta stesso (sebbene abbia ottenuto il culmine della saggezza e, per innumerevoli anni, abbia accumulato merito), troverà tuttavia impossibile, senza discepoli, ottenere lo stato di Arahat. Perciò, o re, l’ascolto delle Scritture è utile, così la recitazione, il porre domande su di esse. E perciò anche coloro che si dedicano a queste cose, divenendo liberi dagli ostacoli, otterranno lo stato di Arahat.”

“Molto bene mi avete fatto comprendere questo dilemma, Nagasena. Così è ed io accetto le vostre parole.”

[Qui finisce il dilemma sugli ostacoli.]

L’Arahat laico

(Dilemma 62)

7. “Venerabile Nagasena, la vostra gente afferma: “Chi ha ottenuto, come laico, lo stato di Arahat è possibile per lui una delle due condizioni, e nessun’altra – o entra nell’Ordine in quel giorno o muore, perché non può sopravvivere oltre quel giorno.

Ora, Nagasena, se in quel giorno non potesse procurarsi un maestro o un precettore, o una scodella e delle vesti, si ammetterebbe da solo, essendo un Arahat, e vivrebbe oltre quel giorno, o apparirebbe subito un altro Arahat tramite il potere di Iddhi e lo ammetterebbe, o morirebbe?”

“Non potrebbe, o re, anche se Arahat, ammettere se stesso. Perché chi si ammette da solo nell’Ordine è colpevole di furto. E non vivrebbe oltre quel giorno. Anche se arrivasse un altro Arahat o no, egli morirebbe lo stesso.”

“Allora, Nagasena, con qualsiasi mezzo si ottenga la santa condizione dello stato di Arahat verrebbe perduta, perché si distrugge una vita.

8. E’ la condizione della laicità che è in colpa, o re. In tale colpevole condizione, ed a causa della debolezza della stessa condizione, il laico che, in quanto tale, ha ottenuto lo stato di Arahat deve o entrare in quel giorno nell’Ordine o morire. Non è colpa dello stato di Arahat, o re. E’ la laicità che è in colpa, in quanto non è abbastanza forte.

Proprio come, o re, il cibo, che protegge e nutre la vita di tutti gli esseri, toglierà la vita di colui con uno stomaco malato, a causa di una cattiva digestione, il cui fuoco interno è fiacco e debole – allo stesso modo se un laico ottiene lo stato di Arahat con una condizione non adatta, allora a causa della debolezza della condizione egli deve o entrare in quel giorno nell’Ordine o morire.

Oppure come, o re, un povero, debole seguace di bassa nascita e di scarsa abilità, se venisse in possesso di un grande e potente regno, sarebbe incapace di sostenere la dignità – allo stesso modo se un laico ottiene lo stato di Arahat, allora sarebbe incapace di sostenere quella condizione. E tale è la ragione per cui egli deve, in quel giorno, o entrare nell’Ordine o morire.”

“Molto bene, Nagasena! Così è ed io accetto le vostre parole.”

[Qui finisce il dilemma sull’Arahat laico.]

Le colpe dell’Arahat

(Dilemma 63)

9. “Venerabile Nagasena, un Arahat può essere negligente?”

“Gli Arahat, o re, hanno deposto la negligenza. Essi sono sempre vigili.”

“Ma un Arahat può commettere una colpa?”

“Sì, o re.”

“In che modo?”

“Nella costruzione della sua cella, o nel rapporto (con l’altro sesso), o nell’immaginare il tempo sbagliato (per il pasto di mezzogiorno) come quello giusto, o dimenticare l’invito quando invitato (ad un pasto), o nel prendere del cibo credendolo suo.”

“Ma, venerabile Nagasena, la vostra gente dice: “Coloro che commettono delle colpe, le commettono per due motivi, o per negligenza o per ignoranza.” Ora è negligente l’Arahat che commette delle colpe?”

“No, o re.”

“Allora se l’Arahat commette delle colpe, e tuttavia è sempre vigile, deve essere capace di negligenza.”

“Egli non è capace di negligenza, tuttavia l’Arahat potrebbe commettere delle colpe.”

“Allora convincetemi con una buona ragione.”

10. “Vi sono due tipi di colpe, o re – quelle che violano la legge morale comune e quelle che violano le Regole (dell’Ordine). E quali violano la legge morale comune? I dieci modi di cattiva azione (uccidere, rubare, mancanza di castità, mentire, maldicenza, linguaggio offensivo, linguaggio frivolo, avidità, malizia e falsa dottrina). Queste cose sono contro la legge morale. E quali violano le Regole? Ciò che nel mondo è inopportuno e scorretto per gli Asceti, ma non per i laici – cose riguardanti le regole dettate dal Beato ai suoi discepoli, da rispettare per tutta la vita. Mangiare dopo mezzogiorno, o re, non è sbagliato per i mondani, ma è sbagliato per coloro che seguono la dottrina (l’Ordine) dei Gloriosi. Nuocere alle piante ed ad arbusti non è una colpa agli occhi del mondo, ma è sbagliato per la dottrina. L’abitudine di fare esercizio fisico nell’acqua non è una colpa per un laico, ma è sbagliato per la dottrina. E tante altre cose di questo genere, o re, sono giuste per il mondo, ma sbagliate nella dottrina dei Gloriosi. Ecco cosa intendo per Regole. Ora l’Arahat (colui che ha distrutto il Grande Male) è incapace di commettere delle colpe contro qualsiasi legge morale, ma può, inconsapevolmente, commettere delle colpe contro le regole dell’Ordine. Non è nella sfera di ogni Arahat sapere ogni cosa, né davvero in suo potere. Egli può ignorare il nome personale o di famiglia di qualche uomo o donna. Può ignorare qualche strada di questo mondo. Ma ogni Arahat sa della liberazione, e l’Arahat dotato dei sei modi di conoscenza trascendentale sa ciò che è alla sua portata, ed un Tathagata onnisciente, o re, sa tutto.”

“Molto bene, Nagasena! Così è ed io accetto le vostre parole.”

[Qui finisce il dilemma sulle colpe dell’Arahat.]

E’, ma non nel mondo

(Dilemma 64)

11. “Venerabile Nagasena, nel mondo dei Buddha, dei Pakkeka-Buddha, dei discepoli dei Tathagata, dei supremi sovrani, dei re di un solo paese, dei deva e degli uomini si trova il ricco ed il povero, il felice e l’infelice; uomini che sono divenuti donne, e donne che sono divenute uomini; vi sono buone e cattive azioni, ed esseri che sperimentano il risultato delle loro virtù e dei loro vizi; troviamo creature nate da uova, nell’acqua, in sedimento, o venute alla luce da una semplice ed apparente nascita; creature senza piedi, bipedi e quadrupedi, e creature con molti piedi; troviamo Yakkha e Rakkhasa, Kumbhanda, Asura, Danava, Gandhabba, Peta e Pisaka, Kinnara, Mahoraga, Naga e Supanna, maghi e stregoni; ci sono elefanti, cavalli, mandrie, bufali, cammelli, asini, capre, pecore, cervi, maiali, leoni, tigri, leopardi, orsi, lupi, iene, cani, sciacalli e molte specie di uccelli; vi è l’oro e l’argento, la perla, il diamante, la calce, la roccia, il corallo, il rubino, la pietra di Masara, l’occhio di gatto, il cristallo, il quarzo, il ferro, il rame, l’ottone ed il bronzo; vi è il lino, la seta, il cotone, la canapa e la lana; vi è il riso, l’orzo, il miglio, il grano kudrusa, i fagioli, il frumento, il seme oleoso e la veccia; vi sono profumi preparati da radici, la linfa, il midollo, la buccia, le foglie, i fiori, i frutti e tante altre cose; troviamo l’erba, i cespugli, gli alberi, le erbe medicinali, le foreste, i fiumi, le montagne, i mari, i pesci e le tartarughe; tutto è nel mondo. Ditemi, venerabile, allora cosa non vi è nel mondo?”

12. “Vi sono tre cose, o re, che non potete trovare nel mondo. E quali sono? Tutto ciò, che cosciente o incosciente, non è soggetto alla decadenza ed alla morte – ciò non lo troverete. Quella qualità di ogni cosa, (organica o inorganica), che non è impermanente – ciò non lo troverete. E nel senso più alto non esiste nulla come l’essere.”

“Molto bene, Nagasena! Così è ed io accetto le vostre parole.”

[Qui finisce il dilemma su cosa non vi è nel mondo.]

Realtà senza una causa

(Dilemma 65)

13. “Venerabile Nagasena, vi sono esseri nel mondo che sono venuti ad esistere mediante il Kamma, altri che sono il risultato di una causa ed altri prodotto dei tempi. Ditemi, vi è qualcosa che non fa parte di queste tre circostanze?”

“Vi sono due di tali cose, o re. Quali due? Lo spazio, o re, ed il Nibbana.”

“Ora non danneggiate la parola dei Gloriosi, Nagasena, col rispondere ad una domanda senza sapere ciò che dite!”

“Come? Vi prego, o re, perché dite così?”

“Venerabile Nagasena, è giusto quello che avete detto sullo spazio. Ma con centinaia di ragioni il Beato proclamò ai suoi discepoli il sentiero per realizzare il Nibbana. Tuttavia voi dite che il Nibbana non è il risultato di una qualsiasi causa!”

“Senza dubbio, o re, il Beato diede centinaia di ragioni per farci entrare nel sentiero per realizzare il Nibbana. Ma non parlò mai di una causa con cui poteva essere prodotto il Nibbana.”

14. “Ora, Nagasena, siamo passati dal buio all’oscurità totale, da una giungla ad una giungla più fitta, da un boschetto ad una foresta – nonostante ciò voi dite che vi è una causa per la realizzazione del Nibbana, ma nessuna causa da cui sorge. Nagasena, come un figlio ha un padre, allora dobbiamo supporre che quel padre abbia un padre – o come il discepolo ha un maestro, allora dobbiamo supporre che quel maestro abbia un maestro – o come la pianta deriva da un seme, quindi dobbiamo supporre che quel seme derivi anch’esso da un seme – allo stesso modo, Nagasena, se ci fosse una ragione per la realizzazione del Nibbana, dobbiamo supporre che vi sia anche una ragione per la sua origine – allo stesso modo se vediamo la cima di un albero, o di un cespuglio, dovremmo concludere che vi sia anche una parte centrale ed una radice.”

“Il Nibbana, o re, non è può essere prodotto e non è stata dichiarata nessuna causa per la sua origine.”

“Suvvia, Nagasena, datemi una ragione per questo. Convincetemi con un argomento, in modo da sapere come mai che, mentre vi è una causa per la realizzazione del Nibbana, non vi è invece una causa che determina lo stesso Nibbana.”

15. “Allora, o re, prestate attenzione ed ascoltate bene, ed io vi dirò la ragione.
Un uomo, o re, potrebbe con le proprie forze, scalare la cima dell’Himalaya, il re delle montagne?”

“Sì, venerabile.”

“Ma un uomo, con le proprie forze, potrebbe portare l’Himalaya in questo luogo?”

“Certo che no, venerabile.”

“Bene! Perciò mentre può essere dichiarata una causa per la realizzazione del Nibbana, la causa della sua origine non si può. E, o re, un uomo potrebbe, con le proprie forze, attraversare il grande oceano con una nave, e così salpare sulla riva più lontana?”

“Sì, venerabile.”

“Ma un uomo, con le proprie forze, potrebbe portare la riva più lontana dell’oceano in questo luogo?”

“Certo che no, venerabile.”

“Bene! Perciò mentre può essere dichiarata una causa per la realizzazione del Nibbana, la causa della sua origine non si può. E perché? Perché il Nibbana non è una realtà composta.”

16. “Come, venerabile?! Non è composto?”

“No, o re. Non è composto, non ha origine. Il Nibbana, o re, non è prodotto né può essere prodotto, né è passato, presente o futuro, né è percettibile dall’occhio o dall’orecchio o dal naso o dalla lingua o dal tatto.”

“Ma se è così, Nagasena, allora state dimostrando che il Nibbana è una condizione che non esiste, Non vi è nulla come il Nibbana.”

“Il Nibbana esiste, o re. Ed è percettibile dalla mente, da una mente pura, retta e raffinata, libera da ostacoli, libera da brame, con cui il discepolo dei Nobili, pienamente realizzato, può sperimentare il Nibbana.”

17. “Allora, venerabile, cos’è il Nibbana? Un Nibbana (intendo) che possa essere spiegato con delle similitudini. Convincetemi con un argomento, in modo da dimostrare la sua esistenza con delle similitudini.”

“Esiste una realtà chiamata vento, o re?”

“Certamente.”

“Allora mostratemelo, ve ne prego, o re – con il suo colore, o con la sua forma, sottile o grossolana, o breve o lunga!”

“Ma il vento, Nagasena, non può essere mostrato in quel modo. Per sua natura non può essere né preso in una mano né compresso. Tuttavia esiste.”

“Se non potete mostrarmi il vento, allora non esiste.”

“Ma io so che esiste, Nagasena. Ne sono convinto, anche se non posso mostrarvelo.”

“Bene! Allo stesso modo, o re, il Nibbana esiste, anche se non può essere mostrato con un colore o con una forma.”

“Molto bene, Nagasena! Così è ed io accetto le vostre parole.”

[Qui finisce il dilemma sul Nibbana.]

Modi di produzione

(Dilemma 66)

18. “Venerabile Nagasena, cosa sono coloro che vengono definiti con questo riferimento: “nati da Kamma”, “nati da causa” e “nati da eventi” ? E cos’è ciò che non fa parte di questi?”

“Tutti gli esseri coscienti, o re, sono nati da Kamma (venuti ad esistere come il risultato del kamma). Il fuoco, e tutte le cose che crescono da semi, sono nati da causa (il risultato di una causa materiale preesistente). La terra, le montagne, l’acqua ed il vento – tutte sono nate da eventi (la loro esistenza dipende da ragioni legate al tempo). Lo Spazio ed il Nibbana esistono indipendentemente sia da Kamma sia da causa sia da eventi. Del Nibbana, o re, si può dire tutto tranne che sia nato da Kamma o nato da causa o nato da eventi; il Nibbana, o re, non è prodotto né può essere prodotto, né è passato, presente o futuro, né è percettibile dall’occhio o dall’orecchio o dal naso o dalla lingua o dal tatto. E’ percettibile dalla mente, da una mente pura, retta e raffinata, libera da ostacoli, libera da brame, con cui il discepolo dei Nobili, pienamente realizzato, può sperimentare il Nibbana.”

“Bene, questo delizioso dilemma, Nagasena, è stato ben analizzato, chiarito dal dubbio, condotto alla certezza. La mia perplessità è finita appena vi ho consultato, o migliore dei migliori maestri!”

[Qui finisce il dilemma sui modi di produzione.]

I demoni morti

(Dilemma 67)

19. “Venerabile Nagasena, vi sono nel mondo i demoni (Yakkha)?”
“Sì, o re.”
“Lasceranno quella condizione (usciranno da quella fase dell’esistenza)?
“Sì.”
“Ma se è così, perchè i resti degli Yakkha morti non si trovano, né si sente alcun odore dei loro cadaveri?”
“I loro resti si trovano, o re, ed un odore emana dai loro corpi morti. I resti di un cattivo Yakkha si possono vedere nella forma di vermi, scarafaggi, formiche, falene, serpenti, scorpioni, millepiedi, uccelli e bestie feroci.”
“Solo un sapiente come voi, Nagasena, ha potuto risolvere un dilemma come questo.”

[Qui finisce il dilemma sui demoni morti.]

Il metodo per promulgare le regole

(Dilemma 68)

20. “Venerabile Nagasena, coloro che sono stati maestri di medici in tempi passati – Narada, Dhammantari, Augirasa, Kapila, Kandaraggisama, Atula, Pubba Kakkayana – ognuno di questi maestri, avendo conosciuto da soli, senza alcuna omissione, il sorgere della malattia, la sua causa, la sua natura, il suo sviluppo, la sua cura, il suo trattamento e il suo evolversi compose il suo trattato interamente, approfittando dell’occasione, ed indicando che in questo ed in quest’altro corpo potrebbe sorgere questa o quest’altra malattia. Ora nessuno di loro era onnisciente. Perché allora il Tathagata, che era onnisciente, e conosceva, tramite la profonda visione di un Buddha, gli eventi futuri, determinando in anticipo che per questa o quest’altra occasione, questa o quest’altra regola sarebbe opportuna, non dettò subito l’intero codice delle regole; invece di dettarle a poco a poco in base al sorgere di ogni occasione, quando il disonore (dell’atto sbagliato) è stato già compiuto, quando il male è stato già diffuso e diventato grande, quando la gente era già colma di indignazione?”

21. “Il Tathagata, o re, conosceva molto bene che nel tempo le 150 regole sarebbero state esposte a quegli uomini. Ma il Tathagata, o re, così pensò: “Se dovessi esporre tutte le 150 regole in una sola volta, la gente sarebbe terrorizzata, e chi desiderava entrare nell’Ordine potrebbe rinunciare, dicendo: “ Quante regole da osservare! E’ difficile seguire la dottrina dell’asceta Gotama!” – non avrebbe avuto fiducia nelle mie parole; la loro mancanza di fede li avrebbe fatto nascere in stati di sofferenza. Perciò come nasce l’occasione, con un discorso religioso, esporrò, quando il male è divenuto manifesto, ogni Regola.”
“Una cosa meravigliosa vi è nei Buddha, Nagasena, e straordinaria: la grandezza dell’onniscienza del Tathagata. E’ proprio così, venerabile Nagasena. Questo argomento è stato ben compreso dal Tathagata – nell’ascoltare tutto quello che gli esseri devono osservare, gli uomini sarebbero terrorizzati tanto che neanche uno avrebbe seguito la dottrina dei Gloriosi. Così è ed io accetto le vostre parole.”

[Qui finisce il dilemma sull’esposizione delle Regole.]

Il calore del Sole

(Dilemma 69)

22. “Venerabile Nagasena, questo Sole brucia sempre ardentemente, o vi sono tempi in cui splende con poco calore?”
“Brucia sempre ardentemente, o re, mai lievemente.”
“Ma se è così, com’è che il calore del Sole a volte è maggiore ed a volte no?”

23. “Vi sono quattro ostacoli, o re, che accadono al Sole, e leso da uno o da altri di questi il suo calore diminuisce. Quali quattro? Le nuvole, o re, la nebbia, il fumo, le eclissi – questi sono i quattro ostacoli, o re, che accadono al Sole, e leso da uno o da altri di questi il suo calore diminuisce.”
“Meraviglioso, Nagasena, straordinario che persino il Sole, così trascendente in gloria soffra di tali ostacoli – tanto più, dunque, le altre creature inferiori. Nessuno, tranne voi, avrebbe potuto darmi una simile spiegazione!”

[Qui finisce il dilemma sul calore del Sole.]

Le stagioni

(Dilemma 70)

24. “Venerabile Nagasena, perché il calore del Sole è più caldo in inverno che in estate?”
“Nella stagione calda, o re, la polvere si alza fino alle nuvole ed il polline, mosso dal vento, giunge in cielo, e le nuvole si moltiplicano nei cieli, e le burrasche soffiano con molta forza. Tutto questo, ammassato e raccolto assieme, ostruisce i raggi del Sole, e così nella stagione calda il calore del Sole sembra diminuire. Invece nella stagione fredda, o re, la terra sottostante riposa, le piogge sono poche, la polvere è ferma, il polline vaga dolcemente nell’aria, il cielo è libero da nubi, e soffia una leggera brezza. Siccome tutti questi hanno cessato di agire i raggi del sole diventano chiari, e liberato da ogni ostacolo il calore del Sole cresce ed arde. Questa, o re, è la ragione per cui il calore del sole è più caldo d’inverno che d’estate.
Così, liberato dai numerosi ostacoli, il Sole splende con fierezza, mentre ciò non può essere quando piove e tutti quegli ostacoli sono presenti.”

“Molto bene, Nagasena! Così è ed io accetto le vostre parole.”

[Qui finisce il dilemma sulle stagioni.]

Qui termina il settimo capitolo.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di T. W. Rhys Davids. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoMilindapañha