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Milindapañha: Libro III – Capitolo VI

Il corpo per gli asceti

Il re disse: “Il corpo per voi asceti è importante, Nagasena?”
“No, o re.”
“Allora perché lo nutrite e ne avete cura?”
“Siete mai stato ferito da una freccia durante una battaglia, o re?”
“Sì, è successo.”

“In questi casi, o re, la ferita non è unta con unguenti, cosparsa di olio e fasciata con una benda?”
“Sì, così si fa.”
“Ed allora? Vi è cara la ferita tanto da trattarla bene ed averne cura?”
“No, non mi è cara, ciò che si fa è per far crescere di nuovo la carne.”
“Proprio così, grande re, è per gli asceti il corpo. Senza alcun attaccamento per esso, essi si prendono cura del corpo per essere retti in vita. Il corpo, o re, è stato paragonato dal Beato ad una ferita. E quindi semplicemente come una ferita, e senza attaccamento, gli asceti si prendono cura del corpo. Perciò così è stato detto dal Beato:
“Coperto da una viscida pelle, una cosa sporca ed impura,
con nove aperture, trasuda come una ferita.”

“Ottima risposta, Nagasena.”

Le regole

Il re disse: “Il Buddha, Nagasena, l’onnisciente, previde tutte le realtà?”
“Sì. Il Beato non fu solo onnisciente. Egli era anche onniveggente.”
“Allora perché diede le regole di volta di volta o quando nasceva un’occasione ai membri dell’Ordine?”
“Vi è un dottore, o re, che conosce tutte le medicine che vi sono in questo mondo?”
“Sì, vi può essere.”

“Allora, o re, dà le sue medicine al paziente quando è malato o quando è sano?”
“Quando è malato.”
“Proprio così, grande re, il Beato, sebbene fosse onnisciente e onniveggente, non diede le regole fuori tempo, ma solo quando vi era necessità per i discepoli di osservare delle regole durante la loro vita.”

“Siete saggio, Nagasena.”

I segni corporei del Buddha

Il re disse: “E’ vero, Nagasena, che il Buddha era dotato dei 32 segni corporei di un Grande Uomo, ed onorato con le ottanta caratteristiche sussidiarie; che possedeva una pelle color oro, e che era cinto da una gloriosa e profonda aureola?”
“Così era il Beato, o re.”
“Ma erano così anche i suoi genitori?”
“No, o re.”
“E come mai? Un figlio somiglia o a sua madre, o alla parte materna, o a suo padre, o alla parte paterna!”

Il monaco replicò: “Vi è, o re, un fiore di loto con cento petali?”
“Sì, vi è.”
“Dove cresce?”
“Cresce nel fango e diventa perfetto nell’acqua.”
“Ma il loto somiglia al fango dove cresce, in colore, in odore ed in sapore?”
“Certo che no.”
“Allora somiglia all’acqua.”
“Neanche.”
“Proprio così, grande re, era il Beato dotato dei 32 segni corporei di un Grande Uomo e delle caratteristiche che avete menzionato, sebbene i suoi genitori non li avessero.”

“Ottima risposta, Nagasena.”

La purezza del Buddha

Il re disse: “Il Buddha era puro in condotta (era un Brahma-karin), Nagasena?”
“Sì, grande re.”
“Allora, Nagasena, era un seguace di Brahma.”

“Avete un elefante reale, o re?”
“Certamente.”
“Quell’elefante fa il verso degli aironi?”
“Oh, sì.”
“Allora è un seguace degli aironi?”
“No di certo.”

“Ora ditemi, grande re, Brahma possiede la saggezza oppure no?”
“E’ un essere con saggezza.”
“Allora (secondo il vostro ragionamento) è sicuramente un seguace di Buddha.”

“Ottima risposta, Nagasena.”

L’ordinazione del Buddha

Il re disse: “L’ordinazione è una buona cosa?”
“Sì, è un’ottima cosa.”

“Ma il Buddha la ottenne oppure no?”
“Grande re, quando il Buddha ottenne l’onniscienza ai piedi dell’albero della Conoscenza, quella fu per lui un’ordinazione. Non ebbe conferimento di ordinazione da parte di altri – come il Buddha ha stabilito per i suoi discepoli, da non trasgredirsi mai durante la loro vita!”

“Verissimo, Nagasena.”

Le lacrime

Il re disse: “A quale di questi due, Nagasena – l’uomo che piange la morte della madre, e l’uomo che piange per amore del Dhamma – sono una cura le lacrime?”
“Le lacrime del primo, o re, sono calde e macchiate dai tre fuochi della passione. Le lacrime dell’altro sono fresche e pure. Ora vi è cura nella calma e nella freschezza, ma nel calore e nella passione non vi può essere cura.”

“Molto bene, Nagasena.”

La differenza

Il re disse: “Qual è la differenza tra colui che è colmo di passione e tra colui che ne è privo, Nagasena?”
“Uno è oppresso dalla brama, o re, e l’altro no.”
“Ma questo cosa significa?”
“Uno è servo, o re, l’altro no.”
“Così la intendo io, venerabile. Colui che è colmo di passione e colui che ne è privo – entrambi uguali – desiderano ciò che è buono da mangiare, sia grezzo sia raffinato. E nessuno dei due desidera ciò che è male.”
“L’uomo sensuale, o re, nel mangiare il suo cibo gode del gusto e dell’avidità che sorge dal sapore, invece l’uomo libero da avidità sperimenta solo il sapore, e non l’avidità che ne nasce.”

“Ottima risposta, Nagasena.”

Dove dimora la saggezza

Il re disse: “Dove dimora la saggezza, venerabile Nagasena?”
“In nessun luogo, o re.”
“Allora, venerabile, non esiste la saggezza.”

“Dove dimora il vento, o re?”
“In nessun luogo, venerabile.”
“Allora non esiste il vento.”

“Ottima risposta, Nagasena.”

La trasmigrazione

Il re disse: “Quando parlate di trasmigrazione, Nagasena, cosa intendete?”
“Un essere nato qui, o re, qui muore. Essendo morto qui, rinasce altrove. Essendo altrove rinato, lì muore. Essendo lì morto, rinasce altrove. Questo si intende per trasmigrazione.”

“Datemi un esempio.”
“E’ come quando un uomo che, dopo aver mangiato un mango, ne piantasse il seme nel terreno. Da quel seme nascesse un grande albero, il quale dà dei frutti, e così via. In questo modo non si pone mai fine al ciclo degli alberi di mango.”

“Molto bene, Nagasena.”

La memoria

Il re disse: “Da cosa, Nagasena, ci si ricorda il passato e ciò che è avvenuto tempo fa?”
“Dalla memoria.”
“Ma non è dalla mente, e non dalla memoria che noi ricordiamo?”
“Vi ricordate qualche affare, o re, che avete fatto per poi dimenticarlo?”
“Sì.”
“Ed allora? Eravate senza una mente?”
“No. La mia memoria ha fallito.”
“Allora perché dite che non è dalla mente, e non dalla memoria che noi ricordiamo?”

“Molto bene, Nagasena.”

Com’è la memoria

Il re disse: “La memoria, Nagasena, sorge sempre soggettivamente, o è stimolata da una suggestione esterna?”
“In entrambi i modi.”
“Allora tutta la memoria è in origine soggettiva e mai impartita?”
“Se, o re, non vi fosse una memoria impartita, allora gli artigiani non avrebbero bisogno di imparare, l’arte, l’istruzione ed i maestri sarebbero inutili. Ma non è così.”
“Molto bene, Nagasena.”

Qui finisce il Sesto Capitolo.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di T. W. Rhys Davids. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoMilindapañha