Punto controverso: I poteri del Buddha sono comuni ai discepoli.
Commentario: Questa è un’opinione tra gli Andhaka, derivata da una considerazione superficiali dei dieci Sutta dell’Anuruddha Samyutta, che inizia con: ‘Monaci, dalla pratica e dallo sviluppo delle Quattro Applicazioni della Consapevolezza, comprendete anche ciò che è realmente l’occasione causale in quanto tale, e ciò che non è l’occasione causale, ecc. Ora, dei “dieci poteri” di un Tathagata, alcuni sono completamente in comune con i suoi discepoli, altri no e altri ancora sono in parte comuni a entrambi. Tutti possono condividere la visione profonda dell’estinzione degli influssi impuri (asava); egli solo discerne i gradi di sviluppo dei poteri di controllo (indriyani). L’occasione causale di qualsiasi cosa, così come altre sette questioni, il Tathagata le conosce senza limiti, mentre il discepolo le conosce solo entro un certo limite. Il secondo può enunciarle, il primo può spiegarle. Ma gli Andhaka dicono che tutto il suo potere era in comune con i suoi discepoli.
Theravāda: Se la vostra tesi è vera, dovete anche affermare che il potere del Tathāgata è il potere del discepolo e viceversa, sia che prendiate il potere in generale, o questo o quel potere, o il potere di questo o quel tipo. E dovete anche affermare che la precedente applicazione del discepolo, la precedente linea di condotta, gli insegnamenti della Dottrina, le istruzioni della Dottrina, sono dello stesso tipo di quelli del Tathāgata. Ma tutti questi corollari li negate… .
Naturalmente affermate che il Tathagata è il Conquistatore, il Maestro, il Buddha Supremo, l’Onnisciente, l’Onniveggente, il Signore del Dhamma, la Fonte del Dhamma. Ma voi rifiutate questi titoli ai discepoli. Né ammetterete che i discepoli, come il Tathāgata, siano in grado di creare un sentiero dove non c’era, di produrre un sentiero che non era stato creato, di proclamare un sentiero sconosciuto, di essere conoscitori e veggenti del sentiero e di esserne gli esperti.
Se si afferma che uno dei poteri del Tathāgata, quello di comprendere come sono realmente i diversi gradi di sviluppo dei nostri poteri di controllo (indriyāni), è condiviso dai discepoli, si deve anche ammettere che un discepolo è onnisciente, onniveggente.
Andhaka: Ma ammetterete che se un discepolo è in grado di distinguere un’occasione causale da un’occasione che non lo è, sarebbe giusto dire che la visione profonda autentica di questo tipo è comune al Tathāgata e al discepolo. Ma voi vi rifiutate di dire questo… .
Inoltre, ammetterete che se un discepolo conosce, nella sua occasione causale e nelle sue condizioni, il risultato delle azioni compiute nel passato, nel futuro e nel presente, sarebbe giusto dire che la visione profonda autentica di questo tipo è comune al Tathāgata e al discepolo. Anche questo vi rifiutate di affermare.
Un’implicazione simile vale per il potere di conoscere la tendenza di qualsiasi corso dell’azione, di conoscere i mondi di elementi molteplici e intrinsecamente diversi; di conoscere le molteplici cose che gli esseri hanno compiuto per libera scelta, di conoscere le conquiste nei Jhāna o nella Liberazione o nella Concentrazione – le loro impurità, la loro purezza e l’emergere da esse; di sapere come ricordare le vite precedenti; di sapere da dove gli esseri stanno decedendo e dove stanno rinascendo. Tutti questi corollari, cioè che se un discepolo sa, dove un Tathāgata sa, la conoscenza è comune a entrambi, voi li negate. Infine, gli influssi impuri non sono forse estinti per un discepolo come per un Tathāgata? O c’è qualche differenza tra la loro estinzione per un Tathāgata e la loro estinzione per un discepolo, o tra la conseguente liberazione per un Tathāgata e quella per un discepolo? “Nessuna”, dite voi; allora sicuramente la mia tesi è valida.
Inoltre, avete ammesso che un Tathāgata condivide con il discepolo il potere della visione profonda dell’estinzione degli influssi impuri, così come sono in realtà, ma non ammettete – anche se sicuramente dovete farlo – che questo è il caso della sua conoscenza degli antecedenti causali reali e di quelli non reali… e anche della morte e della rinascita degli esseri. Ma non ammettete – anche se sicuramente dovete farlo – che questo è il caso della sua conoscenza degli antecedenti causali reali e di quelli che non lo sono… e anche della morte e della rinascita degli esseri.
Affermate quindi che il potere della visione profonda del Tathāgata di discernere tra un antecedente causale reale e uno che non lo è, non è comune ai discepoli. Eppure vi rifiutate di tracciare questa linea nel caso dell’estinzione degli influssi impuri. Allo stesso modo, nel caso dei restanti otto poteri, il che è assurdo.
Inoltre, ammettete che il potere della visione profonda del Tathāgata di conoscere come sono realmente i gradi di sviluppo dei poteri di controllo non è in comune con i discepoli. Ma non ammettete altrettanto per quanto riguarda la visione profonda di ciò che sono realmente gli antecedenti causali e ciò che non lo sono… né per quanto riguarda la visione profonda dell’estinzione degli intossicanti. (Qui, al contrario, si trovano poteri comuni).
D’altra parte, ammettete un potere comune nel discernimento di ciò che è veramente un’occasione causale… e dell’estinzione degli influssi impuri. Ma non ammettete allo stesso modo un potere comune nel discernimento dei gradi di sviluppo dei poteri di controllo: come mai?
The Points of Controversy, traduzione in inglese dalla versione pâli del Kathāvatthu dell’Abhidhamma di Shwe Zan Aung e C.A.F. Rhys Davids. Pubblicato per la prima volta dalla Pali Text Society, 1915.Tradotto in italiano da Enzo Alfano.
Testo: Kathavatthu