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Jtk 3: Serivavāṇijajātaka – Serivanija Jātaka

Una volta nel regno di Seri, cinque eoni fa, il Bodhisatta commerciava in pentole e padelle e veniva chiamato “il Seriva”. Assieme ad un altro mercante che vendeva le stesse merci, un tipo avido, conosciuto anche lui come “il Seriva”, attraversò il fiume Telavaha ed entrò nella città di Andhapura. Dopo aver diviso le strade della città con l’altro mercante, si mise a vendere le sue merci nelle strade della sua zona, e l’altro fece lo stesso nella sua zona.

Ora in quella città c’era una famiglia caduta in disgrazia. Un tempo erano stati ricchi mercanti, ma al momento della nostra storia avevano perso tutti i figli e i fratelli e tutta la loro ricchezza. Le uniche sopravvissute erano una ragazza e sua nonna, e si guadagnavano da vivere lavorando a servizio.
Tuttavia, avevano portato a casa loro la ciotola d’oro dove un tempo mangiava il grande mercante, il capofamiglia; ma era stato abbandonata tra pentole e padelle e, essendo stata a lungo fuori uso, era ricoperta di sporcizia, tanto che le due donne non sapevano che era d’oro. Alla porta della loro casa giunse l’avido mercante, annunciando: “Si vendono vasi d’acqua! Si vendono vasi d’acqua!” E la fanciulla, notandolo, disse a sua nonna: “Oh, comprami un ninnolo, nonna.”

“Siamo molto poveri, mia cara; cosa possiamo offrire in cambio?”
“Offriamo questa ciotola che non ci serve.”

La vecchia chiamò il mercante e gli offrì la ciotola, dicendo: “Prendi questa, signore, e sii così buono da dare alla ragazza qualcosa in cambio.”

Il mercante prese la ciotola in mano e la osservò con attenzione, sospettando che fosse d’oro, la graffiò sul retro con un ago, e così fu sicuro che era vero oro. Quindi, pensando che avrebbe potuto avere la ciotola senza dare nulla alle donne, disse: “Questa ciotola non vale nulla!” – e dopo aver gettato la ciotola a terra, si alzò dal suo posto e lasciò la casa.

Ora, come era stato concordato sulla divisione delle varie zone tra i due mercanti, il Bodhisatta entrò in quella stessa strada e apparve alla porta della casa, gridando: “Vasi d’acqua!” Ancora una volta la fanciulla fece la stessa richiesta a sua nonna; e la vecchia rispose: “Mia cara, il primo mercante ha gettato la nostra ciotola a terra e se n’è andato. Cosa ci resta da offrire adesso?”

“Oh, ma quel mercante era un uomo sgarbato, cara nonna; mentre questo sembra un bell’uomo e parla gentilmente. Molto probabilmente la prenderebbe. “Chiamalo allora.” Quindi lo invitarono a entrare in casa, lo fecero sedere e gli offrirono la ciotola. Vedendo che la ciotola era d’oro, disse: “Questa ciotola vale centomila denari; non ho tutta questa somma con me.”

“Signore, il primo mercante che è venuto qui ha detto che non valeva nulla; così l’ha gettata a terra e se n’è andato. Grazie alla vostra bontà che questa ciotola si è trasformata in oro. Prendetela, dateci qualcosa in cambio e andate per la vostra strada.” In quell’occasione il Bodhisatta aveva 500 monete e altra merce che valeva molto di più. Diede tutto, dicendo: “Lasciatemi solo la bilancia, la borsa e questo denaro.”

Avendo avuto il dovuto, raggiunse in fretta il fiume dove diede otto monete al traghettatore e si imbarcò. Successivamente quell’avido mercante era tornato alla casa e aveva chiesto loro di portare fuori la loro ciotola, dicendo che avrebbe dato loro qualcosa in cambio. Ma la vecchia imprecò contro di lui queste parole: “Hai detto che la nostra ciotola d’oro non valeva nulla. Ma è venuto un mercante (forse il tuo padrone), che ci ha dato mille monete e l’ha portata via.”

Quindi il mercante esclamò: “Mi ha derubato di una ciotola d’oro del valore di centomila monete; mi ha procurato una grave perdita.” Un intenso dolore si abbatté su di lui, tanto da farlo impazzire per la disperazione. Gettò tutti i suoi averi davanti alla porta di casa; si spogliò completamente; e, brandendo il braccio della sua bilancia come un’arma, rincorse il Bodhisatta fino al fiume.

Trovando quest’ultimo che si allontanava con la barca, gridò al traghettatore di tornare indietro, ma il Bodhisatta gli disse di non farlo. Mentre il Bodhisatta si allontanava, fu colpito da un grave malore; il sangue fluiva dalla bocca e il suo cuore andò in frantumi. Morì sul colpo colmo d’odio per il Bodhisatta. (Fu la prima volta che Devadatta concepì il suo odio contro il Bodhisatta.)

Il Bodhisatta, dopo una vita trascorsa compiendo del bene e altre buone opere, trapassò secondo i suoi meriti.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Robert Chalmers, 1895. The Jātaka, or Stories of the Buddha’s Former Births, edited by E.B. Cowell, published by The Cambridge University Press.Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

TestoJataka