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Jtk 27: Abhinha-jataka

Nessun boccone riesce a mangiare.”– Questa storia fu narrata dal Maestro a Jetavana, riguardo un discepolo laico ed un anziano Venerabile.
La tradizione dice che c’erano a Savatthi due amici, dei quali uno si unì alla Confraternita ma era solito andare tutti i giorni alla casa dell’altro, dove il suo amico gli dava elemosina e cibo e faceva un pasto per sé stesso, e poi lo riaccompagnava al Monastero, dove si sedeva e parlava per l’intera giornata finché il sole tramontava, allora tornava in paese. Ed il suo amico Confratello era solito accompagnarlo sulla strada di casa, giungendo ai cancelli della città prima di tornare.
L’intimità di questi due divenne conosciuta fra i Confratelli, che un giorno stavano seduti nella Sala della Verità, parlando dell’intimità che esisteva fra i due, quando il Maestro, entrando nella Sala, chiese quale fosse l’argomento della loro discussione; ed i Confratelli glie lo disserto.
“Non solo ora, Confratelli, sono questi due intimi l’uno con l’altro,” disse il Maestro; “erano intimi anche in tempi passati.” E, dicendo così, raccontò questa storia del passato.

Un tempo, quando Brahmadatta regnava a Benares, il Bodhisattva divenne suo ministro. In quei giorni c’era un cane che era solito andare alla stalla di un elefante reale, e mangiava i pezzi di riso che cadevano dove l’elefante si nutriva. Frequentando il luogo per lo scopo del cibo, il cane divenne molto amico dell’elefante, ed alla fine non avrebbe mai mangiato, tranne con lui. E neanche avrebbe potuto andare avanti senza l’altro. Il cane era solito divertirsi dondolando avanti e indietro la proboscide dell’elefante. Ora, un giorno un paesano comprò il cane del proprietario dell’elefante e lo portò a casa con sé. Da allora l’elefante, sentendo la mancanza del cane, si rifiutava sia di mangiare, sia di bere, sia di fare il bagno; ed il re fu informato di ciò. Sua Maestà inviò il Bodhisattva a scoprire perché l’elefante si comportava così. Procedendo verso la casa dell’elefante, il Bodhisattva, vedendo quanto fosse triste l’elefante, si disse, “Non ha malattie fisiche; deve aver formato un’appassionata amicizia, e si sta addolorando per la perdita del suo amico.” Così chiese se l’elefante fosse diventato amico di qualcuno.
“Sì, mio signore,” fu la risposta; “C’è un’amicizia molto stretta fra lui ed un cane.” “Dov’è quel cane ora?” “Un uomo l’ha portato via.” “Per caso sai dove vive quell’uomo?” “No, mio signore.” Il Bodhisattva giunse dal re e disse, “Non c’è niente d’importante con l’elefante, sire; ma era molto amico di un cane, ed è la mancanza del suo amico che gli ha fatto rifiutare di mangiare, immagino.” E, così dicendo, ripeté questa strofa:

Nessun boccone riesce a mangiare, né riso né erba;
E dal bagno non trae piacere ora.
Mi sembra che il cane gli fosse diventato così familiare,
Che l’elefante ed il cane fossero migliori amici l’un dell’altro.

“Bene,” disse il re sentendo ciò; “cosa si deve fare ora, saggio?” “Fate che si proclami con colpi di tamburo, vostra maestà, dicendo che è stato riferito che un uomo ha portato via un cane a cui era affezionato l’elefante reale, e che l’uomo nella cui casa sarà trovato quel cane, dovrà pagare tale e tali penalità.” Il re agì secondo questo consiglio; e l’uomo, quando udì ciò, prontamente lasciò libero il cane. Subito il cane corse via, e si diresse verso l’elefante. L’elefante prese il cane sulla sua proboscide, e lo mise sulla sua testa, e pianse e singhiozzò, e, rimettendo il cane per terra, guardò il cane mangiare prima e poi prese il proprio cibo.
“Anche le menti degli animali sono a lui conosciute,” disse il re, e colmò il Bodhisattva di onori.

Così il Maestro finì la sua lezione per mostrare che i due erano intimi in tempi passati, tanto quanto in quel momento. Fatto ciò, rivelò le Quattro Verità. (questa rivelazione delle Quattro Verità fa parte di tutte le altre Jataka; ma ne faremo menzione solo dove è espressamente menzionato che è stato benedetto fino a fruizione.) Poi Egli mostrò la connessione, ed identificò la Nascita dicendo, “Il discepolo laico era il cane di quei giorni, l’anziano venerabile era l’elefante, ed Io stesso il saggio ministro.”

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Robert Chalmers. Tradotto in italiano da Francesco Viterbo.

TestoJataka