Skip to content

Jtk 10: Sukhavihari-jataka

“L’uomo che non protegge.”— Questa storia fu narrata dal Maestro nel boschetto di Mango di Anupiya vicino alla città di Anupiya, riguardo il Venerabile Bhaddiya (il Felice), che si era unito alla Fratellanza in compagnia dei sei giovani nobili con i quali era Upali. Di questi i Venerabili Bhaddiya, Kimbila, Bhagu e Upali avevano ottenuto lo stato di Arahat; il Venerabile Ananda era entrato nel Primo Sentiero; il Venerabile Anuruddha aveva ottenuto la visione onnicomprensiva; e Devadatta aveva ottenuto il potere dell’auto-astrazione estatica. La storia dei sei giovani nobili, fino agli eventi di Anupiya, sarà narrata nella Khannahala-jataka.
Il Venerabile Bhaddiya, il quale durante i giorni del proprio regno aveva protetto sé stesso come fosse stato eletto divinità tutelare di sé stesso, si ricordò dello stato di paura nel quale viveva al tempo in cui era protetto da numerose guardie e quando era solito dimenarsi anche sul suo giaciglio reale nei suoi appartamenti privati nei piani alti del palazzo; e con questo paragonò l’assenza di paura nella quale, ora che era un Arahat, vagava qua e là in foreste e luoghi deserti. Ed al pensiero espresse di cuore–”Oh, felicità! Oh, felicità!”
Questo i Confratelli riferirono al Beato, dicendo, “il Venerabile Bhaddiya sta dichiarando la beatitudine che ha conquistato.”
“Confratelli,” disse il Beato, “questa non è la prima volta che la vita di Bhaddiya è stata felice; la sua vita non fu meno felice in altri tempi.”
I Confratelli chiesero al Beato di spiegare ciò. Il Beato rese chiaro ciò che era stato nascosto loro dalla rinascita.

Un tempo quando Brahmadatta regnava a Benares, il Bodhisattva era nato da ricco brahmano del nord. Realizzando il male della lussuria e le benedizioni che sorgono dal rinunciare al mondo, ripudiò la lussuria, e ritirandosi sull’Himalaya divenne lì un eremita e vinse le Otto Dotazioni. Il suo seguito divenne grande, ammontava a cinquecento asceti. Una volta quando arrivò la pioggia, abbandonò l’Himalaya e percorse un pellegrinaggio di carità con i suoi compagni asceti attraverso villaggi e paesi giunse infine a Benares, dove prese dimora fra piaceri regali come ospite della generosità del re. Dopo aver dimorato lì per i quattro mesi delle piogge, andò dal re per congedarsi. Ma il re gli disse, “Sei vecchio, reverendo signore. Perché devi tornare sull’Himalaya? Rimanda i tuoi discepoli lassù e fermati qui.”
Il Bodhisattva affidò i suoi cinquecento asceti alle cure del suo discepolo più anziano, dicendo, “Vai tu con questi sull’Himalaya; io resterò qui.”
Ora quel discepolo anziano era stato un re, ma aveva abbandonato un potente regno per diventare un Fratello; attraverso le dovute esecuzioni dei riti appartenenti al pensiero concentrato aveva acquisito le Otto Dotazioni. Mentre dimorava con gli asceti sull’Himalaya, un giorno gli venne il desiderio di vedere il maestro, e disse ai suoi compagni, “Continuate a vivere contenti qui; io tornerò non appena avrò reso omaggio al maestro.” Così andò dal maestro, gli rese omaggio, e lo salutò affettuosamente. Poi si adagiò accanto al maestro su un tappeto che stese lì.
A questo punto apparve il re, che era venuto nel luogo piacevole per vedere l’asceta; e con un saluto prese posto a sedere da un lato. Ma anche se era consapevole della presenza del re, quel discepolo anziano si astenne dall’alzarsi, ma ancora giaceva lì, proclamando con serenità travolgente, “Oh, felicità! Oh, felicità!”
Offeso che l’asceta, nonostante l’avesse visto, non si fosse alzato, il re disse al Bodhisattva, “Reverendo signore, questo asceta deve aver mangiato a sazietà, dato che continua a giacere lì così felicemente, esclamando con tanta serenità.”
“Sire” disse il Bodhisattva, “una volta questo asceta era un re come te. Sta pensando che nei tempi passati quando era un laico e viveva nello sfarzo regale con molti uomini d’armi che lo proteggevano, non conobbe mai una tale felicità come quella che prova ora. E’ la felicità della vita da Fratello, e la felicità portata dall’Introspezione (Insight), che lo muove a questa sincera espressione.” E allora il Bodhisattva ripeté inoltre questa strofa per insegnare al re la Verità:–
L’uomo che non protegge, né che è protetto, sire,
Vive felice, libero dalla schiavitù della lussuria.
Placato dalla lezione così insegnatagli, il re salutò e tornò al suo palazzo. Anche il discepolo si congedò dal maestro e tornò sull’Himalaya. Ma il Bodhisattva continuò a dimorare lì, e, morendo con Introspezione piena ed ininterrotta, rinacque nel Reame di Brahma.

Finita la Sua lezione, e raccontate le due storie, il Maestro mostrò la connessione che le legava insieme, ed identificata la Nascita dicendo,– “Il Venerabile Bhaddiya era il discepolo in quei giorni, ed io stesso il maestro della compagnia di asceti.”

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Robert Chalmers. Tradotto in italiano da Francesco Viterbo.

TestoJataka