Skip to content

AN 11.8: Manasikāra Sutta – L’attenzione

Il venerabile Ananda si avvicinò al Beato, gli rese omaggio, si sedette a lato e gli disse: “Bhante, potrebbe un monaco ottenere uno stato di concentrazione tale da non vincolarsi all’occhio e alle forme, all’orecchio e ai suoni, al naso e agli odori, alla lingua e ai sapori, al corpo e agli oggetti tattili;(1) alla terra, (2) all’acqua, (3) al fuoco, (4) all’aria; (5) alla sfera dello spazio infinito, (6) alla sfera della coscienza infinita, (7) alla sfera della vacuità, (8) alla sfera della né-percezione-né-non-percezione; (9) a questo mondo; (10) all’altro mondo; (11) a tutto ciò che la mente vede, sente, percepisce, conosce, raggiunge, cerca ed esamina, ed essere comunque attento?” 
“Potrebbe, Ananda.” 
“E in che modo, Bhante, potrebbe ottenere un tale stato di concentrazione?”
“In questo caso, Ananda, un monaco potrebbe essere presente mentalmente in questo modo: ‘Ciò è pacifico, ciò è sublime, cioè la quiete di tutte le azioni, la rinuncia a tutte le acquisizioni, la distruzione della brama, il distacco, la cessazione, il nibbana.” 
In questo modo, Ananda, un monaco potrebbe ottenere uno stato di concentrazione tale da non vincolarsi all’occhio e alle forme, all’orecchio e ai suoni, al naso e agli odori, alla lingua e ai sapori, al corpo e agli oggetti tattili, alla terra, all’acqua, a fuoco, all’aria; alla sfera dello spazio infinito, alla sfera della coscienza infinita, alla sfera della vacuità, alla sfera della né-percezione-né-non-percezione, a questo mondo, all’altro mondo, a tutto ciò che la mente vede, sente, percepisce, conosce, raggiunge, cerca ed esamina, ed essere comunque attento.” 

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di © Bhikkhu Bodhi, The Numerical Discourses of the Buddha (Wisdom Publications, 2012). 
Tradotto in italiano da Enzo Alfano.