§ “Qualunque cosa tu faccia, pensa sempre al tuo maestro. Se dimentichi il tuo maestro, ti stai tagliando alla radice.”
§ “Una persona che passa da un maestro all’altro in realtà non ha nessun maestro.”
§ A volte le persone presentavano ad Ajaan Fuang degli amuleti, e lui li distribuiva tra i suoi allievi, ma solo raramente tra coloro che gli erano particolarmente cari.
Un giorno, un monaco che aveva vissuto con lui per diversi anni non poté fare a meno di lamentarsi: “Perché quando ricevi buoni amuleti, non ne dai mai a me e sempre a tutti gli altri?” Ajaan Fuang rispose: “Ti ho già dato molte cose migliori di questa. Perché non le accetti?”
§ “I meditanti che vivono vicino al loro maestro, ma che non lo capiscono, sono come un cucchiaio in una pentola di curry: non sapranno mai quanto è dolce, aspro, salato, ricco o piccante il curry.”
§ L’analogia di Ajaan Fuang per gli allievi che devono sempre chiedere consiglio ai loro maestri su come affrontare anche i problemi più piccoli nella vita di tutti i giorni: “Sono come cuccioli appena nati. Appena defecano, devono correre dalla madre per farsi leccare. Non cresceranno mai da soli”.
§ “Gli allievi che si fissano sui loro maestri sono come moscerini. Non importa quanto li cacci via, continuano a tornare e non ti lasciano in pace.”
§ “Se un maestro elogia uno allievo in faccia, è segno che quello allievo non potrà andare oltre: probabilmente non sarà in grado di praticare a livelli più alti in questa vita. Il motivo per cui il maestro lo elogia è perché possa essere orgoglioso del fatto che almeno è arrivato fin qui. Il suo cuore avrà qualcosa di buono a cui aggrapparsi quando ne avrà bisogno in punto di morte.”
§ Molti degli allievi di Ajaan Fuang erano convinti che fosse in grado di leggere le loro menti, perché di volta in volta affrontava argomenti che capitava che passassero per la loro testa o che pesassero sui loro cuori in quel momento. Io stesso ho avuto molte esperienze di questo tipo, e molte mi sono state raccontate mentre scrivevo questo libro. Nella maggior parte dei casi di questo tipo, tuttavia, ciò che aveva da dire aveva un significato speciale solo per i diretti interessati, e quindi chiederò di sorvolare
su di essi. Ma ci sono due casi che vorrei menzionare, poiché mi sembrano utili per tutti coloro che praticano il Dhamma.
Una volta, uno dei suoi allievi, un giovane, prese l’autobus da Bangkok a Rayong per aiutare a lavorare al chedi. Scese all’imbocco della strada che portava al wat, ma non aveva voglia di percorrere a piedi i sei chilometri che ci sarebbero voluti per arrivarci, così si sedette al chiosco di noodle all’incrocio e disse tra sé e sé – come una sfida ad Ajaan Fuang – “Se Than Phaw è davvero qualcosa di speciale, che passi una macchina e mi dia un passaggio fino al wat”. Passò un’ora, due, tre, e nessuna macchina o camion imboccò la strada, così alla fine dovette percorrere la distanza a piedi.
Giunto al wat, si recò alla capanna di Ajaan Fuang per porgergli i suoi omaggi, ma non appena Ajaan Fuang lo vide avvicinarsi, si alzò, entrò nella sua stanza e chiuse la porta. Questo scosse leggermente l’allievo, che tuttavia si inchinò davanti alla porta chiusa. Non appena ebbe finito, Ajaan Fuang socchiuse la porta e disse: “Guarda. Non ti ho chiesto io di venire qui. Sei venuto di tua spontanea volontà”.
Un’altra volta, dopo aver terminato il chedi, lo stesso giovane era seduto in meditazione davanti al chedi, nella speranza che una voce gli sussurrasse all’orecchio il numero vincente della
prossima lotteria. Ciò che udì, però, fu il suono di Ajaan Fuang che passava e diceva, come se non si rivolgesse a nessuno in particolare: “Cosa stai prendendo esattamente come rifugio?”
Testo: La stessa consapevolezza