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Theragatha: Cap. 16 — Canti di (circa) venti strofe

Theragatha 16.1: Adhimutta e i banditi {vv. 705-724}

[Il capo dei banditi:]

Quelli che
per sacrificio
per ricchezza
abbiamo ucciso in passato,
contro la loro volontà
hanno tremato e balbettato
dalla paura.
Ma tu –
non mostri alcun timore;
sei sereno.
Perché non ti lamenti
di fronte a cose che incutono paura?

[Ven. Adhimutta:]

Non vi sono stati mentali dolorosi, capo,
in colui senza desiderio.
In colui le cui catene sono state recise,
tutte le paure sono superate.
Con la distruzione della [brama]
causa di continue rinascite,
quando ogni realtà è vista
come realmente è,
il pesante fardello è deposto,
allora non c’è paura della morte.

Ho vissuto bene la santa vita,
ben sviluppato il sentiero.
La morte non mi reca alcun timore.
E ‘come la fine di una malattia.

Ho vissuto bene la santa vita,
ben sviluppato il sentiero,
per me gli stati del divenire
sono privi di fascino,
come sputare del veleno
dopo averlo bevuto.

Colui che è giunto sull’altra sponda
senza attaccamento
senza impurità
il compito adempiuto,
accoglie con benevolenza la fine della vita,
come se venisse liberato da una condanna a morte.
Dopo aver raggiunto la suprema Rettitudine,
il distacco dal mondo,
come se abbandonasse una casa in fiamme,
non si affligge di fronte alla morte.

Ogni cosa composta,
ogni rinascita,
è soggetta al mutamento:
così afferma il Grande Veggente.
Chi possiede la conoscenza di questa realtà,
come insegnato dal Risvegliato,
non si aggrappa più ad ogni dimensione dell’esistenza,
come il calore su una palla infuocata.
Non possiedo nè ‘Io ero,’
nè ‘ Io sarò.’
Le formazioni mentali non avranno ragione di esistere.
Quali pene in loro vi sono?
Colui che vede, come realmente è,
il puro sorgere di ogni realtà,
la pura sequenza di ogni formazione mentale,
non ha timore alcuno.
Quando si vede il mondo con conoscenza
non si trova ‘ciò è mio,’
si pensa, ‘Nulla mi appartiene,’
e non si prova nessun dolore.
Insoddisfatto di questa carcassa,
non bramo una nuova rinascita.
Questo corpo si dissolverà
e nulla resterà.
Fanne ciò che vuoi di questa carcassa.
Io non proverò
né odio né amore.

Ascoltando queste lodevoli e terrificanti parole, i banditi deposero le armi e dissero:

Cosa avete compiuto, signore,
o chi è stato il vostro maestro?
Come mai in questi insegnamenti
non esiste la sofferenza?

[Ven. Adhimutta:]

Il sommo sapiente,
l’onniveggente conquistatore:
è il mio maestro.
Maestro colmo di profonda compassione,
guaritore dell’intero mondo,
questa è la sua dottrina,
eccelsa, che conduce alla fine (della sofferenza).
Perciò nei suoi insegnamenti
non esiste la sofferenza.

I banditi, ascoltando le sagge parole del veggente,
gettarono le loro spade e le loro armi.
Alcuni abbandonarono la loro vita criminale,
altri scelsero di seguire il nobile sentiero.
Dopo aver seguito la pratica
del Sugata,
aver sviluppato i poteri e i fattori del Risveglio,
saggi, felici,
con mente domata,
maturate le loro facoltà,
raggiunsero il Nibbana.

Theragatha 16.4: Ratthapala {vv. 769-793}

Guarda la bella figura,
un ammasso purulento, tenuto assieme:
malato, pieno di ferite
e senza durata.

Guarda il bel corpo
ornato di gemme e gioielli:
uno scheletro coperto di pelle,
ornato con dei vestiti.

I piedi laccati,
il viso odoroso, dipinto:
già illudono uno stolto,
non colui che è giunto sull’altra sponda.

L’ottuplice treccia,
gli occhi dipinti:
già illudono uno stolto,
non colui che è giunto sull’altra sponda.

Con profumi e creme –
un putrido corpo adornato:
già illudono uno stolto,
non colui che è giunto sull’altra sponda.

Il cacciatore dispose le trappole,
ma il cervo non cadde in trappola.
Dopo aver mangiato l’esca,
scappiamo,
lasciando i cacciatori
a disperarsi.

Le trappole del cacciatore sono distrutte;
il cervo non cade in trappola.
Dopo aver mangiato l’esca,
scappiamo,
lasciando i cacciatori
a lamentarsi.

Vedo nel mondo
persone ricche
che, prese dall’ignoranza,
non offrono un dono
dalla ricchezza accumulata.
Avidi, ammassano ricchezza,
sperando continuamente
nei piaceri dei sensi.

Un re che, con la forza,
ha conquistato il mondo
e domina la terra
fino alla fine del mare,
insoddisfatto di questo orizzonte,
brama l’altro orizzonte
dell’oceano.

I re e gli altri
molte persone –
vanno verso la morte colmi di brama
non spenta. Non sazi
non lasciano mai il corpo,
non si è mai abbastanza sazi
nel mondo dei piaceri sensuali.

I parenti si affliggono
e si disperano.
‘O sventura, il nostro amato è morto’, piangono.
Lo trasportano,
lo vestono,
lo mettono
su un rogo,
quindi lo ardono.

Così arde, girato da spiedi,
con una sola veste,
lasciando le sue ricchezze.
Non sono d’aiuto per chi è morto –
i congiunti,
gli amici
o i compagni.

Gli eredi ne prendono la ricchezza,
mentre trasmigra
in relazione al suo kamma.
Nessuna ricchezza
segue il morto –
né figli, né mogli,
né proprietà, né danaro.

La vita lunga
non si ottiene con la ricchezza,
né la vecchiaia
si evita con il denaro.
Il saggio afferma che questa vita
è breve –
impermanente,
mutevole.

Il ricco ed il povero
si consumano nel contatto.
Anche lo stolto ed il saggio
ne sono toccati.
Ma mentre lo stolto perisce percorso con forza,
il saggio non trema
quando toccato.

Quindi la conoscenza
da cui si ottiene saggezza,
è meglio della ricchezza –
gli stolti
impigliati in continue rinascite,
colmi di ignoranza,
commettono cattive azioni.

Si nasce in questo
o in un altro mondo,
continuamente si trasmigra
di rinascita in rinascita –
così coloro privi di conoscenza
rinascono in questo
o in un altro mondo.

Come il bandito
catturato sul fatto
è ucciso
per le proprie azioni,
così le persone malvagie
– dopo la morte, nell’altro mondo –
saranno distrutte
dalle proprie azioni.

I piaceri sensuali –
cangianti,
seducenti,
dolci –
in molti modi agitano la mente.
Nel vedere i pericoli negli oggetti sensuali:
ho intrapreso la pratica, o re.

Come i frutti, le persone periscono
acerbi e maturi –
alla dissoluzione del corpo.
Conoscendo ciò, o re,
ho intrapreso la pratica.
La vita ascetica
è sicura.

Colmo di fede,
ho intrapreso la pratica
seguendo il messaggio dell’Invitto.
Irreprensibile:
senza debiti ho mangiato il frutto.

Vedendo la sensualità come fuoco,
d’oro come un pugnale,
il dolore di un’altra rinascita
e la grande sofferenza dei reami infernali –
conscio di questo pericolo, ero costernato –
ho penetrato (il dolore), quindi tranquillo
ho raggiunto la fine degli influssi impuri.

Il Maestro che ho servito;
il Risvegliato,
il compiuto;
il pesante fardello deposto;
la guida del divenire [cioè la brama] sradicata.
La meta per cui ho lasciato
la casa per l’ascetismo
è stata raggiunta:
la fine
di ogni legame.

Theragatha 16.7: Bhaddiya Kaligodhayaputta {vv. 842-865}

Qualsiasi elegante vestito io abbia indossato
quando cavalcavo un elefante,
qualsiasi prelibato riso io abbia mangiato, la migliore salsa di carne,
oggi – felice, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Nell’indossare la peggiore veste, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Nell’andare in giro per la questua, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Indossando solo le vesti, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Ricevendo poche offerte durante la questua, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Mangiando un solo pasto al giorno, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Mangiando il cibo ricevuto, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Rifiutando il cibo avanzato, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Vivendo nella foresta, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Vivendo ai piedi di un albero, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Vivendo all’aria aperta, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Vivendo in un cimitero, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Accettando qualsiasi dimora, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Non mentendo, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Modesto, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Contento, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Solitario, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Liberato, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Con poderosa energia, perseverando,
gusto ciò che mi offrono nella mia scodella,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
dimora nei jhana senza attaccamento.

Abbandonando una scodella di bronzo
e una d’oro,
ne uso una di argilla:
quella fu la mia seconda ordinazione.

Tra alte mura di cinta,
possenti bastioni e cancelli,
guardie armate –
impaurito
così vivevo.
Oggi, felice, senza paura,
senza alcun timore e terrore,
Bhaddiya, il figlio di Godha,
vive nella foresta,
dimorando nei jhana.

Dimorando in virtù,
sviluppando conoscenza e presenza mentale,
passo dopo passo ho raggiunto
la fine di ogni vincolo.

Theragatha 16.8: Angulimala {vv. 866-891}

[Angulimala:]
“Mentre avanzi, asceta,
affermi, ‘Mi sono fermato’.
Ma quando io mi fermo
non avanzo.
Ti chiedo cosa vuol dire:
Come ti sei fermato?
Come io non avanzo?
[Il Buddha:]
”Mi sono fermato, Angulimala,
una volta e per sempre,
avendo eliminato la violenza
verso tutti gli esseri.
Così mi sono fermato
mentre tu, invece, avanzi.”
[Angulimala:]
“Per venerare il sommo veggente
mi sono recato nella grande foresta.
Dopo aver ascoltato i tuoi versi
in linea con il Dhamma
ho deciso
di abbandonare il male.”

Dopo aver parlato, il bandito
gettò la sua spada e le sue armi
da una rupe
in una voragine,
una fossa.
Poi il bandito si prostrò
rendendo omaggio al Sugata,
e in quel luogo chiese di intraprendere il sentiero,
il Risvegliato,
l’onniveggente compassionevole,
il maestro del mondo, con i suoi deva,
gli disse:
“Vieni, monaco.”
Così fu ordinato
ed entrò nel Sangha.

Quando una persona
si risveglia alla consapevolezza,
essa illumina il mondo
come la luna che emerge da dietro le nubi.

Quando una persona
lascia l’errore per la virtù
essa illumina il mondo
come la luna che emerge da dietro le nubi.

Quando il monaco novizio
prende rifugio
nel Buddha:
egli illumina il mondo
come la luna che emerge da dietro le nubi.

Possano anche i miei nemici
ascoltare il Dhamma.
Possano anche i miei nemici
prendere rifugio
nel Buddha.
Possano anche i miei nemici
frequentare quelle persone
che – pacifiche, buone –
insegnano agli altri il Dhamma.
Possano anche i miei nemici
ascoltare più volte il Dhamma
da coloro che praticano la tolleranza,
l’astinenza,
la compassione,
e praticare i loro insegnamenti.

In questo modo sicuramente non recherà nessun danno
né a me né agli altri;
raggiungerà la suprema pace,
proteggerà sia il debole sia il forte.

Come il contadino incanala l’acqua,
come il fabbro raddrizza le sue frecce,
come il falegname lavora il legno,
così il saggio lavora se stesso.

Alcuni vengono educati con bastoni,
pungoli e fruste,
invece senza bastoni o altre armi
sono stato educato dall’Equanime.

“Il pacifico esecutore” è il mio nome,
perché agisco senza nuocere.
Oggi rendo onore al mio nome
perché non reco danno a nessuno.

Un bandito
ero,
il famoso Angulimala.
trasportato dal grande flusso,
presi rifugio nel Buddha.

Con le mani macchiate di sangue
ero,
il famoso Angulimala.
Osserva come ho preso rifugio!
Sradicata è [la brama],
causa di continue rinascite.

Avendo esaurito il mio kamma
che mi avrebbe fatto rinascere
in reami infernali,
toccato dal frutto di [quel] kamma,
pagato il debito, mangio il mio frutto.

Si smarriscono nella distrazione
– stolto, confusi –
mentre il saggio
fa tesoro della presenza mentale
che ha coltivato
come il più prezioso delle ricchezze.

Non abbandonare la presenza mentale,
non perderti nella sensualità. –
perciò una persona presente mentalmente,
assorta nei jhana,
raggiunge un proficua felicità.

Questa felicità sarà lieta e durevole,
non vi saranno più pensieri malvagi in me.
Fra le varie qualità ben sviluppate,
ho raggiunto
la migliore.

Questa felicità sarà lieta e durevole,
non vi saranno più pensieri malvagi in me.

La triplice conoscenza
è stata ottenuta;
gli insegnamenti del Risvegliato,
compiuti.

Molte volte ho dimorato
con mente agitata –
nella foresta,
ai piedi di un albero,
sui monti, nelle caverne –
sereno adesso riposo, dimoro,
sereno vivo la mia vita.
O, il Maestro mi ha mostrato la compassione!

Prima, ero di stirpe bramana,
di alta nascita.
Oggi sono il figlio
del Sugata,
il re del Dhamma,
il Maestro.

Senza brama, senza attaccamento,
le porte dei sensi sotto controllo, ben concentrato,
avendo ucciso la radice del male,
ho distrutto tutti i veleni della mente.

Il Maestro che ho servito;
il Risvegliato,
il compiuto;
il pesante fardello deposto;
la guida del divenire [cioè la brama] sradicata.
La meta per cui ho lasciato
la casa per l’ascetismo
è stata raggiunta:
la fine
di ogni legame.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Thanissaro Bhikkhu. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.