MN 108: Gopaka-Moggallâna Sutta - Il fattore Moggallâno

Questo ho sentito. Una volta l'on. Ânando dimorava presso Râjagaham, nel bosco di bambù, nel sito degli scoiattoli, non molto dopo che il Sublime si era estinto.

In quel tempo il re di Magadhâ, Ajâtasattu, il figlio della Vedehî, faceva fortificare Râjagaham, per timore di re Pajjoto [Pradyot râjâ di Avanti].

L'on. Ânando, pronto di prima mattina, presi mantello e scodella, si diresse verso Râjagaham per l'elemosina. Ma, accortosi che era troppo presto, decise di recarsi alla fattoria del brâhmano Moggallâno che, vistolo arrivare, lo accolse con queste parole: "Venga dunque il signore Ânando! Lungamente egli ha fatto sperare una sua venuta qui! Si segga; questo sedile è per lui!".

L'on. Ânando si sedette e, accanto a lui, sedette su un sedile più basso il fattore Moggallâno che chiese: "Vi è adesso anche un solo monaco dotato in tutto e per tutto di tutte le qualità di cui era dotato Lui, il signore Gotamo, il santo, perfetto Svegliato?"

"No, brâhmano, non vi è. Perché Egli, era lo scopritore della via non scoperta, l'esploratore della via inesplorata, il conoscitore, l'edotto, l'esperto della via. I discepoli procedono sulla via seguendolo".

A questo punto arrivò Vassakâro il brâhmano ministro di Magadhâ che, venuto ad ispezionare i lavori in Râjagaham, era lì giunto. Scambiati i consueti saluti con l'on. Ânando e, sedutosi accanto, il ministro chiese di cosa stavano parlando, e informato, chiese: "Vi è forse un monaco che Egli abbia indicato come quello al quale vi possiate rivolgere dopo la Sua morte?"

"No, non lo ha fatto."

"Vi è però un monaco, eletto a maggioranza dall'Ordine, quale vostro rifugio?"

"No, non è stato fatto."

"Così, senza rifugio, come può esservi concordia?"

"Ma noi non siamo senza rifugio, brâhmano: la Dottrina è il nostro rifugio!"

"Che significa, Ânando, questo discorso?"

"Da Lui, dal Sublime, fu data ai monaci una regola, una disciplina. Quelli di noi che, nel giorno della confessione, ogni quarto di luna, ci troviamo almeno in tre nel territorio d'un villaggio, ci riuniamo ed invitiamo quello a cui spetta a parlare. Se appare la confessione d'una colpa o di una trasgressione di qualche monaco, noi le trattiamo secondo la disposizione della dottrina. Non sono i fratelli - si dice - a disporre; lo fa la dottrina."

"Ma c'è un monaco che voi onorate ed a cui siete devoti?"

"Sì, c'è un tale monaco!"

"Vuoi chiarire, Ânando?"

"Sono state da Lui, dal Sublime, indicate dieci qualità piene di grazia. Quello in cui si trovano queste qualità, noi adesso onoriamo e gli siamo devoti. Quali qualità? Ecco, un monaco è virtuoso; frenato in rigida disciplina, resta puro di condotta e di vita; in guardia sui minimi falli, si esercita nei relativi esercizi, passo per passo. Avendo molto sentito egli è conoscitore e custode del sentito: quelle dottrine benefiche in principio, in mezzo e in fine, che, fedeli nel senso e nella parola, tramandano la vita religiosa perfettamente purificata e rischiarata. È contento dell'abito, della scodella dell'elemosina, del giaciglio e delle medicine per le malattie. Delle quattro contemplazioni, largitrici di beato presente, egli può impossessarsi a suo piacere, senza difficoltà. Può operare magicamente in vario modo: essendo uno diviene molteplice e viceversa, avendo sempre il corpo in suo potere fin nei mondi di Brahmâ.

Con l'orecchio celeste, rischiarato, sovrumano egli sente i suoni divini ed umani, i lontani e i vicini. Degli altri esseri, delle altre persone riconosce il cuore bramoso, quello astioso, quello fatuo, il raccolto, magnifico, superiore, inferiore, calmato, redento ed i loro opposti. Si ricorda di molte, diverse anteriori forme di esistenza, fino alle epoche durante diverse formazioni e trasformazioni di mondi: ognuna con i propri caratteri, le proprie relazioni. Con l'occhio celeste, rischiarato, sovrumano egli vede gli esseri sparire e riapparire: volgari e nobili, belli e brutti, felici ed infelici, ed egli riconosce come gli esseri riappaiono sempre secondo le azioni. Avendo esaurito le manie, egli ha già in vita fatto a sé palese, realizzato e raggiunto la redenzione dell'animo senza manie, redenzione di sapienza.

Queste dunque, brâhmano, sono le dieci qualità indicate da Lui. In chi di noi si trovano le dieci qualità, quello noi ora onoriamo e gli siamo devoti."

Dopo questo discorso, Vassakâro, il ministro di Magadhâ, si rivolse al generale Upanando: "Che ne pensi, generale: questi signori onorano, venerano e riveriscono chi lo merita?"

"Certo! Se così non fosse, chi mai dovrebbero onorare ed essergli devoti?"

Quindi ora il brâhmano Vassakâro chiese all'on. Ânando: "Dove dimora l'onorevole?"

"Nel bosco di bambù."

"Quel bosco piace forse perché è silenzioso, solitario e adatto al ritiro ed al raccoglimento?"

"Certo, brâhmano. Esso piace per questo anche ai vostri guardiani e pastori."

"Quel bosco vi piace perché siete meditativi e contemplativi. Una volta, Ânando, Egli, il signore Gotamo dimorava presso Vesâlî, nella Selva Grande, nella sala del padiglione ed io andai a fargli visita. Egli mi tenne diversi discorsi sulla contemplazione perché Egli era meditativo e contemplativo: ed Egli raccomandava ogni contemplazione."

"Non ogni contemplazione, brâhmano, Egli raccomandava; e neppure raccomandava una non contemplazione. Ed Egli quale contemplazione non raccomandava? Ecco, uno sta con l'animo occupato dallo stimolo del desiderio, sconvolto da esso, e non riconosce conforme a realtà lo stimolo sorto da esso: egli accogliendo nel suo interno quello stimolo, contempla, ricontempla, discontempla, transcontempla. Se ne sta con l'animo occupato dall'avversione, dall'accidia, da superbo orgoglio, dal dubbio; e, sconvolto da essi, e non riconosce conforme a realtà gli stimoli sorti da essi: egli accogliendo nel suo interno quegli stimoli, contempla, ricontempla, discontempla, transcontempla.

E quale contemplazione raccomandava? Ecco, brâhmano, un monaco, ben lungi da brame e da cose non salutari, raggiunge in consapevole, pensante, beata serenità il grado della prima contemplazione. Dopo il compimento del sentire e pensare, il monaco raggiunge l'interna calma serena, l'unità dell'animo, la beata serenità nata dal raccoglimento e libera dal sentire e dal pensare, il grado della seconda contemplazione. In serena pace permane il monaco equanime, saggio, chiaramente cosciente, e prova nel corpo quella felicità di cui i santi dicono: 'L'equanime saggio vive felice'; così egli raggiunge il grado della terza contemplazione. Dopo il rigetto delle gioie e dei dolori, dopo l'annientamento della letizia e della tristezza antecedenti, il monaco raggiunge la non triste né lieta, equanime, saggia, perfetta purezza, il grado della quarta contemplazione. Tale contemplazione il Sublime raccomandava."

"Dunque, Ânando, il signore Gotamo lodava una lodevole contemplazione e disapprovava quella errata. Ma ora noi ce ne andiamo: abbiamo molti impegni, molti affari."

"Come ti sembra giusto, brâhmano!"

Quindi il ministro Vassakâro, approvando ed elogiando il discorso dell'on. Ânando, si alzò e se ne andò. E il fattore Moggallâno a questo punto disse: "Ciò che noi avevamo chiesto al signore Ânando, non ce l'ha spiegato!"

"Non ti abbiamo forse detto, brâhmano: 'No, brâhmano, non vi è. Perché Egli, era lo scopritore della via non scoperta, l'esploratore della via inesplorata, il conoscitore, l'edotto, l'esperto della via. I discepoli pro cedono sulla via seguendolo'?"

Riscrittura a partire dall'italiano di De Lorenzo, da Pier Antonio Morniroli ed Enrico Federici. Per distribuzione gratuita esclusivamente.