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Jtk 1: Apannaka-jataka

Questo discorso riguardo la Verità fu pronunciato dal Beato, mentre risiedeva nel Grande Monastero a Jetavana vicino Savatthi. Ma chi, chiedete, ha portato a questo racconto?
Bene, furono i cinquecento amici del Tesoriere, discepoli dei settari .
Poiché, un giorno Anathapindika il Tesoriere, prese i suoi amici i cinquecento discepoli delle altre scuole, e se ne andò con loro a Jetavana, dove egli aveva anche un grande negozio di ghirlande, profumi e unguenti, insieme ad oli, miele, melassa, panni e mantelli. Dopo il debito saluto al Beato, fece a Lui la sua offerta di ghirlande e simili, e consegnò presso l’Ordine dei Fratelli gli oli medicinali e così via, insieme alle vesti; e, fatto ciò, si mise a sedere su un lato, evitando i sei errori nel sedersi. Allo stesso modo, i discepoli delle altre scuole salutarono il Buddha, e presero posto a sedere vicino Anathapindika,–fissando lo sguardo sul viso del Maestro, glorioso come la luna piena,sulla sua eccellente presenza dotata di segni e marchi del Buddha e circondata di luce per la lunghezza di un braccio, e sull’intensa gloria che segna un Buddha, una gloria che emanava come un paio di ghirlande.

Quindi, anche se in toni fragorosi come un giovane leone che ruggisce nella Valle Rossa, o come una nuvola di tempesta nella stagione delle piogge, che scende come fosse il Gange del Paradiso . e sembrando intrecciare una corona di gioielli,–ma in una voce di ottuplice perfezione, il cui fascino rapiva l’orecchio, predicò loro la Verità in un discorso pieno di dolcezza, e luminoso di varie bellezze.
Loro, dopo aver ascoltato il discorso del maestro, si alzarono con cuori convertiti, e con i dovuti saluti al Signore della Conoscenza, fecero a pezzi le altre dottrine in cui avevano preso rifugio, e si recarono a prendere rifugio nel Buddha. Da allora senza sosta furono soliti andare con Anathapindika, portando nelle loro mani profumi e ghirlande e simili, per ascoltare la Verità nel Monastero; e abbondarono in carità, osservarono i Comandamenti, e mantennero il giorno di digiuno settimanale.

Ora il Beato tornò da Savatthi a Rajagaha di nuovo. Non appena il Buddha se ne fu andato, fecero a pezzi la loro nuova fede, e riprendendo le altre dottrine come rifugio, ritornarono al loro stato originario.
Dopo un soggiorno di sette o otto mesi, il Beato tornò a Jetavana. Di nuovo anche Anathapindika venne con quei suoi amici dal Maestro, fece il suo saluto e l’offerta di profumi e simili, e si sedette di lato. E gli amici anche salutarono il Beato e si sedettero a quel modo. Allora Anathapindika disse al Beato come, quando il Buddha se ne fu andato nel suo pellegrinaggio elemosinante, i suoi amici avessero abbandonato il loro rifugio per tornare alle vecchie dottrine, ed erano regrediti allo stato originario.
Aprendo il loto della Sua bocca, come fosse uno scrigno di gioielli, profumato di profumi divini e pieno di diversi profumi in virtù dell’aver sempre parlato rettamente per miriadi di eoni, il Beato fece venir fuori la sua voce, e chiese:–“E’ vero che voi, discepoli, avete abbandonato i Tre Rifugi per il rifugio di altre dottrine?”
E quando loro, incapaci di nascondere il fatto, confessarono, dicendo, “E’ vero, Beato”, allora disse il Maestro, “Discepoli, non nei limiti dell’Inferno sotto, e nei più alti cieli sopra, non in tutti gli infiniti mondi che si estendono a destra e a sinistra, c’è eguale, tanto meno superiore, di un Buddha nelle eccellenze che scaturiscono dall’obbedire ai Comandamenti e dalle altre condotte virtuose.”

Poi dichiarò loro le eccellenze dei Tre Gioielli come sono rivelati nei testi sacri, le seguenti fra le altre,–“Di tutte le creature, Fratelli, che siano senza piedi ecc., di queste il Buddha è il capo”; “Qualsiasi ricchezza possa esserci in questo o in altri mondi ecc.”; e “In verità il capo di fedeli ecc.” Quindi continuò a dire:–“Nessun discepolo, maschio o femmina, che cerca rifugio nei Tre Gioielli che sono dotati di tali eccellenze senza pari, rinasce mai all’inferno o in stati simili; ma, liberi da tutte le rinascite nei regni della sofferenza, passano nel Reame dei Deva e lì ricevono grande gloria. Pertanto, nell’abbandonare un tale rifugio per quello offerto da altre dottrine, avete perso il cammino.”
(E qui i seguenti testi sacri saranno citati per rendere chiaro che nessuno che, per trovare libertà e supremo bene, abbia chiesto rifugio nei Tre Gioielli, possa rinascere in stati di sofferenza:

Coloro che hanno trovato rifugio nel Buddha,
Non passeranno quindi in stati di sofferenza;
Immediatamente, quando si estingue la loro forma umana,
Una forma di Deva quei fedeli riempiranno.

Coloro che hanno trovato rifugio nel Dharma
Non passeranno quindi in stati di sofferenza;
Immediatamente, quando si estingue la loro forma umana,
Una forma di Deva quei fedeli riempiranno.

Coloro che hanno trovato rifugio nel Sangha
Non passeranno quindi in stati di sofferenza;
Immediatamente, quando si estingue la loro forma umana,
Una forma di Deva quei fedeli riempiranno.

Sono svariati i rifugi che gli uomini cercano,
–il picco della montagna, la solitudine della foresta,
(ed altro)
Quando egli questo rifugio ha chiesto e trovato,
Completamente liberato è egli da ogni dolore)

Ma il Maestro non terminò il suo insegnamento a loro in questo punto; perché continuò dicendo:–“Discepoli, la meditazione sul pensiero del Buddha, La meditazione sul pensiero del Dharma, la meditazione sul pensiero del Sangha, questo è ciò che dà Ingresso a e Fruizione del Primo, Secondo, Terzo, E Quarto Sentiero alla Beatitudine .” E quando ebbe predicato loro il Dharma in questi altri modi, Egli disse, “Nell’abbandonare tale rifugio, avete smarrito la Via.”
(E qui i doni dei diversi Sentieri a quelli che meditano sul pensiero del Buddha e sugli altri, dovrebbero essere chiariti da scritture come la seguente:–“C’è una cosa, Fratelli, la quale, se praticata e sviluppata, conduce al totale disgusto per le vanità del mondo, alla cessazione della passione, alla cessazione dell’essere, alla pace, all’intuito, all’Illuminazione, al Nirvana. E qual è questa cosa?–La meditazione sul pensiero del Buddha.”)

Quando ebbe esortato i discepoli in questo modo, il Beato disse,–“Così, anche in tempi passati, discepoli, gli uomini che giunsero alla superficiale conclusione che ciò che in realtà non è un rifugio è il vero rifugio, caddero in preda a orchi in un deserto infestato da demoni, e furono completamente distrutti; mentre gli uomini che aderirono all’assoluto e indiscutibile Dharma, prosperarono nel deserto di sé stessi.” E quando Egli ebbe detto ciò, divenne silenzioso.
Allora, alzandosi dal suo seggio e salutando il Beato, il laico Anathapindika irruppe in lodi, e con mani con mani giunte alzate in segno di riverenza alla fronte, così parlò:–“Per noi è chiaro, Signore, che in questi giorni questi discepoli furono indotti nell’errore di abbandonare il supremo Rifugio. Ma la passata distruzione di quei presuntuosi nel deserto infestato di demoni, e il prosperare degli uomini che aderirono al Dharma, sono a noi celate, e conosciute solo da Te. Piaccia al Beato, come se causasse la salita nel cielo della luna piena, di renderci questa cosa chiara.”

Poi disse il Beato:–“E’ stato solo per scacciare le difficoltà del mondo che, mostrando le Dieci Perfezioni 1 attraverso miriadi di eoni ho ottenuto l’onniscienza. Prestate orecchio e ascoltate, così vicino come se stesse riempiendo un tubo d’oro con midollo di leone(?).”
Avendo ciò eccitato l’attenzione dei Tesorieri, Egli rese chiaro ciò che la rinascita aveva nascosto loro, come se avesse liberato la luna piena dal cielo superiore, il luogo di nascita delle nevi.

Un tempo nella città di Benares nel paese Kasi c’era un re chiamato Brahmadatta. In quei giorni il Bodhisattva era nato in una famiglia di mercanti, e cresciuto a tempo debito, era solito viaggiare per affari con cinquecento carri, viaggiando ora da est ad ovest, e ora da ovest a est. C’era anche a Benares a un’altro giovane mercante, un tonto privo di risorse.
Ora al tempo della nostra storia il Bodhisattva aveva caricato cinquecento carri con merci preziose di Benares e aveva preparato tutto per partire. E così aveva fatto anche il giovane sciocco. Pensò il Bodhisatta, “Se questo sciocco giovane mercante mi terrà compagnia per tutto il viaggio, e le centinaia di carri viaggiassero insieme, sarà troppo per la strada; sarà difficile trovare legna, acqua e cose simili per gli uomini, o erba per i buoi. Uno di noi deve partire prima.” perciò andò dall’altro, e gli espose il suo punto di vista, dicendo: “Non possiamo viaggiare insieme; preferiresti andare per primo o per ultimo?” Pensò l’altro, “Ci saranno molti vantaggi se vado per primo. Avrò una strada non ancora percorsa; i miei buoi avranno la parte migliore dell’erba; i miei uomini avranno la parte migliore delle erbe per il curry; l’acqua sarà indisturbata; e, in ultimo, potrò fissare il prezzo che preferisco per lo scambio dei miei beni.” D’accordo, rispose “Andrò per primo, mio caro signore.”
Il Bodhisattva, d’altra parte, vide molti vantaggi nel partire per ultimo, perché pensò così fra sé:–“Quelli che andranno prima livelleranno la strada dov’è aspra,. Mentre io viaggerò sul sentiero che hanno già percorso; i loro buoi avranno pascolato l’erba rozza e vecchia, mentre i miei pascoleranno su quella dolce e fresca che crescerà al suo posto; i miei uomini troveranno dolci erbe appena cresciute per il curry dove le vecchie saranno state raccolte; dove non c’è acqua, il primo caravan dovrà scavare per fornirsene, e noi berremo ai pozzi che avranno scavato. Disputare sui prezzi toglie tempo al lavoro; mentre io, venendo dopo, scambierò i miei articoli ai prezzi che avranno già fissato.” D’accordo, vedendo tutti questi vantaggi, disse all’altro, “allora vada prima lei, mio caro signore.”
“Molto bene, lo farò,” disse lo sciocco mercante. E spronò i suoi carri e s’incamminò. Durante il viaggio, lasciò abitazioni umane alle sue spalle e venne ai margini della zona selvaggia. (Ora le selve sono dei seguenti quattro tipi:– selve di ladri, selve di bestie selvagge, selve aride, selve di demoni, e selve di carestia. La prima è quando la via è assediata dai ladri; la seconda è quando la via è assediata da leoni ed altre bestie selvagge; la terza è quando non c’è acqua per bagnarsi o da prendere; la quarta è quando la strada è assediata da demoni; e la quinta è quando non si trovano radici o altri cibi. Ed in questa quintupla categoria, la selva in questione era sia di ladri che di demoni.) quindi questo giovane mercante prese grandi recipienti d’acqua sui suoi carri, e riempiendoli con acqua, si avviò per attraversare le sessanta leghe di deserto che si estendevano di fronte a lui. Ora, quando ebbe raggiunto il mezzo della selva, l’orco che lo infestava si disse, “Farò in modo che questi uomini lancino via le loro riserve d’acqua, e li divorerò tutti quando saranno deboli.” Così dette forma coi suoi poteri magici ad una deliziosa carrozza, trainata da buoi color bianco puro. Con un seguito di circa dieci o dodici orchi che portavano arco e frecce, spade e scudi, cavalcò fino ad incontrarli come un potente signore nella sua carrozza, con loti blu e gigli d’acqua bianchi avvolti intorno alla sua testa, con capelli e abiti bagnati, e con le ruote del carro sporche di fango. Anche i suoi assistenti, di fronte e dietro a lui, si spostavano con i loro capelli e i loro vestiti bagnati, con ghirlande di loti blu e con gigli d’acqua bianchi sulle loro teste, e con mazzi di loti bianchi nelle loro mani, masticando i gambi commestibili, e colanti acqua e fango. Ora i conducenti dei caravan avevano la seguente abitudine: in qualsiasi momento il vento soffiava nei loro denti, cavalcavano di fronte alla loro carrozza con i loro assistenti intorno, allo scopo di sfuggire alla polvere; ma quando il vento soffiava da dietro di loro, allora cavalcavano nel retro della colonna. E, siccome in questa occasione il vento stava soffiando contro di loro, il giovane mercante stava cavalcando di fronte. Quando l’orco seppe che il mercante si stava avvicinando, spostò la sua carrozza da un lato della carreggiata e lo salutò gentilmente, chiedendogli dove stesse andando. Anche il capo della carovana fece in modo di spostare la carrozza su un lato della carreggiata così da far passare i carri, mentre lui stava per la strada e così si rivolse all’orco: “Stiamo semplicemente viaggiando per Benares, sire. Ma noto che avete loti e gigli d’acqua sulle vostre teste e nelle vostre mani, e che la vostra gente are masticando i gambi commestibili, e che siete tutti fradici di fango. Magari ha piovuto mentre eravate sulla strada, e siete finiti in pozze coperte di loti e gigli d’acqua?”
Al che l’orco esclamò, “Cos’hai detto? Perché, laggiù appare la striscia di foresta verde scura, e quindi avanti non c’è altro che acqua per tutta la foresta. Piove sempre lì; i pozzi sono pieni; e da ogni parte ci sono laghi coperti con loti e gigli d’acqua.” Poi, quando la colonna di carri passò, chiese dov’erano diretti. “Di qua e di là,” fu la risposta. “E che merci portate in questo carro ed in questo?” “Un po’ di tutto.” “E cosa potreste tenere in questo ultimo carro che sembra muoversi come fosse pesantemente caricato?” “Oh, c’è acqua in quello.” “Hai fatto bene a portare acqua con te dall’altra parte. Ma non c’è bisogno d’acqua ora, perché l’acqua è abbondante da qui in avanti. Perciò rompete i contenitori e buttate via l’acqua, così che possiate viaggiare più facilmente.” E aggiunse, “Ora continuate sulla vostra strada, perché ci siamo già fermati troppo a lungo.” Poi andò un po’ più avanti, finché fu fuori visuale, allora tornò alla città degli orchi dove dimorava.
Tale era la follia di quello sciocco mercante, che fece ciò che gli aveva detto l’orco, e ruppe i suoi recipienti e gettò via tutta l’acqua—senza conservarne neanche quanto ne conterrebbe il palmo della mano di un uomo. Poi ordinò ai carri di continuare. Non una goccia d’acqua trovarono avanti, e la sete rese gli uomini esausti. Tutto il giorno finché il sole tramontò continuarono a marciare; ma al tramonto tolsero il giogo ai loro carri e fecero un accampamento, legando i buoi alle ruote. I buoi non avevano acqua da bere, e gli uomini neanche per cucinarci il riso; e la stremata compagnia si accasciò al suolo addormentata. Ma, non appena calò la notte, gli orchi vennero fuori dalla loro città, ad uccisero ognuno di quegli uomini e buoi; e quando ebbero divorato la loro carne, lasciando solo le nude ossa, gli orchi si allontanarono. Quindi fu lo sciocco giovane mercante la sola causa della distruzione dell’intera compagnia, gli scheletri dei quali furono sparsi in ogni direzione immaginabile, mentre i cinquecento carri rimasero lì con loro carichi intatti.
Allora il Bodhisattva fece passare circa sei settimane dopo la partenza dello sciocco giovane mercante, prima che si avviasse. Allora procedette dalla città con i suoi cinquecento carri, ed a tempo debito giunse alla periferia della selva. Qui aveva i suoi recipienti pieni d’acqua e contenenti un’ampia riserva d’acqua; ed al suono di tamburi aveva riunito i suoi uomini in accampamento, e così si rivolse loro:–“Fate che non sia usata neanche una goccia d’acqua senza la mia autorizzazione. Ci sono alberi velenosi in questa selva; perciò fate che nessuno fra voi mangi alcuna foglia, fiore, o frutto che non ha mai mangiato prima, senza prima chiedermelo.” Con questa esortazione ai suoi uomini, si incamminò nella selva con i suoi 500 carri. Quando ebbe raggiunto il centro della selva, gli orchi fecero comparsa sulla via del Bodhisattva, come la volta precedente. Ma, non appena divenne consapevole dell’orco, il Bodhisattva vide la sua vera natura; perché pensò fra sé, “Non c’è acqua qui, in questo “deserto arido”. Questa persona con i suoi occhi rossi ed il suo atteggiamento aggressivo, non proietta ombra. Molto probabilmente egli ha indotto lo sciocco giovane mercante che mi ha preceduto, a buttar via tutta la sua acqua, e allora, aspettando finché fossero sfiniti, ha divorato il mercante con tutti i suoi uomini. Ma egli non conosce la mia intelligenza e spirito pronto.” Allora gridò all’orco, “Vattene! Siamo uomini d’affari, e non buttiamo via l’acqua che abbiamo, prima di vedere da dove ne proviene altra. Ma, quando ne vediamo dell’altra, potremmo fidarci a buttar via quest’acqua ed alleggerire i nostri carri.”
L’orco continuò a cavalcare un po’ più in là finché fu fuori dal loro raggio visivo, e allora si recò a casa sua nella città dei demoni. Ma quando l’orco fu andato, gli uomini del Bodhisattva gli dissero, “Signore, abbiamo sentito da quegli uomini che laggiù sta apparendo la striscia di foresta verde scuro, dove dissero che piova sempre. Avevano loti sulle loro teste e gigli d’acqua nelle mani e stavano mangiando i gambi, mentre i loro abiti e capelli erano bagnati fradici, con acqua che colava da loro. Concedici di lanciar via la nostra acqua e proseguire un po’ più veloci con carri alleggeriti.” Nel sentire queste parole, il Bodhisattva ordinò una sosta e fece radunare tutti gli uomini. “Ditemi,” disse; “Qualcuno fra di voi ha mai sentito prima d’oggi che ci fosse un lago o un pozzo in questa selva?” “No, Signore,” fu la risposta, “perché è conosciuto come ‘il Deserto Arido’.”

“Ci è stato appena detto da certa gente che sta piovendo più avanti, nella zona della foresta; ora quanto arriva lontano un vento di pioggia?” “Una lega, Signore.” “E questo vento di pioggia ha raggiunto qualche uomo qui?” “No, Signore.” “A che distanza potete vedere la cresta di una nuvola di tempesta?” “Una lega, Signore.” “E qualche uomo qui ha visto la cima o anche una singola nuvola di tempesta?” “No, Signore.” “A che distanza potete vedere il lampo di un fulmine?” “Quattro o cinque leghe, Signore.” “E qualche uomo qui ha visto il lampo di un fulmine?” “No, Signore.” “A che distanza può un uomo udire lo scoppio di un tuono?” “Due o tre leghe, Signore.” “E qualche uomo qui ha sentito lo scoppio di un tuono?” “No, Signore.” “Questi non sono uomini, ma orchi. Torneranno nella speranza di divorarci quando saremo deboli e fiacchi dopo aver gettato via la nostra acqua al loro invito. Siccome il giovane mercante che si era incamminato prima di noi non era un uomo di risorse, molto probabilmente è stato convinto a buttare via la sua acqua ed è stato divorato quando è conseguita la stanchezza. Possiamo aspettarci di trovare i suoi cinquecento carri carichi esattamente come li avevano caricati alla partenza; dovremmo raggiungerli oggi. Continuate a tutta la velocità possibile, senza gettar via una goccia d’acqua.”

Sollecitando i suoi uomini a proseguire con queste parole, lui procedette sul suo cammino finché si imbatté nei 500 carri carichi esattamente come li avevano caricati e gli scheletri degli uomini e dei buoi sparpagliati in ogni direzione. Posizionò i carri sbrigliati e in cerchio così da formare un forte accampamento; vide che i suoi uomini e buoi presero la cena presto, e che i buoi furono fatti sdraiare in mezzo con gli uomini intorno a loro; e lui stesso con i comandanti del suo gruppo fece la guardia, spada in mano, durante le tre veglie notturne, aspettando che si alzasse l’alba. Il giorno dopo all’alba quando ebbe nutrito i buoi e fatto tutto ciò che era necessario, sostituì i suoi carri deboli con carri più forti, e le sue merci comuni con le merci più costose fra quelle abbandonate. Poi proseguì fino alla sua destinazione, dove barattò le sue scorte con merci che valevano il doppio o il triplo, e ritornò alla sua città senza perdere un singolo uomo della sua intera compagnia.

Conclusa questa storia, il Maestro disse, “Fu così, laico, che in tempi passati il fatuo giunse alla completa distruzione, mentre coloro che aderirono alla verità, sfuggendo alle mani dei demoni, raggiunsero il loro obiettivo salvi e fecero ritorno alle loro case.” E quando ebbe così collegato le due storie, Egli, come il Buddha, pronunciò i seguenti versi per gli scopi di questa lezione sulla Verità:
Quindi alcuni dichiararono l’unica, l’impareggiabile Verità;
Ma altrimenti i falsi logici parlarono.
Colui che è saggio tragga lezione da ciò,
E con fermezza comprenda l’unica, l’impareggiabile Verità.
Così il Beato impartì questa lezione riguardo la Verità. E continuò dicendo: “Ciò che è chiamato procedere nella Verità, non solo dona le tre dotazioni felici, i sei paradisi dei reami dei sensi, e le dotazioni del più alto regno di Brahma, ma infine è ciò che dà lo stato di Arahat; mentre ciò che è chiamato procedere nella menzogna comporta la rinascita nei quattro stati di punizione o fra le classi più basse dell’umanità.” Inoltre, il Maestro continuò con la spiegazione in sedici modi delle Quattro Verità , alla fine della quale tutti quei cinquecento discepoli raggiunsero il Frutto del Primo Sentiero.
Avendo pronunciato la sua lezione e i suoi insegnamenti, ed avendo narrato le due storie e stabilita la connessione che le legava insieme, il Maestro concluse identificando la Nascita come segue: “Devadatta era lo sciocco giovane mercante di quei tempi; i suoi seguaci erano i seguaci di quel mercante; i seguaci del Buddha erano i seguaci del mercante saggio, che ero io stesso.”

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Robert Chalmers. Tradotto in italiano da Francesco Viterbo.

Testo: Jataka