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Itivuttaka: La sezione dei singoli

(Iti 1-27)

§ 1. {Iti 1.1; Iti 1}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Abbandonate una condizione, monaci, ed io vi garantirò il non ritorno. Quale? Abbandonate l’avidità, ed io vi garantirò il non ritorno. (Il terzo dei quattro stati del Risveglio. Nel raggiungere questo stato, non si rinasce più in questo mondo. Colui che ‘non ritorna’ non ottiene lo stato di arahant in questa vita ma rinascerà nei mondi di Brahma chiamati i Reami Puri e lì raggiungerà il nibbana.) Questo è il significato di ciò che il Beato ha detto. E a tal riguardo questo è stato detto:

L’avidità con cui
gli esseri vanno incontro ad un brutto destino, (La rinascita all’inferno, come uno spirito affamato, come un demone, o come un comune animale. Mentre i buoni destini — rinascita come essere umano, in paradiso, o nei mondi di Brahma — questi stati sono impermanenti e dipendono dal proprio kamma.)
il desiderare ardentemente:
tramite la retta conoscenza, quell’avidità
da coloro che vedono chiaramente
viene abbandonata.
Dopo averla abbandonata,
non ritornano a questo mondo
mai più.
Anche questo è il significato di ciò che è stato detto dal Beato, così ho sentito.

§ 2. {Iti 1.2; Iti 1}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Abbandonate una condizione, monaci, ed io vi garantirò il non ritorno. Quale? Abbandonate l’avversione, ed io vi garantirò il non ritorno.”

L’avversione con cui
gli esseri vanno incontro ad un brutto destino,
sconvolti:
tramite la retta conoscenza, quell’avversione
da coloro che vedono chiaramente
viene abbandonata.
Dopo averla abbandonata,
non ritornano a questo mondo
mai più.

§ 3. {Iti 1.3; Iti 2}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Abbandonate una condizione, monaci, ed io vi garantirò il non ritorno. Quale? Abbandonate l’illusione, ed io vi garantirò il non ritorno.”

L’illusione con cui
gli esseri vanno incontro ad un brutto destino ,
confusi:
tramite la retta conoscenza, quell’illusione
da coloro che vedono chiaramente
viene abbandonata.
Dopo averla abbandonata,
non ritornano a questo mondo
mai più.

§ 4. {Iti 1.4; Iti 2}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Abbandonate una condizione, monaci, ed io vi garantirò il non ritorno. Quale? Abbandonate la rabbia, ed io vi garantirò il non ritorno.”

La rabbia con cui
gli esseri vanno incontro ad un brutto destino,
furiosi:
tramite la retta conoscenza, quella rabbia
da coloro che vedono chiaramente
viene abbandonata.
Dopo averla abbandonata,
non ritornano a questo mondo
mai più.

§ 5. {Iti 1.5; Iti 3}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Abbandonate una condizione, monaci, ed io vi garantirò il non ritorno. Quale? Abbandonate il disprezzo, ed io vi garantirò il non ritorno.”

Il disprezzo con cui
gli esseri vanno incontro ad un brutto destino,
sdegnosi:
tramite la retta conoscenza, quel disprezzo
da coloro che vedono chiaramente
viene abbandonato.
Dopo averlo abbandonato,
non ritornano a questo mondo
mai più.

§ 6. {Iti 1.6; Iti 3}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Abbandonate una condizione, monaci, ed io vi garantirò il non ritorno. Quale? Abbandonate l’orgoglio, ed io vi garantirò il non ritorno.”

L’orgoglio con cui
gli esseri vanno incontro ad un brutto destino,
presuntuosi:
tramite la retta conoscenza, quell’orgoglio
da coloro che vedono chiaramente
viene abbandonato.
Dopo averlo abbandonato,
non ritornano a questo mondo
mai più.

§ 7. {Iti 1.7; Iti 3}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Monaci, se non si conosce e non si comprende pienamente il Tutto, (i sei sensi (vista, udito, olfatto, gusto, tatto, e intelletto) e i loro relativi oggetti. Ciò ricopre ogni aspetto dell’esperienza, ma non include il nibbana.) se la propria mente non è stata purificata dal suo desiderio, se non lo si abbandona, si è incapaci di porre fine alla sofferenza. Ma se si conosce e si comprende pienamente il Tutto, se la propria mente è stata purificata dal suo desiderio, lo ha abbandonato, è capace di porre fine alla sofferenza.”

Conoscendo il Tutto
da tutte le parti,
non agitato dal desiderio
per qualsiasi cosa:
egli, avendo compreso
il Tutto,
ha abbandonato
ogni sofferenza.

§ 8. {Iti 1.8; Iti 4}
Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Monaci, se non si conosce e non si comprende pienamente l’orgoglio, se la propria mente non è stata purificata dal suo desiderio, se non lo si abbandona, si è incapaci di porre fine alla sofferenza. Ma se si conosce e si comprende pienamente l’orgoglio, se la propria mente è stata purificata dal suo desiderio, lo ha abbandonato, è capace di porre fine alla sofferenza.”

L’umanità è
dominata dall’orgoglio
incatenata dall’orgoglio
prova diletto nell’esistenza.
Non comprendendo l’orgoglio,
gli esseri umani rinascono di nuovo.
Ma coloro che, abbandonando l’orgoglio,
sono, tramite la sua distruzione, liberati,
vincendo il vincolo dell’orgoglio,
abbandonano
ogni legame.

§ 9. {Iti 1.9; Iti 4}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Monaci, se non si conosce e non si comprende pienamente l’avidità, se la propria mente non è stata purificata dal suo desiderio, se non la si abbandona, si è incapaci di porre fine alla sofferenza. Ma se si conosce e si comprende pienamente l’avidità, se la propria mente è stata purificata dal suo desiderio, l’ha abbandonata, è capace di porre fine alla sofferenza.”

L’avidità con cui
gli esseri vanno incontro ad un brutto destino,
il desiderare ardentemente:
tramite la retta conoscenza, quell’avidità
da coloro che vedono chiaramente
viene abbandonata.
Dopo averla abbandonata,
non ritornano a questo mondo
mai più.

§ 10-13. {Iti 1.10; Iti 1}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: ” Monaci, se non si conosce e non si comprende pienamente l’avversione… l’illusione… la rabbia… il disprezzo, se non si distacca la mente da esso e lo si abbandona, si è incapaci di porre fine alla sofferenza. Ma se si conosce e si comprende pienamente l’avversione… l’illusione… la rabbia… il disprezzo, ma se si distacca la mente da esso e lo si abbandona, si è capaci di porre fine alla sofferenza.”

§ 14. {Iti 1.14; Iti 7}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Monaci, io non riesco a vedere un solo altro ostacolo — con il quale gli esseri errano e trasmigrano per lungo tempo — come l’ostacolo dell’ignoranza. Impediti dall’ostacolo dell’ignoranza, gli esseri errano e trasmigrano per lungo tempo.”

Nessuna altra cosa
ostacola così gli esseri
che errano, giorno e notte,
come quando vengono intrappolati
dall’illusione.
Ma coloro che, abbandonando l’illusione,
frantumano la massa d’oscurità,
non errano più.
La loro causa non è ristabilita.

§ 15. {Iti 1.15; Iti 8}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Monaci, io non riesco a vedere una sola altra catena — con la quale gli esseri errano e trasmigrano per lungo tempo — come la catena della brama. Legati dalla catena della brama, gli esseri errano e trasmigrano per lungo tempo.”

Con la brama come sua compagna, un uomo
erra per lungo tempo.
Né qui in questo stato
né in un altro
supera
il peregrinare.
Conoscendo questo svantaggio —
che la brama porta sofferenza —
libero dalla brama,
privo di attaccamento,
consapevole, il monaco
vive la vita santa.

§ 16. {Iti 1.16; Iti 9}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Riguardo ai fattori interiori, io non riesco a vedere nessun altro fattore come la retta attenzione (Retta attenzione/stabile attenzione mentale (yoniso manasikara) è la capacità di porre attenzione su temi che conducono alla fine della sofferenza.) per il monaco praticante, (Una persona “in addestramento” è colui che ha ottenuto almeno il primo fattore del Risveglio, ma non ancora quello finale.) che non ha ottenuto la meta finale ma rimane con lo scopo di ottenere la suprema liberazione dai vincoli. (desideri dei sensi, esistenza, false teorie, ed ignoranza.) Un monaco con una retta presenza mentale abbandona gli influssi impuri e sviluppa quelli puri.

La retta attenzione
come una qualità
di un monaco praticante:
nient’altro
è così utile
per ottenere la suprema meta.
Un monaco, sforzandosi fermamente,
ottiene la fine della sofferenza.

§ 17. {Iti 1.17; Iti 10}
Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Riguardo i fattori esteriori, io non riesco a vedere nessun altro fattore come l’ammirevole amicizia (l’ammirevole amicizia significa non soltanto frequentare rette persone, ma anche imparare da loro ed emulare le loro qualità positive.) per il monaco praticante, che non ha ottenuto la meta finale ma rimane con lo scopo di ottenere la suprema liberazione dai vincoli. Un monaco con una retta presenza mentale abbandona gli influssi impuri e sviluppa quelli puri.

Un monaco con persone ammirevoli
come amici
— riverente, rispettoso,
mettendo in pratica ciò che gli amici gli consigliano —
consapevole, attento,
ottiene a poco a poco
la distruzione di tutti i legami.

§ 18. {Iti 1.18; Iti 10}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Una cosa, quando nasce nel mondo, nasce a danno di molti, per l’infelicità di molti, a danno ed infelicità di molti esseri, sia uomini che deva. Quale cosa? Lo scisma nel Sangha. Quando il Sangha è diviso, nascono discussioni, insulti, litigi, espulsioni. Quindi coloro con poca fede [nell’insegnamento] perdono tutta la fede, mentre in coloro che hanno fede sorgono molti dubbi.”

Condannato per un eone
alla privazione,
all’inferno:
colui che ha diviso il Sangha.
Godendo nella discordia,
imprudente —
ha perso
la possibilità di liberarsi dalle catene.
Avendo diviso un Sangha unito,
brucerà per un eone
all’inferno.

§ 19. {Iti 1.19; Iti 11}
Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Una cosa, quando nasce nel mondo, nasce per il beneficio di molti, per la felicità di molti, per il beneficio e la felicità di molti esseri, sia uomini che deva. Quale cosa? La concordia nel Sangha. Quando il Sangha è in concordia, non vi sono discussioni, insulti, litigi, espulsioni. Quindi coloro con poca fede [nell’insegnamento] acquistano molta più fede, mentre coloro che già hanno fede ne acquistano ancora.”

La felicità è la concordia nel Sangha.
Colui che sostiene la concordia —
godendo della concordia,
giudizioso —
non ha perso la possibilità di liberarsi dalle catene.
Avendo portato la concordia nel Sangha,
gioirà per un eone
in paradiso.

§ 20. {Iti 1.20; Iti 12}
Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Vi è il caso dove una certa persona sia corrotta mentalmente. Avendo riconosciuto quella mente con la[mia] consapevolezza, io percepisco, ‘Se questa persona dovesse morire in questo momento, se fosse portata via, in questo caso sarebbe riposta all’inferno.’ Perché? Perché la sua mente è corrotta. A causa dell’inclinazione alla corruzione mentale che vi sono casi dove gli esseri viventi — alla dissoluzione del corpo, dopo la morte — rinascono in una condizione di privazione, in un infelice destino, nei reami più profondi, all’inferno.”

Conoscendo il caso
di una persona con una mente corrotta,
il Risvegliato ha spiegato il significato
alla presenza dei monaci.
Se quella persona
dovesse morire in questo momento,
rinascerebbe all’inferno
perché la sua mente è corrotta —
come è stata portata via
così là sarà riposta.
E’ a causa della mente malata
che gli esseri viventi vanno
verso un infelice destino.

§ 21. {Iti 1.21; Iti 13}
Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Vi è il caso dove una certa persona abbia una mente pura. Avendo riconosciuto quella mente con la[mia] consapevolezza, io percepisco, ‘Se questa persona dovesse morire in questo momento, se fosse portata via, in questo caso sarebbe riposta in paradiso.’ Perché? Perché la sua mente è pura. A causa dell’inclinazione alla purezza mentale che vi sono casi dove gli esseri viventi — alla dissoluzione del corpo, dopo la morte — rinascono nei reami paradisiaci.”

Conoscendo il caso
di una persona con una mente pura,
il Risvegliato ha spiegato il significato
alla presenza dei monaci.
Se quella persona
dovesse morire in questo momento,
rinascerebbe in paradiso
perché la sua mente è pura —
come è stata portata via
così là sarà riposta.
E’ a causa della purezza mentale
che gli esseri viventi vanno
verso un felice destino.

§ 22. {Iti 1.22; Iti 14}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Monaci, non abbiate paura degli atti meritori. Sono sinonimo di felicità, piacere, compiacimento, amorevolezza, fascino — gli atti meritori. Io sono consapevole che, avendo compiuto per lungo tempo atti meritori, ho fatto esperienza di risultati desiderabili, piacevoli, amorevoli, affascinanti. Avendo sviluppato una mente benevola per sette anni, allora per sette eoni di contrazione ed espansione cosmica non feci ritorno in questo mondo. Durante l’eone che si andava contraendo, raggiunsi il reame dei Deva Radianti. Durante l’eone che si andava espandendo, rinacqui nel vuoto palazzo di Brahma. E lì fui il Grande Brahma, l’Invitto Conquistatore, l’Onniveggente e l’Onnipotente. Poi per trentasei volte io fui Sakka, il signore dei deva. Per molte centinaia di volte io fui un re, un sovrano universale, un giusto re del Dhamma, conquistatore dei quattro angoli della terra, mantenendo una stabile autorità sul territorio, dotato dei sette gioielli (I sette gioielli sono un ruota divina, un gioiello ideale, un elefante ideale, un cavallo ideale, una moglie ideale, un tesoro ideale, un consigliere ideale.) — che dire poi di tutte le volte che sono stato un sovrano locale. Mi chiesi: ‘Da quale mia azione è nato questo frutto, da quale azione ho avuto il risultato, che ora possiedo tale potenza e maestà?’ Quindi il pensiero mi venne: ‘Questo è il frutto di tre [tipi di] azione, il risultato di tre tipi di azione, che ora possiedo tale potenza e maestà: e cioè, la generosità, l’autodisciplina, e la rinuncia.'”

Esercitate gli atti meritori
i quali portano una felicità durevole —
Sviluppate la generosità,
una vita equilibrata,
una mente benevola.
Sviluppando queste
tre qualità
che portano felicità,
il saggio rinasce
in un mondo felice
e puro.

§ 23. {Iti 1.23; Iti 16}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Questa qualità, se sviluppata e perseguita, mantiene entrambi i tipi di benefici: benefici in questa vita e in quella futura. Quale? La vigile attenzione nelle qualità mentali salutari. Questa singola qualità che, se sviluppata e perseguita, mantiene entrambi i tipi di benefici: benefici in questa vita e in quella futura.”

Elogiano la vigile attenzione, i saggi,
nel fare azioni meritevoli.
Quando vigili, saggi,
ottenete questi due tipi di benefici:
i benefici in questa vita,
ed i benefici nelle vite a venire.
Realizzando il vostro beneficio,
vi si dice svegli,
saggi.

§ 24. {Iti 1.24; Iti 17}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Se una sola persona dovesse errare e trasmigrare per un eone, lascerebbe dietro di sé un cumulo di ossa, un mucchio di ossa, una catasta di ossa, alta come il Monte Vepulla, se fossero raccolti da qualcuno e questa raccolta non fosse distrutta.”

L’insieme
delle ossa di una sola persona
durante un eone
formerebbe una catasta
alta come una montagna,
così ha detto il Grande Veggente.
(Egli ha affermato che questa sarebbe
alta come il grande Monte Vepulla
al nord del Picco dell’Avvoltoio
nel territorio montagnoso
dei Magadha.) (Magadha era un regno al tempo del Buddha, l’attuale stato del Bihar, con capitale Rajagaha, la quale era circondata da una catena montuosa di cinque montagne.)
Ma quando quella persona vede
Attraverso la retta saggezza
Le Quattro Nobili Verità —
sofferenza,
l’origine della sofferenza,
il superamento della sofferenza,
e il Nobile Ottuplice Sentiero,
la via che conduce al placarsi delle sofferenze —
dopo aver errato
per non più di sette volte, allora,
con la distruzione di ogni legame,
pone fine
alla sofferenza.

§ 25. {Iti 1.25; Iti 18}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Per la persona che trasgredisce una sola cosa, io vi dico, non vi è un’azione malvagia che non possa essere compiuta. Quale cosa? Questa: proferire deliberatamente una menzogna.”

La persona che mente,
che trasgredisce quest’unica cosa,
senza interesse per l’altro mondo:
non vi è malvagità
che non possa essere compiuta.

§ 26. {Iti 1.26; Iti 18}

Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Se gli esseri conoscessero, come me, i risultati della generosità e della condivisione, non mangerebbero senza aver prima donato, né ci sarebbe la macchia dell’egoismo nella loro mente. Anche se quello fosse il loro ultimo cibo, il loro ultimo boccone, non mangerebbero senza averlo prima condiviso, se ci fosse qualcuno pronto per ricevere quel dono. Ma siccome gli esseri non conoscono, come ne ho coscienza io, i risultati della generosità e della condivisione, essi mangiano senza donare. La macchia dell’egoismo permane nella loro mente.”

Se gli esseri conoscessero
ciò che ha detto il Grande Veggente,
che il risultato della condivisione
è così un grande frutto,
allora, dissipando la macchia dell’egoismo
con la retta consapevolezza,
darebbero
alle persone nobili,
un dono che porta dei grande frutti.

Avendo dato del cibo
in offerta
a coloro degni di offerte,
i numerosi donatori,
quando lasceranno,
lo stato umano,
andranno
nei reami celesti.

E, appena giunti
in quei reami,
goderanno,
dei piaceri dei sensi.

Essendo stati altruisti,
parteciperanno ai risultati
della condivisione.

§ 27. {Iti 1.27; Iti 19}
Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall’Arahant, e così ho sentito: “Tutte le condizioni che producono merito per le future rinascite (in paradiso) non eguagliano la sedicesima parte della liberazione consapevole attraverso l’amore universale. L’amore universale — li supera — brilla, risplende e abbaglia.

“Così come il brillare di tutte le stelle non eguaglia la sedicesima parte dello splendore della luna, così la luna — li supera — brilla, risplende, e abbaglia, allo stesso modo, tutte le condizioni che producono merito per le future rinascite in paradiso non eguagliano la sedicesima parte della liberazione consapevole attraverso l’amore universale. L’amore universale — li supera — brilla, risplende e abbaglia.

“Così come nell’ultimo mese della stagione delle piogge, in autunno, quando il cielo è sereno e senza nuvole, il sole, salendo nel cielo, sovrasta lo spazio immerso nell’oscurità, brilla, risplende e abbaglia, allo stesso modo, tutte le condizioni che producono merito per le future rinascite in paradiso non eguagliano la sedicesima parte della liberazione consapevole attraverso l’amore universale. L’amore universale — li supera — brilla, risplende e abbaglia.

“Così come alle prime luci dell’alba la stella del mattino brilla, risplende, e abbaglia, allo stesso modo, tutte le condizioni che producono merito per le future rinascite in paradiso non eguagliano la sedicesima parte della liberazione consapevole attraverso l’amore universale. L’amore universale — li supera — brilla, risplende e abbaglia.”

Quando si sviluppa — con consapevolezza —
l’amore universale senza limiti,
i legami vengono indeboliti,
nel contemplare la distruzione
delle impurità.

Se con mente pura
si prova gentilezza amorevole
anche per una sola creatura,
si diventa virtuosi.
Ma un Nobile genera
con una mente compassionevole
per tutte le creature,
un immenso merito.

I veggenti regali, che conquistarono la terra
con un gran numero di esseri,
celebrando sacrifici:
il sacrificio del cavallo, il sacrificio dell’uomo,
i riti dell’acqua, i riti del soma,
e il rito del “Non-ostruito”
non eguagliano
la sedicesima parte
di una mente ben sviluppata di gentilezza amorevole—
così come tutte le costellazioni,
non sono la sedicesima parte
dello splendore della luna.

Uno che non uccide
né ordina di uccidere,
non conquista,
né ordina di conquistare,
con gentilezza amorevole per tutte le creature,
nessuno gli può essere ostile.

Traduzione in Inglese dalla versione Pâli di Thanissaro Bhikkhu. Tradotto in italiano da Enzo Alfano.

Testo: Itivuttaka